"Giovani subito tragedie pandemia e guerra,chiamati a resistere"
di Maria Grazia Marilotti
"Nei miei anni di lavoro la parte più impegnativa è stata raccontare ai giovani la guerra, ma anche la più arricchente". Francesca Mannocchi, tra le più autorevoli reporter di guerra sottolinea, in un colloquio con l'ANSA, la necessità "di riposizionare, ripensare al linguaggio, semplificarlo, nello spiegare i conflitti ai ragazzi perché l'abuso di parole - spiega - crea grande confusione". Questa sera a Cagliari alle 17,30, la giornalista è ospite della serata di chiusura del ventennale del Marina Cafè Noir, il festival di letterature applicate che ha portato nel capoluogo nomi come Michela Murgia, Maurizio De Giovanni, il collettivo letterario Wu Ming, Roy Jacobsen. Mannocchi, che da molti anni porta nelle nostre case la cronaca di ciò che accade in Iraq, Libano, Afghanistan, Libia, Siria, fino alle città dell'Ucraina, si confronta con il fumettista e sceneggiatore cagliaritano Igort che di recente ha ridato alle stampe i suoi "Quaderni Ucraini" in una versione aggiornata dal titolo "Diario di un'invasione", edizioni Oblomov. "Sono felicissima di condividere questo incontro con Igort, ha saputo raccontare con il linguaggio del fumetto una tragedia così grande come il conflitto in Ucraina", ha detto Mannocchi, in libreria con "Lo sguardo oltre il confine. Dall'Ucraina all'Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi". Nel volume edito da De Agostini l'autrice snoda l'intricata materia dei conflitti di oggi ai confini con l'Europa e guida i ragazzi alla comprensione del presente. Un viaggio nei territori di guerra fatto di luoghi, culture e tradizioni antiche, ma soprattutto di persone, adulti e ragazzi, vite vere di superstiti e combattenti chiamati a difendere la propria casa, i propri diritti, il proprio futuro. I due ospiti dialogheranno con il giornalista de L'Unione Sarda Celestino Tabasso. Tornando ai giovani, la reporter di guerra ha messo in luce il fatto che "negli ultimi tre anni hanno vissuto e subito due tragedie, la pandemia e la guerra. Una generazione chiamata a resistere, a porsi delle domande e a porle a noi adulti. E noi adulti non dobbiamo dimostrarci impreparati. A questi ragazzi e ragazze dobbiamo un quid di attenzione in più". Il suo lavoro l'ha portata oltre che in Ucraina, in Somalia, Libano, Yemen. "A volte mi si chiede se richiede coraggio. Tutte le volte che penso alla parola coraggio - confessa - lo vedo nelle persone che incontro in questi luoghi. Ognuna di loro mi ha arricchito, ha lasciato il segno. Noi abbiamo la fortuna di tornare nelle nostre case, ai nostri affetti, alle nostre comodità, loro no".