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Clima, l’Appennino senza neve lascia a secco l’Italia centrale?

Ambiente

Nicola Veschi

Meno 40% delle precipitazioni. In crisi i gestori di impianti sciistici, ma il conto più salato potrebbe arrivare con l’estate

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“È un anno disastroso, una rimessa totale, totale. Noi avremo perso quasi 2 milioni di euro di incassi. Ad oggi siamo riusciti ad aprire due piste. Il 90% della stazione resta chiusa”. Dalla finestra del suo ufficio Giancarlo Bartolotti vede i pendii ricoperti di neve fresca. È la terza nevicata dell’intera stagione. “Sono caduti 15 centimetri di neve, ma una volta battuti con i gatti ne resteranno 5 centimetri”, commenta il presidente della Monte Magnolia Impianti S.r.l., la società che gestisce gli impianti di risalita ad Ovindoli, in provincia de L’Aquila. Una piccola stazione sciistica al confine tra Lazio ed Abruzzo che proprio per la sua collocazione geografica richiama appassionati di sci sia dall’una che dall’altra Regione (per arrivarci da Roma basta un’ora e mezza di auto). Venticinque piste, ma quest’inverno solamente due hanno potuto aprire perché la neve è stata la grande assente fino a pochi giorni fa e -se le temperature torneranno a salire- rischia di scomparire con la stessa rapidità con la quale è arrivata. “Impianti chiusi significa perdere lavoro e introiti per famiglie”, ci spiega il sindaco di Rocca di Cambio, Gennaro Di Stefano, nel cui comune si trova Campofelice, un’altra stazione sciistica molto frequentata. “Tra personale addetto alla stazione, gattisti, maestri di sci, gestori di rifugi e albergatori qua lavorano circa 250-300 persone, ma quest’anno in molti sono rimasti a casa perché non c’è neve”.

 

Gennaio più caldo di sempre

Gennaio 2024 ha conquistato il poco invidiabile record di “gennaio più caldo da quando vengono rilevate le temperature”. L’inverno 2023/2024 rischia di passare alla storia come uno dei più secchi nella storia dell’Appennino. “Siamo in una situazione di scarse precipitazioni rispetto alla media storica. Tra ottobre e pochi giorni fa c’è stato un solo episodio importante di precipitazioni”, spiega Emanuele Romano, ricercatore presso l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Le stime parlano del 40% di precipitazioni in meno e fra pochi mesi rischiamo di dovere pagare un conto molto salato. “Le precipitazioni nevose immagazzinano acqua e la rilasciano nel periodo primaverile nel momento in cui si scioglie il manto nevoso”, prosegue Romano. In questo modo vengono rifocillati i corsi d’acqua e le falde acquifere. A preoccupare gli esperti sono soprattutto queste ultime perché sulle falde l’impatto delle precipitazioni si manifesta nell’arco di mesi, talvolta anche dopo uno o due anni. Romano ha sotto mano un grafico: mostra gli eventi siccitosi dal 1950 al 2023. Se negli ultimi cinquant’anni del secolo scorso ne sono stati registrati solamente due, dall’inizio del nuovo millennio in Italia abbiamo avuto già cinque episodi di siccità. “La siccità fa parte dei cicli di vita della Terra”, chiarisce Giulio Boccaletti, direttore scientifico del Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici di Bologna (CMCC). “Non esiste un mondo in cui le alluvioni non succedono o le siccità non succedono. Il punto è che in questo momento noi stiamo soffrendo più di quanto non dovremmo”.

 

Investimenti per i gestori di impianti sciistici

A preoccupare, poi, non è tanto il caso singolo di questa annata così poco nevosa o piovosa, bensì il fatto che si tratta di un’annata che segue altre annate simili. “Negli ultimi 20 anni c’è stato un aumento dei periodi di scarse o scarsissime precipitazioni che hanno interessato più mesi consecutivi”, aggiunge Emanuele Romano. “La buona notizia è che per un paese come l’Italia questi problemi sono gestibili”, spiega ancora Boccaletti, “ma per metterci al sicuro dobbiamo investire in infrastrutture che siano dimensionate in maniera diversa da quelle che abbiamo oggi perché queste sono state pensate cento anni fa quando non si sarebbe mai immaginato un cambiamento climatico come quello in atto”. Una trasformazione che riguarda tutti, anche il signor Bartolotti ad Ovindoli e il sindaco di Rocca di Cambio. “I gestori di impianti sciistici -dalle Alpi agli Appennini- si stanno attrezzando con importanti investimenti sull’innevamento”, racconta Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari (ANEF), “soprattutto stiamo investendo tanto su quella che si chiama comunemente destagionalizzazione, per poter lavorare non solamente 3-4 mesi d’inverno, ma anche in tutte le altre stagioni per permettere alla montagna di vivere tutto l’anno”. Per mestiere i climatologi non fanno previsioni del tempo, ma i dati in loro possesso una cosa possono predirla, ossia che se la primavera che sta per cominciare sarà simile all’autunno e l’inverno ormai finiti ci attendono mesi difficili durante i quali dovremo dosare bene il consumo di acqua, ma anche di energia elettrica (per la cui produzione l’acqua è un elemento fondamentale). “Nel 2023 ci siamo salvati grazie ad un maggio molto piovoso”, chiude Emanuele Romano lasciando intendere che quest’anno non ci resta che sperare in un bis.