Il 51% degli italiani riduce il consumo di carne per motivi ambientali

Ambiente

L'indagine ha evidenziato come, nonostante il buon risultato, in Italia si sia poco consapevoli dell'impatto che i consumi alimentari hanno sull'ambiente. I prodotti sostenibili sono percepiti come troppo costosi e la maggior parte degli intervistati rifiuta di sostituire la carne con insetti (67%) e carne sintetica (61%)

Dalla nuova indagine realizzata dal CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, è emerso che il 51% degli intervistati ha ridotto il consumo di carne per questioni ambientali. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica "Nutrients", aveva l'obiettivo di capire quanto gli italiani sono consapevoli in materia di sostenibilità alimentare.

Risultati della ricerca 

L'indagine ha evidenziato come in Italia si sia poco consapevoli dell'impatto che i consumi alimentari hanno sull'ambiente e i prodotti sostenibili sono percepiti come troppo costosi. Sebbene il 51% degli intervistati, infatti, abbia ridotto il consumo di carne per questioni ambientali, sono ancora molti gli italiani che non hanno intenzione di rivedere le proprie abitudini. "Dall’indagine è emerso – ha dichiara Laura Rossi, dirigente di ricerca del CREA Alimenti e Nutrizione e coordinatrice dello studio – che il 27% degli intervistati non ha ridotto il consumo di carne e non intende farlo in futuro, almeno non per questioni ambientali". Come alternative alla carne sono preferiti i legumi (84%), le uova (82%) e il pesce (77%), ma anche i formaggi (72%) e la frutta secca in guscio (69%). La grande maggioranza rifiuta invece insetti (67%)  e la carne sintetica (61%). Poco più della metà sostituirebbe però la carne con prodotti vegetali che imitano la carne senza OGM.

Prospettive future

Dal campione di 815 adulti che hanno partecipato all'indagine emerge come l'importanza della carne risulti un elemento divisivo. Tuttavia, quasi la totalità del campione (90%) si ritiene in qualche modo predisposto al cambiamento e chiede interventi più attivi da parte di organi terzi nazionali e/o europei. Hanno però dichiarato di non essere disposti ad accettare la tassazione dei prodotti non sostenibili o la limitazione nei punti di vendita. Secondo l'indagine è necessario tenere in considerazione l'impatto che l'aumento globale della domanda di cibo avrà sul consumo di acqua, di suolo e sulle emissioni di gas serra. Questi costi ambientali, sostiene la ricerca, dovranno essere considerati nell’elaborazione delle linee guida dietetiche.

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