Una maxioperazione della Squadra mobile reggina ha portato all'arresto di 67 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione e lo sfruttamento clandestino
Un durissimo colpo è stato inferto alle famiglie calabresi che gestiscono la criminalità organizzata nella regione. Con l’operazione denominata “Leone”, durata oltre due anni, la Squadra Mobile di Reggio Calabria, con la partecipazione del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato ed il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha eseguito 67 ordinanze di custodia cautelare che hanno consentito di sgominare un'organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dall'India e dal Pakistan in Europa (il reato contestato è di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina).
Oltre al chiaro risultato investigativo, l’operazione “Leone” ha portato alla luce un nuovo filone affaristico della ‘Ndrangheta che finora aveva sfruttato l'immigrazione clandestina al solo fine di reperire manodopera in nero, prostitute o pusher a buon mercato, è adesso pienamente inserita nel settore. Tra gli arrestati figurano tre personaggi affiliati alle cosche Cordi' di Locri, e Iamonte di Melito Porto Salvo, nonché tre impiegati della Direzione Provinciale del Lavoro.
Nelle prime ore della mattina, a Reggio Calabria, centinaia di uomini della Polizia di Stato hanno tratto in arresto numerosi italiani e stranieri. L'operazione si è svolta anche in altre città italiane quali Milano, Brescia, Cremona, Macerata, Siena, Piacenza e Potenza, con la collaborazione delle locali Squadre Mobili.
Le indagini sono state avviate nel 2007, a seguito dei risultati di un'operazione antimafia coordinata dalla Dda, che aveva portato all'arresto di alcuni esponenti della ben nota cosca Lamonte, egemone a Melito Porto Salvo (RC). L'inchiesta avrebbe dimostrato l'esistenza di una complessa organizzazione criminale, composta da cittadini italiani affiliati alla 'Ndragheta, cittadini indiani e pakistani, in grado di favorire l'immigrazione clandestina di stranieri dall'India e dal Pakistan in Italia, da dove alcuni di loro si sarebbero poi spostati verso altri Paesi europei.
Il modus operandi è sostanzialmente simile a quello utilizzato da diversi anni dalle organizzazioni criminali straniere, ovvero l'utilizzo di contratti di assunzione fittizi, richiesti da imprenditori compiacenti a favore degli stranieri, che permettevano loro di richiedere il visto per entrare in Italia e il conseguente permesso di soggiorno.
Durante questi anni, secondo gli inquirenti, evidentemente, la notizia degli immensi guadagni che si possono ottenere dai migranti è giunta negli ambienti delle più note consorterie criminali, che hanno deciso di approfittarne, anche a fronte del relativamente modesto impiego di risorse umane ed economiche, e della bassissima percezione di pericolosità.
Apprezzamento è stato espresso dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, oggi a Monza per la firma di un Patto per la sicurezza della città lombarda: “L'operazione condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria che ha portato all'arresto di 67 persone in tutta Italia dimostra il diretto coinvolgimento delle famiglie della ‘Ndrangheta nel favorire l'immigrazione clandestina". "Berlusconi - ha spiegato il ministro - ha ragione quando afferma che il contrasto all'immigrazione clandestina non serve solo a ridurre la minicriminalità, ma è anche un modo per combattere la criminalità organizzata".
Ma anche su questo successo investigativo non mancano di scaturire polemiche politiche. Il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero ha affermato che "l'ennesimo colpo messo a segno dalla Dda di Reggio Calabria, con cui mi congratulo per l'incessante azione contro la criminalità calabrese, è la riprova di quali siano i gravi limiti legati alla Legge sull'immigrazione Bossi-Fini".
"Invece di fare proclami sui risultati conseguiti nel contrasto all'immigrazione clandestina, il governo farebbe bene - ha concluso il presidente Loiero – a intervenire seriamente per cambiare una Legge che non risolve affatto il problema, ma che anzi è facilmente aggirabile dalla criminalità organizzata".
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"Invece di fare proclami sui risultati conseguiti nel contrasto all'immigrazione clandestina, il governo farebbe bene - ha concluso il presidente Loiero – a intervenire seriamente per cambiare una Legge che non risolve affatto il problema, ma che anzi è facilmente aggirabile dalla criminalità organizzata".
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