Perché gli animali vanno in letargo: ecco i motivi

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Gli orsi sono fra i pochi mammiferi di grossa taglia ad andare in ibernazione (foto di repertorio - Getty Images)
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Con il calo delle temperature tutti gli animali cercano il conforto di un caldo rifugio. Per alcune specie però questo lungo momento di riposo è una questione vitale

Il crollo delle temperature provocato dall'arrivo dell'inverno spinge gli esseri umani a coprirsi. Si avverte maggiormente la necessità di trascorrere tempo in casa, al caldo, di consumare bevande calde, riscaldarsi, consumare cibi più grassi. Si tratta di un antico retaggio animale, modificato dalle abitudini urbane, che ci consente di sopravvivere al clima più freddo. Diversi mammiferi (ma anche qualche anfibio, rettile e persino un uccello e un pesce) invece continuano ad andare in letargo o, più precisamente, in stato di ibernazione.

Il sonno come strategia di sopravvivenza

Durante l'inverno il cibo, principale fonte di energia per i mammiferi, scarseggia. Per questo alcuni di loro entrano in ibernazione, una parola che non a caso deriva dal latino "hibernare", "superare l'inverno". Il termine si è affermato nel diciassettesimo secolo, riporta Live Science, in riferimento allo stato dormiente acquisito dalle uova degli insetti e dalle piante. All'inizio del diciottesimo secolo fu esteso anche ad altri animali. Tuttavia, si legge su National Geographic, l'ibernazione non è indica un vero e proprio sonno. Si tratta piuttosto di uno stato di torpore indotto da una depressione del metabolismo, che arriva a un funzionamento di molto inferiore rispetto ai livelli normali. Il cuore dell'animale inizia a battere molto più lentamente e la temperatura corporea scende di molti gradi, grazie all'azione dell'adenosina, una molecola che agisce sul cervello. A seconda della specie, un animale entrato in stato di ibernazione può passare giorni o anche settimane senza svegliarsi per bere, mangiare o sgranchirsi le zampe. Questo stato dormiente permette ai mammiferi di affrontare le difficili condizioni climatiche, consumando le riserve di grasso accumulate durante le stagioni calde. La temperatura corporea dell'animale si allinea a quella presente nella tana, in media di 5-10 gradi.

Bisce, orsi e ricci: le specie che combattono il freddo dormendo

Tra le specie che ricorrono all'ibernazione ci sono i pipistrelli, i roditori, ma soprattutto gli orsi, alcuni tipi di primati e persino diverse specie di lemuri, capaci di portare i battiti cardiaci da 300 a circa sei al minuto e di respirare una volta ogni dieci secondi. La maggior parte degli animali che ricorrono all'ibernazione sono di piccola taglia, perché la loro superficie corporea, molto estesa rispetto al volume, rende difficoltoso mantenere la temperatura (la ricorrenza del Giorno della Marmotta, celebra proprio la fine dell'ibernazione dell'animale, per tradizione segnale dell'arrivo della primavera). Eccezione importante sono gli orsi: durante l'autunno mangiano in modo vorace, aumentando il loro peso, scavano per qualche giorno una tana e vi si accomodano per l'inverno, in modo da ammortizzare la mancanza di cibo nella stagione rigida. Il cambiamento climatico però li mette in difficoltà, sconvolgendone spesso le abitudini, con esemplari che si risvegliano troppo presto per il caldo anomalo. I ricci vanno in ibernazione durante l'inverno, ma c'è una sottospecie, il riccio orientale (Erinaceus concolor) che vive in zone più calde e si protegge durante l'estate attivando una stato simile chiamato estivazione. Il torpore è innescato dall'ipofisi, una ghiandola a secrezione interna, che stimola il pancreas a secernere una maggiore quantità di insulina. Agendo sul tasso glicemico, si stimola il consumo degli zuccheri nel sangue, che garantiscono ai ricci la sopravvivenza durante il letargo. Anche i rettili ricorrono all'ibernazione, ma in modo diverso. Mentre i mammiferi in questo periodo non rispondono agli stimoli esterni (o lo fanno molto lentamente), serpenti e bisce si risvegliano prontamente e possono reagire. Il fenomeno è poco studiato in questi animali a causa delle difficoltà di misurazione delle oscillazioni dei dati relativi al metabolismo, minimi nell'ibernazione rispetto allo stato normale. Glenn Tattersall, professore di scienze biologiche della Brock University in Ontario, Canada, ha condotto uno studio in cui rileva un crollo del battito cardiaco da 30 battiti al minuto a 1-2 battiti, indice che anche questi animali sopprimono le loro funzioni metaboliche.

In letargo, ma non per il freddo

Tra gli animali che sostengono il maggior numero di giorni di ibernazione verrebbe naturale assegnare il titolo al ghiro, che riesce ad assopirsi anche fino a 11 mesi. I dati di un esperimento documentato nel volume "Biology of Bats" di William Wimsatt, tuttavia, incoronano una specie di pipistrello, capace di un'ibernazione, seppur indotta, di 344 giorni. Proteggersi dal freddo non è l'unico motivo alla base dell'ibernazione: per alcune specie si parla di estivazione, un letargo che scatta per combattere il caldo. Molti animali si entrano in questo stato di torpore per sopperire alla mancanza di cibo, come fa l'echidna in Australia, che iberna dopo gli incendi. L'ibernazione è spesso una strategia di protezione, dato che permette all'animale di non emanare odori, di non fare rumori o movimenti che possano attirare l'attenzione dei predatori. Secondo uno studio condotto dall'università di medicina veterinaria di Vienna, i piccoli mammiferi hanno molte più possibilità di morire quando sono attivi che non durante l'ibernazione.

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