Milano, finisce la protesta degli immigrati sulla torre

Cronaca
Uno dei due immigrati viene soccorso da sanitari e vigili del fuoco ai piedi della torre di via Imbonati
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Gli ultimi a scendere sono stati un italo-argentino e un marocchino, portato in ospedale per forti dolori renali. Protestavano contro la mancata concessione del permesso di soggiorno. De Corato: "Vediamo cosa farà la Questura"

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Dopo quasi due mesi di protesta sono scesi anche gli ultimi due immigrati rimasti sulla torre in via Imbonati, a Milano.
Si tratta di un marocchino e di un italo-argentino. Il primo è stato portato in ambulanza all'ospedale Niguarda perché lamentava forti dolori renali, probabilmente legati alla disidratazione.
Il secondo, che in questo momento sta portando via coperte e altri oggetti dalla torre, verrà anche lui accompagnato in ospedale per essere visitato. Gli immigrati sono saliti sulla torre per protestare contro la mancata concessione del permesso di soggiorno attraverso la sanatoria per colf e badanti.

"Voglio riabbracciare mio figlio" - "Lassù, durante questo mese in cima alla torre ho davvero imparato a vivere a capire cosa significa sopravvivere e sperare di vivere sperando di avere uguali diritti, ho imparato a dare e ricevere, molto, e ho capito che ora occorre lottare, andare avanti per una causa giusta, per questa gente che è stata truffata".
Marcelo Galati, 40 anni, è l'ultima persona della Torre di via Imbonati, a Milano, che è sceso da cinquanta metri di altezza dopo 27 giorni. Marcelo ora è al Niguarda in attesa di sottoporsi ad un check-up, ma non rischia la vita ("Sto bene, sono a posto adesso arriva 'il conte dracula - scherza - per farmi il prelievo"). Non rischia di essere espulso, come il suo compagno marocchino Abder, l'ultimo a restare insieme a lui, perché ha la doppia cittadinanza. "La prima cosa che farò - dice - appena esco di qua, dall'ospedale, farò una doccia e poi voglio riabbracciare mio figlio, Diego, che non vedo da un mese: ha compiuto un anno mentre ero lassù in cima alla torre e gli ho potuto fare gli auguri al cellulare, mentre era giù con la madre che mi guardava e con uno striscione riuscito a fargli arrivare il suo regalo, uno striscione con su scritto con la vernice spray 'Buon compleanno figlio mio, ti regalo un nuovo futuro'.".
"Ho protestato con questi ragazzi - spiega Marcelo - perché anche io sono stato clandestino, so cosa vuol dire essere un 'fantasma', non avere uno status, eppure lavorare duro. Abder (il marocchino che è rimasto insieme con lui fino a stasera sulla torre, ndr) era angosciato da questa situazione: la sua speranza era quella di tornare a casa, di poter conoscere la figlia che quando è partito per l'Italia, non era ancora nata, e poi di poter tornare qui a lavorare, e non rischiare di essere cacciato. Le ultime ore con lui sono state davvero drammatiche: stava davvero male, ma sapeva che se scendeva dalla torre rischiava l'espulsione. Ma poi gli ho detto scendi, se resti vivo saprai che potrai continuare a lottare, non fargli questo favore di morire qui".
Marcelo è un operaio cassintegrato di Sesto S.Giovanni, è una storia emblematica per tanti stranieri, e anche per molti operai italiani rimasti, come lui, senza lavoro con un figlio di un anno, un fratellino in arrivo a maggio e una moglie che deve reggere il peso economico di tutta la famiglia. "Anche io sono stato sul tetto della mia fabbrica per 22 giorni - dice - lo scorso anno. Anche io sono italiano e ho lottato con questi ragazzi perché non è possibile trattarli così: lavorano, pagano le tasse, si sacrificano come gli altri ma per loro non c'è speranza: ecco ho lottato e lotterò perché questa speranza non si spenga mai".

Il vicesindaco: "Non siamo il paese di Bengodi" -
"Finalmente è finito il tira e molla. Ed è finito il sequestro del quartiere dove mi auguro si sbaracchi presto tutto l'ambaradan lasciato sul posto. Ora vediamo se la Questura riuscirà a identificare ed espellere il manifestante clandestino sceso dalla torre insieme all'italo-argentino che in qualche modo dovrà rendere conto dell'operato". Così il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato sull'epilogo della protesta di via Imbonati sulla ex torre "Carlo Erba".
"Per più di un mese - prosegue De Corato - un quartiere è rimasto sotto scacco, costretto a subire cortei, girotondi, baccano fino a tarda notte. E non vorremmo che finisse tutto a tarallucci e vino". "Milano - ha continuato - non è il paese di Bengodi, né il paese della cuccagna dove si sale su pali o tetti con la pretesa-ricatto di ottenere ciò che non spetta violando la legge. L'immigrazione è regolata da precise disposizioni. Che vanno rispettate. Ed è inaccettabile che una normativa dello Stato italiano venga definita truffa. Qui a essere truffati sono solo i cittadini, a cominciare dai residenti del quartiere".

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