Giornata mondiale della neve, perché rischia di scomparire per il cambiamento climatico

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Si celebra oggi, 21 gennaio, la 13esima edizione della ricorrenza voluta dalla Fis per avvicinare i più piccoli agli sport sulla neve. Con il surriscaldamento globale che corre sempre di più, diventa l'occasione per riflettere sul futuro delle comunità montane. Secondo alcuni studi c'è infatti il rischio che in alcune zone non nevichi più

Si celebra oggi, 21 gennaio, la 13esima edizione della Giornata mondiale della neve. La ricorrenza è stata ideata dalla Fis - Federazione internazionale sci e snowboard – con l’intenzione di promuovere, soprattutto tra i giovanissimi, attività sportive in montagna. Per farlo, si invitano gli operatori dei settori che hanno a che fare con la neve in qualche modo – impianti, maestri di sci, noleggi di attrezzatura - a organizzare iniziative promozionali che raggiungano il più ampio bacino di utenza possibile: giornate con skipass gratis o scontati, noleggi per scarponi e sci a prezzi ridotti e così via. La Giornata, che ogni anno cade la terza domenica di gennaio, diventa però anche un’occasione di riflessione sull’importanza della neve come risorsa, economica ma anche e soprattutto ambientale. Il tema si pone con ancora più forza guardando alle conseguenze che il cambiamento climatico in corso ha sulla neve e sulle comunità di montagna. Recenti studi lanciano un allarme: il surriscaldamento globale porta al declino del manto nevoso e il rischio, per le località dove la temperatura sale fino a livelli mai raggiunti, è che non nevichi mai più.

Lo studio su Nature: attività umana, riscaldamento globale e perdita del manto nevoso

Pochi giorni fa è stato pubblicato uno studio su Nature - condotto da Alexander Gottlieb e Justin Mankin, due ricercatori del Dartmouth College di Hanover (New Hampshire, Stati Uniti) – che dimostra come l’innalzamento delle temperature legato alle attività umane abbia già fatto diminuire il manto nevoso nell’emisfero settentrionale. A differenza della copertura nevosa, cioè la semplice presenza o meno della neve su una superficie, analizzare il manto va più a fondo, perché prende in considerazione elementi come la profondità e la quantità di neve. Per la ricerca si è fatto riferimento al manto in 169 bacini fluviali tradizionalmente carichi di neve nei mesi di marzo negli anni che vanno dal 1981 al 2020. Marzo è infatti il mese in cui, al termine dell’inverno, il manto dovrebbe essere al suo picco annuale. Dallo studio è emerso come in almeno 70 dei bacini considerati – dal Danubio in Europa al Salt Lake dello Utah (Usa) - sia in corso una tendenza “significativa” alla diminuzione del manto. In oltre 30 di questi casi, quanto riscontrato è stato direttamente ricollegato al riscaldamento a causa dell’uomo. 

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La temperatura di non ritorno

Gli scienziati del Dartmouth College segnalano anche una temperatura media invernale di non ritorno: per mantenere il manto nevoso non bisogna scendere sotto i -8°C. Nei posti dove si supera questa temperatura, la neve accumulata va a sciogliersi. 

Neve artificiale per il 90% delle piste italiane

Da tempo si sta parlando della possibilità che alcune località debbano salutare per sempre la neve, con tutte le ricadute economiche e occupazionali che questo comporterebbe. Guardando all’Italia, nell’ultima edizione disponibile del report Nevediversa di Legambiente, quella del 2023, si metteva in luce come il 90% delle piste innevate lo fosse solamente grazie a sistemi artificiali.

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