Applausi a Sassari e Cagliari, fino al 10 al Teatro Massimo
Magnifica prova d'attore per Carlo Cecchi, protagonista e regista dell'"Enrico IV" di Luigi Pirandello. La pièce è in cartellone fino al 10 marzo al Teatro Massimo di Cagliari, dopo la prima sassarese del 5, per La Grande Prosa del Cedac.
L'artista fiorentino si confronta con uno dei testi emblematici del drammaturgo siciliano. La trama è nota: a causa di una caduta durante una cavalcata in costume, un giovane aristocratico precipita nella follia immedesimandosi nel suo personaggio, l'imperatore Enrico IV, finché vent'anni dopo si tenta una terapia choc per riportarlo alla ragione. Gli effetti sono imprevedibili e davanti alla donna amata e perduta, e all'immagine di lei com'era, accanto al suo rivale di allora la "recita" s'interrompe e il "folle" rivela l'origine della sua, presunta, pazzia. "Enrico IV fu scritto per Ruggero Ruggeri, il "Grande Attore" del primo Novecento" - ricorda Cecchi nelle note - prima di tutto ho ridotto drasticamente molte delle lunghissime battute del Grande Attore. Conseguentemente gli altri personaggi acquistano un rilievo che spesso, soverchiati dal peso delle battute del protagonista, rischiano di perdere. E ho fatto della follia e della recita della follia di Enrico IV, che nell'originale ha una causa clinica un po' banale, una decisione dettata da una sorta di vocazione teatrale: non per nulla, il teatro, il teatro nel teatro e il teatro del teatro, sono il vero tema di questo spettacolo".
Sulla scena Cecchi incarna Enrico IV, istrionico e capriccioso, sovrano per burla, ora che la tragedia è diventata una farsa, ma pur sempre "sul serio", che come un capocomico costringe a "recitare" per lui gli ospiti, intimiditi e spaventati dalle sue possibili reazioni, indossando la maschera della follia. Viaggio nei labirinti della mente con la pièce che mostra quanto sia sottile il confine tra normalità e alienazione mentale, la crudeltà dello scherno verso chi appare più fragile, i pregiudizi e l'ipocrisia della società e si rivela a quasi cent'anni dal debutto nel 1922 di assoluta e sconcertante modernità.