P3, la Procura: “Non sentiremo Berlusconi come testimone”

Cronaca
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Smentita l’ipotesi di un’imminente audizione del premier, avanzata da alcuni quotidiani dopo la pubblicazione di stralci dell’interrogatorio dell’imprenditore Martino, uno dei tre arrestati per la presunta loggia

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Torna ad essere infuocato il clima giudiziario e politico attorno all'inchiesta della procura romana sulla presunta loggia massonica, denominata P3. Indiscrezioni, voci e poi smentite si sono susseguite negli ultimi giorni mettendo in fibrillazione sia gli uffici di piazzale Clodio, a Roma, sia il mondo politico. L’ultimo capitolo riguarda l’ipotesi di un’imminente convocazione del premier come testimone, comparsa su alcuni quotidiani dopo la pubblicazione di stralci dell'interrogatorio dell'imprenditore Arcangelo Martino, uno dei tre arrestati della 'loggia segreta'. Ipotesi prontamente smentita dalla Procura di Roma.

Nell'interrogatorio del 19 agosto, infatti, sembra che Martino non abbia lasciato dubbi sul fatto che il "Cesare" citato nell'ordinanza dei carabinieri fosse Silvio Berlusconi. "La Procura di Roma - scrivono nella nota il Procuratore Giovanni Ferrara l'aggiunto Giancarlo Capaldo - con riferimento alle notizie diffuse da alcune testate giornalistiche secondo cui, nell'ambito dell'inchiesta denominata dai mezzi di comunicazione 'P3', potrebbe essere sentito come persona informata sui fatti, il presidente del Consiglio, onorevole Silvio Berlusconi, segnala come tali notizie siano del tutto infondate e frutto di mere illazioni giornalistiche". "Nello stesso tempo - prosegue la nota - la Procura di Roma non può non rilevare l'assoluta gravità, per il serio nocumento alle indagini della illegittima diffusione del verbale delle dichiarazioni rese il 19 agosto 2010 dall'indagato Arcangelo Martino e la ferma intenzione di accertare le relative responsabilità penali. La Procura di Roma continuerà a svolgere il suo ruolo con la consueta serietà e determinazione e senza alcun pregiudizio".

Martino, secondo gli stralci di verbale riportati dalla stampa, in primo luogo precisa che quando lui, Lombardi e Carboni parlavano di "Cesare" intendevano "il presidente Berlusconi", mentre "viceCesare era Marcello Dell'Utri. Il 'maresciallo' era il generale della Finanza Giovanni Mainolfi che si era rivolto al Lombardi per ottenere un trasferimento da Napoli". E sempre nello stesso interrogatorio Martino dice anche di aver saputo da Ernesto Sica "che Berlusconi doveva a lui la caduta del governo Prodi in quanto si era adoperato con l'aiuto di un imprenditore amico di Sica e ben conosciuto da Berlusconi per convincere, previo esborso di ingenti somme di denaro, alcuni senatori a votare contro Prodi". Martino ricorda anche i suoi rapporti con Dell'Utri, quelli con diversi magistrati - tra cui vengono citati Caliendo, Martone e Miller - e ripercorre la vicenda del pranzo ("oltre a me erano presenti Lombardi, Caliendo, Martone, Carboni, mi sembra anche Miller, Lusetti, Angelo Gargani, Nunzia di Girolamo") in cui "due sono stati in particolare gli oggetti della conversazione, il Lodo Alfano e la causa Mondadori".

E secca arriva anche la smentita del sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo: "Non ho partecipato a nessun altro pranzo in cui era presente Flavio Carboni". Il riferimento è ad un pranzo al ristorante 'Tullio', raccontato da Martino ai magistrati, in cui sarebbe stato presente Caliendo e si sarebbe discusso di come intervenire sulla Corte Costituzionale per salvare il 'Lodo Alfano'. "Non sono mai stato a pranzo da 'Tullio' con Carboni: ci sono stato alcune volte con magistrati, amici e colleghi, ma mai con Carboni che ho incontrato una sola volta a casa Verdini", ribadisce Caliendo. Il sottosegretario ricorda poi che durante il pranzo a casa Verdini, nel settembre del 2009, "non ero presente quando si sarebbe discusso di 'Lodo Alfano' perché me ne ero andato via prima". In ogni caso, sottolinea Caliendo, "se in talune occasioni possa essersi parlato di 'Lodo Alfano' o della causa Mondadori, ciò è avvenuto così come oggi si parla dell'appuntamento del 15 dicembre prossimo alla Corte Costituzionale (quando si discuterà di legittimo impedimento, ndr), ma mai con l'intendimento di influenzare la Corte Costituzionale o la Cassazione. Non ho mai parlato con nessuno di ipotesi di questo tipo".

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