Il 7 agosto del 1990 Simonetta Cesaroni fu uccisa con 30 colpi di tagliacarte nell'ufficio in cui lavorava. Nell'aula bunker di Rebibbia sale sul banco degli imputati l'ex fidanzato di Simonetta, Raniero Brusco
Era il 7 agosto del 1990 quando Simonetta Cesaroni fu uccisa con 30 colpi di tagliacarte in una delle stanze dell'ufficio dove lavorava. Era il 7 agosto di venti anni fa. Anni di misteri e colpi di scena per un omicidio, divenuto un vero e proprio giallo, che divise l'Italia in innocentisti e colpevolisti.
Ma oggi la storia di uno dei delitti più efferati della storia della cronaca nera approda per la prima volta in un'aula giudiziaria. Nell'aula bunker di Rebibbia i giudici della terza Corte d'Assise di Roma, presieduta da Evelina Canale, cercheranno di risolvere il mistero che da troppo tempo circonda la tragica morte di Simonetta Cesaroni. E sul banco degli imputati sale l'ex fidanzato, Raniero Busco, che all'epoca era legato alla ragazza da un rapporto piuttosto burrascoso.
Busco si sfilò quasi subito dalla rosa dei sospettati grazie a un alibi che allora resse al contraccolpo delle indagini.
Ma lo scorso novembre il gup Maddalena Cipriani decise per il rinvio a giudizio di Busco con l'accusa di omicidio volontario. L'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni finì al centro dell'inchiesta a 17 anni dal delitto. Fu scoperta una traccia della sua saliva sul corpetto che la ragazza indossava quando fu uccisa.
Sul suo alibi (ha sempre sostenuto che al momento del delitto era con un amico, ma questi negò), le perplessità della procura di Roma; anche se, per quell'omicidio tanti personaggi nel tempo sono finiti nel mirino degli inquirenti.
I primi accertamenti s'incentrarono su Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo di via Poma, e Federico Valle, nipote di un vecchio architetto che abitava in quello stesso edificio. Furono prosciolti nel 1993 (il primo dall'accusa di favoreggiamento, il secondo da quella di omicidio); la decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione.
Da oggi, in quell'aula di tribunale, ci saranno da una parte, le motivazioni dell'accusa per le quali l'arcata dentale di Busco è compatibile con la traccia di morso lasciata sul seno di Simonetta; e dall'altra, il consulente della difesa che solleverà dubbi. "Raniero Busco è stato incastrato - ha più volte sottolineato l'avvocato Paolo Loria - C'è in noi estrema delusione. Il pm ha fornito solo mezze prove; noi faremo emergere le contraddizioni di cui è piena questa vicenda. In aula dimostreremo che non ci sono prove a carico di Busco, ma solo una traccia che potrebbe essere stata frutto di contaminazione tra reperti".
La battaglia per la verità si annuncia difficile e non priva di colpi di scena.
Guarda anche:
Delitto di via Poma, il fidanzato a processo per omicidio
Silvia, Chiara, Hina, Simonetta. Ragazze vittime dei delitti dell'estate
Ma oggi la storia di uno dei delitti più efferati della storia della cronaca nera approda per la prima volta in un'aula giudiziaria. Nell'aula bunker di Rebibbia i giudici della terza Corte d'Assise di Roma, presieduta da Evelina Canale, cercheranno di risolvere il mistero che da troppo tempo circonda la tragica morte di Simonetta Cesaroni. E sul banco degli imputati sale l'ex fidanzato, Raniero Busco, che all'epoca era legato alla ragazza da un rapporto piuttosto burrascoso.
Busco si sfilò quasi subito dalla rosa dei sospettati grazie a un alibi che allora resse al contraccolpo delle indagini.
Ma lo scorso novembre il gup Maddalena Cipriani decise per il rinvio a giudizio di Busco con l'accusa di omicidio volontario. L'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni finì al centro dell'inchiesta a 17 anni dal delitto. Fu scoperta una traccia della sua saliva sul corpetto che la ragazza indossava quando fu uccisa.
Sul suo alibi (ha sempre sostenuto che al momento del delitto era con un amico, ma questi negò), le perplessità della procura di Roma; anche se, per quell'omicidio tanti personaggi nel tempo sono finiti nel mirino degli inquirenti.
I primi accertamenti s'incentrarono su Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo di via Poma, e Federico Valle, nipote di un vecchio architetto che abitava in quello stesso edificio. Furono prosciolti nel 1993 (il primo dall'accusa di favoreggiamento, il secondo da quella di omicidio); la decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione.
Da oggi, in quell'aula di tribunale, ci saranno da una parte, le motivazioni dell'accusa per le quali l'arcata dentale di Busco è compatibile con la traccia di morso lasciata sul seno di Simonetta; e dall'altra, il consulente della difesa che solleverà dubbi. "Raniero Busco è stato incastrato - ha più volte sottolineato l'avvocato Paolo Loria - C'è in noi estrema delusione. Il pm ha fornito solo mezze prove; noi faremo emergere le contraddizioni di cui è piena questa vicenda. In aula dimostreremo che non ci sono prove a carico di Busco, ma solo una traccia che potrebbe essere stata frutto di contaminazione tra reperti".
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