Dipendenti carcere "infedeli", cinque arresti a Nuoro

Sardegna

Accusati di furto e truffa allo Stato e coltivazione marijuana

Gestiva la vendita dei prodotti dei detenuti del penitenziario, dai formaggi alle carni, tenendo i libri contabili, ma era anche direttamente coinvolto nella coltivazione di marijuana. E' l'accusa che la Procura di Nuoro, avallata dal gip con la firma delle ordinanze, muove a Giuseppino Contu, 61 anni di Onanì, impiegato dell'amministrazione penitenziaria di Mamone, finito ai domiciliari con altre quattro persone, tra cui spicca un agente in servizio nelle stesso carcere, Battista Tito Canu, 54 anni di Lodé. 

Secondo le indagini condotte dal Nucleo investigativo centrale della Poliza penitenziaria e dalla Poliza di Stato avrebbe orchestrato insieme a Contu il traffico di generi alimentari ma non quello della cannabis. Nell'armadietto dell'agente, accusato di peculato, truffa ai danni dello Stato, furto e ricettazione, sono stati ritrovati tre timbri della Assl, serviti - ritengono gli inquirenti - per certificare alcuni prodotti eludendo i controlli.

Nel giro delle piantagioni di marijuana sono coinvolti invece Mauro Chessa, 31 anni di Isili, Vito Maurizio Cossu, di 45 di Sindia, e Mauro Pinna, di 31 di Elmas. Tutti finiti agli arresti domiciliari per detenzione e spaccio di sostanze stupfecenti. Pinna, in particolare, è acusato di aver venduto attrezzatura per la coltivazione della cannabis, dalle lampade alogene agli impianti di irrigazione, in un capannone di sua proprietà ad Elmas. La stessa contestazione è scattata per Maurizio Tolu, 54 anni, ed Elena Tolu, di 53, entrambi di Onanì: per loro è stata decisa la misura cautelare dell'obbligo di dimora. Gli indagati sono accusati a vario titolo di furto aggravato ai danni dello Stato, violazione di pubblica custodia di cose, truffa ai danni dello Stato, produzione e coltivazione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e altro.

Le indagini - il cui esito è stato illustrato in conferenza stampa dalla procuratrice di Nuoro Patrizia Castaldini, dal capo della Squadra Mobile Silvio Esposito e dal dirigente della Polizia penitenziaria di Mamone Antonello Brancati - erano partite nel 2017 con la scoperta all'interno del carcere di alcuni telefoni cellulari e di dosi di marijuana. Indagini culminate nel 2019 con i primi arresti e il sequestro di diverse piantagioni. La svolta con l'individuazione di altri soggetti che hanno portato all'accusa di peculato.

 

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