Sfruttamento immigrazione, sei arresti

Sardegna
@ANSA

Blitz dei Carabinieri a Cagliari, Sassari e Alessandria

Due organizzazioni criminali sono state smantellate dai carabinieri della Compagnia di Carbonia a conclusione di una vasta operazione, ribattezzata 'Arruga', contro l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento della prostituzione. Nella rete degli investigatori dell'Arma sono finite una banda di algerini, che gestiva la tratta di esseri umani che sbarcano direttamente sulle coste del Sulcis, e l'altra di nigeriani, specializzata nel reclutamento dal paese di origine di giovani donne costrette poi a prostituirsi in Sardegna.

In carcere con le accuse di associazione a delinquere, detenzione e spaccio di droga, sfruttamento e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e della prostituzione, e detenzione di banconote contraffatte sono finite quattro persone: Yacine Messadi, 45 anni, algerino residente a Cagliari, Nidham Hammouda, di 32, tunisino residente a Selargius, e le nigeriane Sofia Tony, 32enne di Sassari e Bridget Tina Edomwony, di 36 di Alessandria. Le indagini sono partite nel 2014 su iniziativa dell'allora comandante della Compagnia di Carbonia, il maggiore Giuseppe Licari, e si sono concluse sotto la guida del capitano Lucia Dilio.

I militari hanno lavorato parallelamente su due filoni: l'immigrazione illegale e la tratta di donne destinate alla prostituzione. Da anni si registrano in Sardegna arrivi con barchini di fortunata di migranti algerini sulle coste del Sulcis, molti di questi poi utilizzati dall'organizzazione come spacciatori di droga. Il capo viene indicato Yacine Messadi: avrebbe organizzato i viaggi dall'Algeria alla Sardegna acquistando la barca e il motore, pagando e dando istruzioni allo scafista di turno e tenendo anche i contatti con le famiglie dei profughi.

Non solo. Avrebbe anche suggerito ai migranti clandestini come evitare il rimpatrio in caso di fermo: la tecnica più usata, quella di dichiararsi minorenni. Una volta in Sardegna, gli algerini venivano utilizzati come spacciatori sulle piazze cagliaritane, soprattutto nel quartiere Marina. Ad aiutarlo, secondo la ricostruzione dei carabinieri, c'era il tunisino: a lui il compito di acquistare la droga e rifornire la rete di smercio.

"Messadi riceveva gli ordinativi per telefono e utilizzava i figli per effettuare le consegne, anche ad altri minori", spiegano i militari. Il tunisino è inoltre accusato di aver comprato in Campania 5mila euro in banconote da 20 euro fasulle, denaro che avrebbe smerciato consegnando il resto agli acquirenti dello stupefacente.

IL RUOLO DELLE MAMAM NIGERIANE - La tratta di donne gestita dall'organizzazione criminale, sgomitata oggi dai carabinieri di Carbonia, segue la rotta Nigeria-Libia quindi il viaggio verso l'Italia con tappe a Civitavecchia, Sassari e Cagliari. Sette le ragazze che nel corso delle indagini sono arrivate in Sardegna con il miraggio di un lavoro, ma che sono state poi sfruttate come prostitute.

Secondo l'accusa, le giovani donne venivano contattate in patria da una connazionale, la 'mamam Vera', non ancora identificata: era lei a proporre il viaggio clandestino verso l'Italia con la promessa di un'occupazione 'regolare', sapendo bene che erano destinate alla schiavitù sul marciapiede e in case a luci rosse. Ed era sempre "mamam Vera" ad anticipare i settemila euro per ogni ragazza, che poi venivano affidate in Libia a un altro complice. Qui rimanevano anche settimane in veri e propri ghetti in attesa di partire: "Erano costrette a subire la sofferenza della fame, del freddo, le pessime condizioni igieniche nonché le avance e le minacce dei loro carcerieri", raccontano i carabinieri.

Arrivate in Italia ricevevano dalle maman Sofia Tony e Bridget Tina, arrestate oggi, nuove schede telefoniche, soldi, documenti d'identità falsi e indicazioni su come allontanarsi dal centro d'accoglienza e prendere il traghetto per la Sardegna. "A questo punto le maman davano alle loro protette le istruzioni sulle attività che avrebbero dovuto svolgere per 'riscattare' la propria libertà - spiegano i militari - procuravano loro una casa dove esercitare il meretricio e gli abiti 'da lavoro', davano consigli su come comportarsi con i clienti e aiutavano le ragazze che non parlavano l'italiano a trattare".

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