Strage nel Vibonese: sterminata una famiglia
CronacaE' accaduto in una masseria a Filandari. Hanno perso la vita un padre e quattro figli. Uno di loro è deceduto durante il trasporto in ospedale. A scatenare il massacro contrasti legati alla proprietà dei terreni. Ci sarebbe un reo confesso
Hanno agito a volto scoperto, con ferocia e determinazione per portare a termine la loro missione: sterminare un'intera famiglia di allevatori.
Cinque le vittime lasciate sul terreno di una masseria in contrada Scaliti di Filandari, piccolo centro del vibonese. A cadere sotto i colpi dei killer, Domenico Fontana di 61 anni, ed i suoi quattro figli, Pasquale di 37, Pietro di 36, Emilio di 32 e Giovanni di 19. Alla strage, però, ha assistito un testimone, un cittadino romeno che lavorava alle dipendenze dei Fontana. L'uomo ha visto arrivare i sicari ed è riuscito a fuggire prima di essere visto a sua volta.
E dopo i primi interrogatori, ci sarebbe già un primo reo confesso, un uomo di 42 anni, che si è presentato nella caserma di Vibo Valentia dei carabinieri assumendosi la responsabilità della strage.
E' stato rintracciato poco dopo e ha raccontato tutto ciò che ha visto ai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, che potrebbero arrivare alla soluzione del caso in breve tempo.
Ad agire, secondo gli investigatori, non è stato un commando della 'ndrangheta. Il movente della strage sarebbe da ricercare in contrasti per motivi di vicinato e di terreni. Un'ipotesi in relazione alla quale i carabinieri hanno già una pista ben precisa da seguire. E forse non è un caso se alcune persone sono già state portate in caserma dove vengono sentite dal pm, Michele Sirgiovanni. Gli inquirenti stanno vagliando i loro alibi e la loro posizione.
I sicari hanno sparato con due pistole, una calibro 9 e una 7 e 65. Sono arrivati nel tardo pomeriggio di lunedì 27 dicembre nella masseria dei Fontana senza dare dell'occhio oppure approfittando del fatto di essere conosciuti dalla vittime. E quando sono stati abbastanza vicini hanno fatto fuoco.
Domenico Fontana è stato ucciso nello spiazzo antistante la masseria insieme a due figli. Gli altri due sono stati uccisi nel grande ovile posto dall'altro lato dello spiazzo. Emilio non è morto subito. Il suo fisico ha retto più di quello dei fratelli e del padre. Ma quando l'ambulanza che l'ha soccorso stava per partire, anche lui ha ceduto.
Nelle vicinanze, nel momento del luogo della strage, si trovava anche la moglie di Domenico Fontana, impegnata in lavori agricoli. la donna, però, non ha visto nulla.
Dopo la strage, sulla masseria, che domina una vallata in fondo alla quale si vedono le luci di Mileto, è piombata l'oscurità più totale, rotta solo dai fari delle auto dei carabinieri lasciati accesi ad illuminare i tre corpi riversi nello spiazzo e consentire agli uomini della scientifica di repertare tutti gli elementi che potrebbero tornare utili all'indagini. Indagini che potrebbero chiudersi anche in breve tempo.
I militari della Compagnia di Vibo Valentia hanno il quadro della situazione chiaro ed in serata avrebbero stretto il cerchio su almeno uno dei responsabili. Resta il dato di una strage così efferata messa in atto non per un movente di 'ndrangheta o di criminalità, come avviene il più delle volte in casi del genere, ma per una banale questione d'interessi. Cinque vite stroncate, se troverà conferma l'ipotesi dei carabinieri, per un contrasto su confini di terreni.
Cinque le vittime lasciate sul terreno di una masseria in contrada Scaliti di Filandari, piccolo centro del vibonese. A cadere sotto i colpi dei killer, Domenico Fontana di 61 anni, ed i suoi quattro figli, Pasquale di 37, Pietro di 36, Emilio di 32 e Giovanni di 19. Alla strage, però, ha assistito un testimone, un cittadino romeno che lavorava alle dipendenze dei Fontana. L'uomo ha visto arrivare i sicari ed è riuscito a fuggire prima di essere visto a sua volta.
E dopo i primi interrogatori, ci sarebbe già un primo reo confesso, un uomo di 42 anni, che si è presentato nella caserma di Vibo Valentia dei carabinieri assumendosi la responsabilità della strage.
E' stato rintracciato poco dopo e ha raccontato tutto ciò che ha visto ai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, che potrebbero arrivare alla soluzione del caso in breve tempo.
Ad agire, secondo gli investigatori, non è stato un commando della 'ndrangheta. Il movente della strage sarebbe da ricercare in contrasti per motivi di vicinato e di terreni. Un'ipotesi in relazione alla quale i carabinieri hanno già una pista ben precisa da seguire. E forse non è un caso se alcune persone sono già state portate in caserma dove vengono sentite dal pm, Michele Sirgiovanni. Gli inquirenti stanno vagliando i loro alibi e la loro posizione.
I sicari hanno sparato con due pistole, una calibro 9 e una 7 e 65. Sono arrivati nel tardo pomeriggio di lunedì 27 dicembre nella masseria dei Fontana senza dare dell'occhio oppure approfittando del fatto di essere conosciuti dalla vittime. E quando sono stati abbastanza vicini hanno fatto fuoco.
Domenico Fontana è stato ucciso nello spiazzo antistante la masseria insieme a due figli. Gli altri due sono stati uccisi nel grande ovile posto dall'altro lato dello spiazzo. Emilio non è morto subito. Il suo fisico ha retto più di quello dei fratelli e del padre. Ma quando l'ambulanza che l'ha soccorso stava per partire, anche lui ha ceduto.
Nelle vicinanze, nel momento del luogo della strage, si trovava anche la moglie di Domenico Fontana, impegnata in lavori agricoli. la donna, però, non ha visto nulla.
Dopo la strage, sulla masseria, che domina una vallata in fondo alla quale si vedono le luci di Mileto, è piombata l'oscurità più totale, rotta solo dai fari delle auto dei carabinieri lasciati accesi ad illuminare i tre corpi riversi nello spiazzo e consentire agli uomini della scientifica di repertare tutti gli elementi che potrebbero tornare utili all'indagini. Indagini che potrebbero chiudersi anche in breve tempo.
I militari della Compagnia di Vibo Valentia hanno il quadro della situazione chiaro ed in serata avrebbero stretto il cerchio su almeno uno dei responsabili. Resta il dato di una strage così efferata messa in atto non per un movente di 'ndrangheta o di criminalità, come avviene il più delle volte in casi del genere, ma per una banale questione d'interessi. Cinque vite stroncate, se troverà conferma l'ipotesi dei carabinieri, per un contrasto su confini di terreni.