Protesta lavoratori a Porto Torres, "premier Conte intervenga"
La riconversione del polo industriale di Porto Torres, dove sarebbe dovuto sorgere uno dei più importanti poli per la chimica verde in Europa, è al palo. A fronte degli oltre 2mila operai previsti a oggi, gli occupati sono 800, indotto incluso. Così Cgil, Cisl e Uil tornano in piazza. Armati di bandiere, muniti di mascherina e a debita distanza in ossequio alle norme anti Covid-19, operai e sindacalisti hanno protestato davanti agli ingressi dello stabilimento Eni. "Dopo il lockdown e la contrazione delle attività di manutenzione, che nonostante gli impegni non sono state riavviate, non si può più attendere", grida il sistema industriale.
Per i sindacati tutto deriva dalla mancata attuazione degli investimenti nella chimica verde. "La situazione è drammatica, Eni tenga fede agli impegni assunti col territorio e sin qui disattesi", chiede Francesca Nurra, segretaria generale della Cgil di Sassari. "Da dieci anni attendiamo che si realizzi il progetto, il governo si attivi perché l'investimento sulla chimica verde riparta", dice Pierluigi Ledda, segretario generale della Cisl di Sassari, che rilancia anche "le vertenze per Area di crisi complessa, centrale di Fiumesanto e dorsale".
La situazione è "gravissima" anche per Giuseppe Maccioccu, segretario generale della Uil di Sassari. "Il territorio è in grande crisi", denuncia. "La vertenza è aperta da un anno fa ed è stata rallentata dal lockdown - prosegue - si faccia quel che serve rilanciare il territorio".
La chimica verde e il sito di Porto Torres sono il cuore del problema. I segretari di categoria, Massimiliano Muretti (Cgil), Giovanni Tavera (Uil) e Luca Velluto (Cisl) che oggi consegnano alla prefetta Maria Luisa D'Alessandro, una lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte, sollecitano inoltre il governo perché convochi un tavolo nazionale con Eni "e con chi ha sottoscritto l'accordo sulla chimica verde" e la decarbonizzazione della centrale di Fiumesanto.
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