La camorra uccide in Campania, fa business in Lombardia

Cronaca
chiariello-verticale

Paolo Chiariello, inviato di SKY TG24 in Campania, risponde a 10 domande per capire che cosa è cambiato dopo la strage di Castelvolturno e i recenti arresti che hanno portato in carcere esponenti di spicco dei Casalesi. E che cosa, purtroppo, non cambierà

La strage di Castelvolturno, le minacce di morte a Roberto Saviano, autore del libro denuncia "Gomorra", i continui omicidi. Dietro tutto questo l’ombra della camorra e un nome su tutti: Casalesi. Ben più di un cognome, di una famiglia.
L’altra faccia della medaglia sono le operazioni della polizia e carabinieri, che portano raffiche di arresti e sequestri di arsenali, assieme ai parà della Folgore inviati nel casertano. E’ in atto una guerra civile, come ha sostenuto più volte il ministro dell'Interno Roberto Maroni? Ne abbiamo parlato con Paolo Chiariello, inviato di SKY TG24 in Campania.

Il 16 ottobre è stato arrestato Emilio Di Caterino, elemento di spicco del clan dei Casalesi. Cinque giorni prima sono finiti in manette 8 appartenenti all’organizzazione criminale. Il 30 settembre addirittura 107 arresti, tra cui la moglie di Francesco Schiavone, il capo storico dei Casalesi detto “Sandokan”. Sono cambiati gli equilibri nelle cosche campane? Chi sono le nuove leve del crimine?

La capacità militare della cosca dei Casalesi resta praticamente inalterata perché la linea di comando non è stata messa in discussione dall’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, che pure hanno conseguito risultati eccezionali in questi ultimi mesi. Ci sono, purtroppo, ancora latitanti eccellenti come Iovine  e Zagaria che sono capaci di fungere da collante per la federazione di clan che consentono ai Casalesi di tenere una presa fortissima nell’area casertana dove controllano palmo a palmo il territorio, terrorizzano le persone perbene, impongono il pizzo su qualunque attività lecita e reinvestono i proventi sporchi nell’economia legale. Nonostante l’arresto di Francesco Bidognetti e Francesco Schiavone, padrini storici della cosca da anni al regime del 41 bis, il carcere duro, la loro leadership non è messa in discussione. Chi attualmente regge le fila dei Casalesi lo fa ancora in nome e per conto dei padrini in cella. 

Tanti gli arresti, ma ancora tanti gli omicidi. Il 5 ottobre a Casal di Principe (Caserta) è stato ucciso Stanislao Cantelli, zio dei pentiti Luigi e Alfonso Diana. Il 2 ottobre è morto in un agguato Lorenzo Riccio, che all’inizio degli anni ’90 aveva testimoniato in un processo contro elementi di spicco del clan dei Casalesi. La vendetta si serve anche fredda?


L’assassinio di Lorenzo Riccio, il ragioniere delle pompe funebri, è immediatamente ricollegabile alla spietata capacità vendicativa dei Casalesi. Riccio ha presumibilmente pagato con la vita l’aver lavorato in una ditta che negli anni passati non solo non ha pagato il pizzo, ma ha addirittura denunciato gli emissari del racket e fatto condannare per estorsione, tra gli altri, il padrino Francesco Bidognetti. L’avvertimento che i clan lanciano in questo caso è che la cosca non solo non arretra di fronte allo Stato, ma risponde colpo su colpo. Non solo. La camorra condanna a morte Stanislao Cantelli solo perché zio del pentito che ha mandato in cella con le sue rivelazioni gli uomini del clan (e purtroppo casi di vendette trasversali nei confronti di parenti di collaboratori di giustizia ce ne sono altri ancora), assassina imprenditori che in passato hanno avuto il coraggio di denunciare gli estorsori (sono tre gli imprenditori uccisi nel casertano negli ultimi quattro mesi), terrorizza la comunità africana che dice no allo spaccio delle droga e alla prostituzione. Insomma, messaggi chiari, inequivocabili: “chi è contro di noi fa una brutta fine”.

Dopo la strage di Castelvolturno il governo ha inviato nella provincia di Caserta 400 unità di “personale altamente qualificato” (160 agenti della Polizia, 160 carabinieri e 80 finanzieri). La gente si sente più sicura?  

La gente si sentirà più sicura non perché vedrà per strada più poliziotti o una camionetta con i parà della Folgore, ma quando saprà che il cancro della camorra dei Casalesi sarà davvero estirpato alla radice. Per ora, se devo essere onesto, non mi pare di vedere più felice o più sicura la gente che risiede nell’area in cui il clan dei Casalesi è ancora vivo e vegeto e la fa da padrone. Più uomini in divisa funzionano certo da deterrente, ma quando si uccidono persone a pochi passi da decine di poliziotti e militari, si offre alla cosca camorristica una vetrina mediatica eccezionale. Sembra che dicano: noi siamo qui, uccidiamo chi vogliamo, quando vogliamo e dove vogliamo.

Alfonso Cesarano, arrestato per la strage di Castelvolturno in cui hanno perso la vita 6 immigrati, dopo essere stato indicato dall’unico testimone oculare, è stato scarcerato in seguito alle dichiarazioni di Oreste Spagnuolo, un altro dei presunti killer. A che punto sono oggi le indagini?

L’arresto dei primi tre componenti dell’ala stragista dei Casalesi e il pentimento successivo di Oreste Spagnuolo hanno aperto scenari investigativi assai interessanti, i cui sviluppi sono ancora attesi. Certo, l’azione non è rimasta impunita grazie al fatto che lo Stato ha messo in campo il meglio dell’intelligence. Ora di quella strage si sa tutto. Si sa perché l’hanno organizzata, chi vi ha partecipato e chi ha fornito armi e appoggi agli assassini. Alcuni sono già in carcere, degli altri si conoscono nomi e cognomi. Sono ricercati.

Dopo la strage di Castelvolturno ci sono state dure proteste da parte degli immigrati, che chiedono giustizia e negano che i loro amici uccisi spacciassero droga o fossero camorristi. Si è assistito ad una vera e propria rivolta. Come è ora il clima?

La convivenza tra la nutritissima comunità africana e gli italiani non è mai stata facile nel comprensorio domiziano. Oggi la coesistenza è ancora più complicata. La rivolta dei parenti e degli amici degli uccisi ha definitivamente messo in crisi un modello di  reciproca tolleranza che in qualche maniera aveva retto per anni. Oramai, nell’immaginario collettivo il nero è nella migliore delle ipotesi uno che ruba lavoro a chi è già disoccupato in una zona economicamente depressa, quando non è considerato addirittura uno spacciatore di droga, uno sfruttatore delle prostitute oppure un manovale della camorra. La realtà è che rispetto ai tanti che vivono del malaffare c’è una moltitudine di persone di colore che nella zona di Castelvolturno vengono sfruttate nei campi o nell’edilizia abusiva per pochi euro al giorno e costretti a vivere come bestie in topaie prese in affitto a cifre esorbitanti.  

Si può parlare di strategia stragista della camorra?

C’è un pezzo del clan dei Casalesi che ha abbandonato la strategia mafiosa della sommersione, del silenzio, dell’infiltrazione progressiva nei gangli dello Stato e ha imbracciato le armi per marcare il predominio sul territorio. Parliamo di gente senza scrupoli, che non esita a fare stragi come quella degli africani e che non esiterà nemmeno a uccidere uomini in divisa o magistrati quando questi si troveranno sul loro cammino. Purtroppo dalle tante inchieste emerge anche questa inquietante verità: ci sono tanti carabinieri, poliziotti e magistrati che rischiano la vita perché si sono distinti nella lotta alla cosca dei Casalesi.

Ha scatenato recenti polemiche la notizia del vitalizio concesso alla figlia di una vittima della camorra, che è però anche moglie di un boss di Quindici (Avellino), attualmente in carcere. Le vittime di Castelvolturno verranno risarcite?

Le vite non si risarciscono con il solo denaro. Ai cittadini africani bisognava dare subito giustizia. L’avevano invocata anche in maniera sbagliata, con quella protesta violenta sulla statale domiziana, con quel brutto corteo il giorno dopo la strage. E lo Stato italiano, mai come questa volta, ha fornito attraverso magistrati e investigatori risposte immediate in termini di giustizia con indagini veloci e arresti di gran parte degli autori della strage con prove inoppugnabili. Sul risarcimento economico al momento l’unica notizia certa è quella che la regione Campania ha pagato con 50 mila euro il rimpatrio delle salme nei paesi di origine.

I Casalesi sono considerati l’organizzazione criminale più ricca e potente sotto il profilo economico nel mondo. A quanto ammonta il business della camorra?


Questa cosca sviluppa un volume di affari incredibile. Non azzardo cifre perché non parliamo di un’azienda quotata in Borsa di cui conosciamo i libri contabili, ma vi fornisco una notizia, se vogliamo anche banale, che fa capire quanto è importante economicamente il clan dei Casalesi. Negli ultimi 8 mesi la Direzione investigativa antimafia, carabinieri, polizia e guardia di finanza hanno sequestrato alla cosca beni mobili ed immobili, denaro contante e quote azionarie per un valore di 1,5 miliardi di euro. La punta dell’iceberg dell’impero economico della camorra. Parliamo di una holding che non ha un solo core business ma che sviluppa mille affari illeciti (droga, armi, estorsioni, prostituzione) e che reinveste gli utili criminali nell’economia legale (industria, imprese edili, settore immobiliare, settore turistico-alberghiero, società finanziarie).  

Camorra e rifiuti sono i due “mali” della Campania?


Sono due dei mali che affliggono la Campania, non gli unici purtroppo. Parliamo di due metastasi che in mancanza di interventi radicali condanneranno la Campania alla debacle civile ed economica. Di più, sono due facce della stessa medaglia: con l’emergenza rifiuti la camorra è ingrassata succhiando denaro pubblico speso per (non) risolvere il problema.

La camorra non è solo in Campania, scrive Saviano. Come è presente in altri territori, per esempio al Nord?

La camorra, soprattutto quella dei Casalesi, si è infiltrata da anni nell’economia del Paese. Ci sono tante inchieste di procure del centro e del nord Italia che descrivono come imprese di costruzione in odore di mafia siano impegnate a vario titolo in lavori pubblici, addirittura nei lavori di ricostruzione post sisma in Umbria. Così come è stato accertato in più di un’occasione che anche a Milano, capitale finanziaria del Belpaese, la camorra abbia investito e investa ingenti somme di denaro. Non è neppure un segreto che i proventi illeciti della camorra in questi ultimi anni siano stati dirottati anche all’estero. C’è una monumentale e documentatissima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, il pm è Filippo Beatrice, che ha svelato come alcuni clan della camorra che si fanno la guerra per le strade di Napoli, investano poi assieme decine di milioni di euro in fabbriche in Cina, Hong Kong, Usa e in molti paesi dell’Est. Da queste fabbriche escono abiti, tessuti, elettrodomestici e software che poi vengono rivenduti nei nostri negozi.

Cronaca: i più letti

[an error occurred while processing this directive]