Dal granchio blu al punteruolo rosso: le specie aliene sono in aumento

Sui banchi del pesce al mercato è sempre più facile trovare bellissimi granchi blu. Bellissimi e temutissimi, dato che sono la causa dei danni agli allevamenti di vongole e di cozze dell’Adriatico e, recentemente, anche all’itticoltura nel Golfo del Tigullio, nel Levante ligure. La commercializzazione del granchio blu è una delle risposte dei pescatori italiani a una delle specie aliene invasive più pericolose per l’ecosistema e l’economia. Ma il crostaceo non è l’unico animale, e nemmeno l’unico crostaceo, a creare problemi. Le specie aliene sono sempre di più. Alcune di esse sono considerate invasive, e quindi problematiche, e sembrano gradire molto il nostro Paese. Il rapporto appena pubblicato da ISPRA offre un quadro aggiornato sulla situazione in Italia, illustrando lo stato delle conoscenze, gli impatti documentati, le principali vie di introduzione. Un fenomeno in crescita globale Si stima che siano più di 37.000 le specie aliene introdotte dalle attività umane che si sono stabilizzate in tutte le regioni del pianeta. Il tasso di introduzione è arrivato a 200 nuove specie aliene introdotte ogni anno e l’incremento si registra per tutti gli ordinamenti tassonomici e in tutti i continenti, senza che vi siano segnali di saturazione del fenomeno. L’Europa è il continente più invaso, con oltre 18.000 specie aliene che hanno trovato ospitalità e si sono trasferite e riprodotte in massa. Solo nel 2009 la stima si attestava intorno a 12.000 specie aliene presenti. L'accelerazione è sensibile. L’invasione del Belpaese Il problema è particolarmente sentito in Italia. Sulla base dei dati storici disponibili, nel nostro Paese sono state introdotte oltre 3.800 specie esotiche, la maggior parte delle quali risulta attualmente presente. Il numero medio di specie introdotte per anno è aumentato in modo esponenziale nel tempo, passando da 6 specie in media ogni anno degli anni ’70, alle 16 dello scorso decennio, fino alle 25 specie/anno registrate nella prima metà nel decennio in corso. Il doppio rispetto alla prima decade del millennio. Un’impennata agevolata anche dal riscaldamento di mare e atmosfera, che ha reso habita prima inospitali terreno fertile per i nuovi ospiti. Fortunatamente solo il 15% risulta essere invasivo. Ma è una consolazione assai relativa. Basta una specie per mettere in crisi ambienti e interi filiere produttive. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Per dare il contesto entro cui questi dati assumono più significato, siamo arrivati al punto che sulle 123 specie di mammiferi presenti in Italia una su 8 è aliena. E peggio va nei laghi e nei fiumi, dato che delle 127 specie di pesci d’acqua dolce una su 2 è aliena. Chi arriva L'Unione europea tiene un registro delle specie aliene invasive, le più pericolose per l’ecosistema, che viene aggiornato ogni anno. Non tutte quelle che entrano a far parte della Lista delle specie esotiche di interesse unionale rappresentano un problema o sono presenti nel nostro Paese. Quelle che in Italia stanno creando più preoccupazioni e danni sono il già citato granchi blu, il punteruolo rosso che continua a martoriare i fusti di molte specie vegetali. La cimice asiatica ha fatto milioni di euro di danni alle coltivazioni di pesche in Emilia Romagna, e nelle aree verdeggianti tra Ticino, Lago Maggiore e Lago d’Orta un’infestazione di coleotteri giapponesi mette a rischio vitigni e altre coltivazioni. La maggior parte delle specie aliene è rappresentata dalle piante , ma in Italia quelli che fanno più danni sono i vertebrati. Chi subisce Quanto alle specie danneggiate, sono 70 quelle endemiche per cui gli invasori rappresentano una minaccia e l’83% di queste si trovano già in uno stato sfavorevole di conservazione. Anfibi e pesci sono i più minacciati, da sole queste due classi animali rappresentano quasi i tre quarti del totale degli organismi autoctoni in pericolo. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Come detto i danni all’ambiente si ripercuotono sugli esseri umani. E i primi ad avvertirli sono gli agricoltori, gli apicoltori, i pescatori e tutti coloro che dei frutti della natura hanno fatto la fonte del loro sostentamento. Il calcolare dell’impatto economico dell’invasione non è facilmente quantificabile. Le stime attuali vengono fatte sulle denunce danni, che però avvengono non sempre e comunque solo nei casi di specie già inserite nelle liste ministeriali. Già da questi calcoli spuri e approssimativi, il bilancio è superiore al mezzo miliardo di euro negli ultimi 5 anni. Come arrivano da noi Uno dei dati più interessanti del rapporto Ispra è quello relativo ai vettori di introduzione delle specie aliene nel nostro Paese. L’analisi, condotta su 1.515 specie , conclude che la principale modalità di ingresso in Italia delle specie aliene risulta essere l’introduzione volontaria in strutture di contenimento e la successiva fuga involontaria. Le altre due vie di ingresso preferenziali sono l’introduzione di insetti, microbi e funghi come contaminanti durante il trasporto di derrate alimentari, piante ornamentali o terriccio e l’ingresso di specie come autostoppisti inconsapevoli su mezzi di trasporto, come gli organismi che incrostano le chiglie delle imbarcazioni o le specie involontariamente trasportate nei bagagli dei turisti. Percentuali più esigue arrivano attraverso corridoi artificiali che collegano ecosistemi diversi . Se non visualizzi il grafico, clicca qui La parte restante arriva spontaneamente senza alcun tipo di aiuto dall’uomo, oppure, al contrario, per esplicita e scellerata decisione umana. Dall’analisi emerge chiaramente l’importanza delle fughe involontarie o dei rilasci di organismi legati al commercio di specie cosiddette da compagnia, comprese quelle detenute in terrari e acquari, e di specie vegetali utilizzate per usi ornamentali. Vero che si tratta solo del 6% del totale e non risolve il problema, ma è l’unico parametro su cui come privati cittadini abbiamo qualche potere di azione per il futuro.

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Gabriele De Palma