Lussu e giudici-coraggio, una pagina di storia al cinema

Sardegna

Ricordi di famiglia oltre il set con il film di Gianluca Medas

di Maria Grazia Marilotti

"Questo pomeriggio a Bologna hanno tentato di uccidere Mussolini. Stanotte nessun antifascista è al sicuro. Soprattutto Lussu". E' una frase chiave della sceneggiatura di "Emilio Lussu, il processo", il film che segna l'esordio alla regia di Gianluca Medas e il cui ultimo ciak è fissato per febbraio a Cagliari.

Ricostruisce i fatti del 31 ottobre del 1926: l'aggressione subita dal grande politico e intellettuale sardo, finita tragicamente con la morte di un fascista, arrampicatosi fino al balcone della casa di Lussu, in piazza Martiri a Cagliari, e colpito incidentalmente da una pallottola di rimbalzo.

Lussu fu subito arrestato e poi rinviato a giudizio per "eccesso di legittima difesa". Andati a vuoto i tentativi di spostare il processo a Chieti, in Sardegna tre giudici rispettosi del diritto, tra il 22 e il 23 ottobre del 1927 si riunirono in camera di consiglio e nonostante le forti pressioni da parte degli alti quadri del regime decisero per la piena assoluzione. "Ho voluto mettere in evidenza - spiega il regista - il tormento di chi deve prendere decisioni senza mai perdere d'occhio la neutralità del diritto". Il film ha dato origine a una serie di singolari coincidenze. La coraggiosa sentenza di assoluzione firmata dal presidente della Corte Arcangelo Marras con i due giudici a latere Decio Lobina e Antonio Giuseppe Manca Casu appartiene, oltre che alla storia, alle memorie familiari.

La notizia del film infatti ha risvegliato i ricordi di Maria Giuliana e Claudia De Nadai, nipoti del giudice Decio Lobina. Maria Giuliana, 92 anni, cagliaritana residente a Roma, figlia di Carolina, primogenita di Lobina, morto nel '54, e della prima moglie Adalgisa, prematuramente scomparsa, ha conosciuto suo nonno. Claudia invece, classe 1963, dirigente dell'Università di Genova, dove vive, è figlia di Concetta, primogenita di Lobina e della seconda moglie Andreina.

Contemporaneamente ma all'insaputa l'una dell'altra, le due nipoti, emozionate e incuriosite dall'idea di un film sul loro nonno, hanno voluto conoscere il regista. "Sono felice per questo film perché c'è da andare fieri di mio nonno, ha scelto la via più rischiosa ma più giusta: la verità. La sua - racconta Maria all'ANSA - è stata una scelta etica, dettata dal suo rigore morale. Io sono nata un anno dopo, ero piccola, ma mia madre mi raccontava del clima che si respirava in famiglia, di quando lo convocarono per strappare davanti a lui l'attesa lettera di nomina a giudice di Cassazione".

Il filo del racconto si snoda tra Roma e Genova. "Nonno non ha mai avuto un ripensamento, era assolutamente convinto di quella scelta di coscienza - chiarisce Claudia - ha pagato caro il suo 'sgarro' alla politica: un trasferimento in Cassazione a Roma mai avvenuto e la necessità di cogliere l''opportunità' di lasciare la Sardegna. Gli avevano suggerito di cambiare aria, e così con la sua famiglia ha lasciato l'amata Cagliari per Venezia. Qui si è fatto apprezzare come Capo ufficio istruzione del tribunale". Decio Lobina era descritto come un uomo molto colto, di spirito vivace. "Recitava a memoria La Divina Commedia, l'Iliade e l'Odissea. Era piacevole passeggiare con lui per Venezia - rievoca Maria - mai si pentì di ciò che aveva fatto, ritenendo di aver sempre agito nel giusto".

Anche Claudia si affida ai ricordi: "Mio nonno è sempre stato un faro nella mia vita. Per amor di verità e giustizia, come magistrato fedele alla legge e alla verità dei fatti, ha preso insieme ai colleghi una decisione 'scomoda' e perfino pericolosa". Un'immagine ritrae il giudice con la moglie e la figlia sullo sfondo della spiaggia del Poetto di Cagliari. "Nè lui nè mia nonna - dice Claudia con filo di amarezza - sono più tornati a Cagliari, la città dove avevano lasciato il cuore".

Per desiderio di sua madre, la nipote è tornata ai luoghi dell'infanzia del giudice. "Passando davanti alla casa dei miei nonni, in via dei Genovesi a Cagliari, poco distante da dove viveva Emilio Lussu, ho provato una forte emozione e ho percepito tutto il coraggio di questi tre giudici. Non eroi ma uomini che, con indipendenza e coerenza, hanno rispettato fino in fondo la loro missione istituzionale".
   

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