L'ultima relazione della Dia lancia l'allarme sulle collusioni tra la mafia calabrese e la pubblica amministrazione e sulle infiltrazioni negli appalti pubblici e chiede un controllo sulle opere per l'Expo 2015. Ramificazioni dal Piemonte alla Toscana
Nel nord Italia e soprattutto in Lombardia c'è una "costante e progressiva evoluzione" della 'ndrangheta che, ormai radicata da tempo su quei territori, "interagisce con gli ambienti imprenditoriali lombardi". Lo sottolinea l'ultima relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) consegnata al Parlamento e relativa al primo semestre del 2010. Proprio nelle ore della polemica tra Roberto Saviano e Roberto Maroni sui rapporti tra la mafia calabrese e gli imprenditori e i politici del Nord arriva la conferma istituzionale (la Dia dipende dal Viminale) di un contesto che già era stato al centro della cronaca con i 300 arresti dello scorso luglio nell'ambito dell'operazione "Infinito".
La "consolidata presenza" in alcune aree lombarde di "sodali di storiche famiglie di 'ndrangheta ha influenzato la vita economica, sociale e politica di quei luoghi", continua la relazione al Parlamento della Dia. Si sottolinea inoltre "il coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede ad impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l'assegnazione di appalti ed assestato oblique vicende amministrative".
Per penetrare nel tessuto sociale, le cosche, che in Lombardia godono di una certa autonomia ma dipendono sempre dalla "casa madre" calabrese, si muovono seguendo due filoni: "Quello del consenso e quello dell'assoggettamento". Tattiche che, sottolineano gli esperti della Dia, "da un lato trascinano con modalità diverse i sodalizi nelle attività produttive e dall'altro li collegano con ignari settori della pubblica amministrazione, che possano favorirne i disegni economici". Con questa strategia, favorita da "una serie di fattori ambientali", si consolida la "mafia imprenditrice calabrese" che con "propri e sfuggenti cartelli d'imprese" si infiltra nel "sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e, in alcuni segmenti dell'edilizia privata" come il "multiforme compartimento che provvede alle cosiddette 'opere di urbanizzazione'".
Secondo la Dia dunque, si assiste ad un vero e proprio "condizionamento ambientale" da parte della 'ndrangheta che è riuscita "a modificare sensibilmente le normali dinamiche degli appalti, proiettando nel sistema legale illeciti proventi e ponendo le basi per ulteriori imprese criminali". E la penetrazione nel sistema legale dell'area lombarda, è favorita, dice la Direzione investigativa antimafia, da "nuove e sfuggenti tecniche di infiltrazione, che hanno sostituito le capacità di intimidazione con due nuovi fattori condizionanti: il ricorso al massimo ribasso" nelle gare d'appalto e la "decisiva importanza contrattuale attribuita ai fattori temporali molto ristretti per la conclusione delle opere".
La Dia ripercorre le fasi delle operazioni "Parco Sud" e "Cerberus" della Guardia di finanza di Milano ed evidenzia il "forte interesse delle cosche verso l'edilizia". Le indagini hanno consentito di individuare "nuove filiazioni delle 'ndrine Barbaro-Papalia di Platì, presenti nella zona Sud-Ovest del capoluogo lombardo, evidenziando ulteriormente la capacità militare e di assoggettamento ambientale". Sono così affiorati, prosegue la relazione, "i legami con imprenditori ed amministratori, realizzati dai nuovi vertici criminali, che hanno portato all'arresto del vicepresidente di una società per azioni, di un ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, vertice pro tempore del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche operanti nel settore della tutela e gestione delle risorse idriche dell'area milanese, nonché di un componente del Consiglio comunale e di un geometra dello stesso Comune". In sintesi, è la conclusione, "si è avuto modo di apprezzare la presenza sul territorio lombardo di esponenti della 'ndrangheta residenti nella regione che, con modalità diverse dalla consolidata prassi mafiosa del controllo ambientale, hanno conseguito più preganti interessi economici".
La Dia va oltre e chiede "un razionale programma di prevenzione" che consenta di bloccare le possibili infiltrazioni della 'ndrangheta "in previsione delle opere previste per l'Expo 2015". La Direzione auspica che l'azione dello Stato "coinvolga non solo le autorità istituzionalmente deputate alla vigilanza, ma anche tutti i soggetti a vario titolo coinvolti e consenta di individuare per tempo eventuali criticità". Il cosiddetto "ciclo degli inerti", la cantieristica e la logistica collegata, la manodopera e le bonifiche ambientali "costituiscono i settori - scrive la Dia - maggiormente esposti al rischio di infiltrazione dell'intero indotto che si muove attorno alle grandi opere, agli appalti pubblici e privati".
Ma c'è di più: secondo la Dia, infatti, il "condizionamento ambientale" delle cosche su parte dell'economia lombarda, va inteso come "partecipazione ormai pacificamente accettata di società riconducibili ai cartelli calabresi a determinati segmenti, in espansione, del settore edile, sia pubblico che privato".
Ma non c'è colo la Lombardia. Dal Piemonte al Veneto, passando per la Liguria, l'Emilia Romagna e anche la Toscana, la 'ndrangheta ha ramificazioni in buona parte delle regioni settentrionali: cosche che godono di una certa autonomia ma che per le decisioni strategiche dipendono sempre dalla Calabria. La relazione della Dia descrive come le cosche si sono infiltrate nelle regioni più produttive del paese.
Piemonte Si registra, scrive la Dia, una "qualifica presenza di soggetti riconducibili alle 'ndrine del vibonese, della locride, dell'area ionica e tirrenica della provincia di Reggio Calabria". Cosche che "attraverso imprese controllate" hanno i loro interessi prevalentemente nel settore degli appalti pubblici dove, spesso, operano attraverso i subappalti. Un altro "settore primario" dei gruppi 'ndranghetisti è rappresentato dal traffico di droga, per gli elevati profitti che consente. Tra le operazioni portate a termine nel primo semestre di quest'anno, la Dia ricorda il sequestro di beni a due fratelli residenti a Tortona, figli di un noto esponente della 'ndrangheta reggina ucciso nell'ambito della faida che negli anni '70 contrappose i Facchineri ai Raso-Albanese-Gullace.
Liguria Nella regione "è tradizionalmente radicata la presenza di note espansioni di 'ndrine a Genova, nel ponente ligure e nella riviera di levante". Traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, gioco d'azzardo, controllo dei locali notturni per lo sfruttamento della prostituzione "costituiscono i maggiori settori dell'arricchimento" per le cosche. E "non meno importante è la significativa presenza, attraverso capitali di incerta provenienza, nei campi dell'imprenditoria edile e dello smaltimento dei rifiuti".
Veneto Si registrano "segnali di interesse" della 'ndrangheta verso i settori dell'economia locale e vi è una "significativa incidenza percentuale delle segnalazioni per operazioni finanziarie sospette effettuate nella regione" tanto da indurre la Dia a svolgere controlli più persuasivi.
Emilia Romagna Le cosche sono operative nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma dove vi è una presenza "diretta" della cosca Grande Aracri e vi sono personaggi riconducibili alle 'ndrine dei Barbaro, Strangio, Nirta e dei Bellocco. Sono inoltre in corso tentativi da parte delle varie famiglie di allargare il raggio d'azione anche nelle altre province della regione.
Toscana La regione è diventata "territorio di elezione di alcune qualificate propaggini della 'ndrangheta". E anche se attualmente i processi di radicamento nel tessuto socio economico ed imprenditoriale della regione "non hanno svelato sostanziali soluzioni di continuità", indicano comunque "l'esigenza di una realistica presa d'atto sulla rinnovata pericolosità delle presenze di elementi riconducibili alle cosche mafiose calabresi".
La "consolidata presenza" in alcune aree lombarde di "sodali di storiche famiglie di 'ndrangheta ha influenzato la vita economica, sociale e politica di quei luoghi", continua la relazione al Parlamento della Dia. Si sottolinea inoltre "il coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede ad impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l'assegnazione di appalti ed assestato oblique vicende amministrative".
Per penetrare nel tessuto sociale, le cosche, che in Lombardia godono di una certa autonomia ma dipendono sempre dalla "casa madre" calabrese, si muovono seguendo due filoni: "Quello del consenso e quello dell'assoggettamento". Tattiche che, sottolineano gli esperti della Dia, "da un lato trascinano con modalità diverse i sodalizi nelle attività produttive e dall'altro li collegano con ignari settori della pubblica amministrazione, che possano favorirne i disegni economici". Con questa strategia, favorita da "una serie di fattori ambientali", si consolida la "mafia imprenditrice calabrese" che con "propri e sfuggenti cartelli d'imprese" si infiltra nel "sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e, in alcuni segmenti dell'edilizia privata" come il "multiforme compartimento che provvede alle cosiddette 'opere di urbanizzazione'".
Secondo la Dia dunque, si assiste ad un vero e proprio "condizionamento ambientale" da parte della 'ndrangheta che è riuscita "a modificare sensibilmente le normali dinamiche degli appalti, proiettando nel sistema legale illeciti proventi e ponendo le basi per ulteriori imprese criminali". E la penetrazione nel sistema legale dell'area lombarda, è favorita, dice la Direzione investigativa antimafia, da "nuove e sfuggenti tecniche di infiltrazione, che hanno sostituito le capacità di intimidazione con due nuovi fattori condizionanti: il ricorso al massimo ribasso" nelle gare d'appalto e la "decisiva importanza contrattuale attribuita ai fattori temporali molto ristretti per la conclusione delle opere".
La Dia ripercorre le fasi delle operazioni "Parco Sud" e "Cerberus" della Guardia di finanza di Milano ed evidenzia il "forte interesse delle cosche verso l'edilizia". Le indagini hanno consentito di individuare "nuove filiazioni delle 'ndrine Barbaro-Papalia di Platì, presenti nella zona Sud-Ovest del capoluogo lombardo, evidenziando ulteriormente la capacità militare e di assoggettamento ambientale". Sono così affiorati, prosegue la relazione, "i legami con imprenditori ed amministratori, realizzati dai nuovi vertici criminali, che hanno portato all'arresto del vicepresidente di una società per azioni, di un ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, vertice pro tempore del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche operanti nel settore della tutela e gestione delle risorse idriche dell'area milanese, nonché di un componente del Consiglio comunale e di un geometra dello stesso Comune". In sintesi, è la conclusione, "si è avuto modo di apprezzare la presenza sul territorio lombardo di esponenti della 'ndrangheta residenti nella regione che, con modalità diverse dalla consolidata prassi mafiosa del controllo ambientale, hanno conseguito più preganti interessi economici".
La Dia va oltre e chiede "un razionale programma di prevenzione" che consenta di bloccare le possibili infiltrazioni della 'ndrangheta "in previsione delle opere previste per l'Expo 2015". La Direzione auspica che l'azione dello Stato "coinvolga non solo le autorità istituzionalmente deputate alla vigilanza, ma anche tutti i soggetti a vario titolo coinvolti e consenta di individuare per tempo eventuali criticità". Il cosiddetto "ciclo degli inerti", la cantieristica e la logistica collegata, la manodopera e le bonifiche ambientali "costituiscono i settori - scrive la Dia - maggiormente esposti al rischio di infiltrazione dell'intero indotto che si muove attorno alle grandi opere, agli appalti pubblici e privati".
Ma c'è di più: secondo la Dia, infatti, il "condizionamento ambientale" delle cosche su parte dell'economia lombarda, va inteso come "partecipazione ormai pacificamente accettata di società riconducibili ai cartelli calabresi a determinati segmenti, in espansione, del settore edile, sia pubblico che privato".
Ma non c'è colo la Lombardia. Dal Piemonte al Veneto, passando per la Liguria, l'Emilia Romagna e anche la Toscana, la 'ndrangheta ha ramificazioni in buona parte delle regioni settentrionali: cosche che godono di una certa autonomia ma che per le decisioni strategiche dipendono sempre dalla Calabria. La relazione della Dia descrive come le cosche si sono infiltrate nelle regioni più produttive del paese.
Piemonte Si registra, scrive la Dia, una "qualifica presenza di soggetti riconducibili alle 'ndrine del vibonese, della locride, dell'area ionica e tirrenica della provincia di Reggio Calabria". Cosche che "attraverso imprese controllate" hanno i loro interessi prevalentemente nel settore degli appalti pubblici dove, spesso, operano attraverso i subappalti. Un altro "settore primario" dei gruppi 'ndranghetisti è rappresentato dal traffico di droga, per gli elevati profitti che consente. Tra le operazioni portate a termine nel primo semestre di quest'anno, la Dia ricorda il sequestro di beni a due fratelli residenti a Tortona, figli di un noto esponente della 'ndrangheta reggina ucciso nell'ambito della faida che negli anni '70 contrappose i Facchineri ai Raso-Albanese-Gullace.
Liguria Nella regione "è tradizionalmente radicata la presenza di note espansioni di 'ndrine a Genova, nel ponente ligure e nella riviera di levante". Traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, gioco d'azzardo, controllo dei locali notturni per lo sfruttamento della prostituzione "costituiscono i maggiori settori dell'arricchimento" per le cosche. E "non meno importante è la significativa presenza, attraverso capitali di incerta provenienza, nei campi dell'imprenditoria edile e dello smaltimento dei rifiuti".
Veneto Si registrano "segnali di interesse" della 'ndrangheta verso i settori dell'economia locale e vi è una "significativa incidenza percentuale delle segnalazioni per operazioni finanziarie sospette effettuate nella regione" tanto da indurre la Dia a svolgere controlli più persuasivi.
Emilia Romagna Le cosche sono operative nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma dove vi è una presenza "diretta" della cosca Grande Aracri e vi sono personaggi riconducibili alle 'ndrine dei Barbaro, Strangio, Nirta e dei Bellocco. Sono inoltre in corso tentativi da parte delle varie famiglie di allargare il raggio d'azione anche nelle altre province della regione.
Toscana La regione è diventata "territorio di elezione di alcune qualificate propaggini della 'ndrangheta". E anche se attualmente i processi di radicamento nel tessuto socio economico ed imprenditoriale della regione "non hanno svelato sostanziali soluzioni di continuità", indicano comunque "l'esigenza di una realistica presa d'atto sulla rinnovata pericolosità delle presenze di elementi riconducibili alle cosche mafiose calabresi".