Earth Day: l’impatto della moda sul Pianeta
AmbienteQuanto inquina la moda? Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu l’industria della moda produce tra l’8% e il 10% di emissioni globali di CO2. Abbiamo chiesto a Giusy Bettoni, ceo e co-founder di C.L.A.S.S. di raccontarci come la moda può diventare sostenibile e partecipare al processo di salvaguardia del nostro Pianeta
Quanto inquina la moda? Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu l’industria della moda produce tra l’8% e il 10% di emissioni globali di CO2. Ma sappiamo anche che il settore si sta muovendo su diversi piani per abbattere le emissioni e diventare sostenibile. Abbiamo chiesto a Giusy Bettoni, ceo e co-founder di C.L.A.S.S. di raccontarci come la moda può diventare sostenibile e partecipare al processo di salvaguardia del nostro Pianeta
Giusy Bettoni che cos’è C.L.A.S.S?
“C.L.A.S.S. significa Creativity Lifestyle and Sustainable Synergy: creativity perché mettiamo la creatività al primo posto, lifestyle perché è uno stile di vita perché non è solo una tendenza, sustainable perchè vogliamo arrivare alla sostenibilità e synergy perché nessuno può fare questa cosa da solo. C.L.A.S.S. dal 2007 cerca di attivare tre elementi fondamentali che sono creatività, innovazione e responsabilità, tutti insieme all’interno della filiera del tessile e della moda, cercando di fare delle cose belle, innovative e anche responsabili”.
Parliamo di salvaguardia del Pianeta, come la moda può diventare protagonista in questo senso?
“La moda ha fatto e può fare ancora tantissimo per due ragioni uno perché sappiamo che la moda purtroppo incide in maniera pesante nel bilancio della sostenibilità e dall’altra parte perché ha un potere comunicativo internazionale incredibile a tutto tondo sul consumatore. Quello che posso dire io come C.L.A.S.S. rispetto alla potenzialità di fare sostenibilità all’interno della moda rispecchia il nostro manifesto che prevede quattro dimensioni: la prima dimensione è quella del design, nessuno sceglie qualcosa solo perché è solo sostenibile, lo sceglie perché è bello. Scegliamo prima di tutto con gli occhi. Se è un design che ha un approccio di economia circolare è ancora più importante, e ancora di più lo diventa il designer che è consapevole degli impatti delle sue scelte quando disegna qualcosa di moda. La seconda parte è quella dell’innovazione. Viviamo nel 2023, viviamo in anni in cui dobbiamo comunque avere delle cose che ci servono e possono essere gestite tutti i giorni, l’innovazione molto spesso non è solo quella di creare qualche cosa di nuovo ma avere dei nuovi modelli di business. Abbiamo visto come lo swap, il resell, il vintage sono diventati parte della nostra vita senza creare qualcosa di nuovo. Però anche quando andiamo a creare, e noi di questo siamo consapevoli perché è da 15 anni che lavoriamo sull’innovazione responsabile, dobbiamo innovare con degli standard totalmente diversi. Innovare oggi significa essere per forza sostenibili perché l’innovazione senza la sostenibilità non è vera innovazione. La sostenibilità per noi è qualcosa che parte dalle aziende non dai prodotti, i prodotti sono figli delle aziende non viceversa, per cui se l’azienda ha una strategia etica, ha una strategia di produzione, ha una strategia di impatti è chiaro che il prodotto sarà sempre migliore. E poi si arriva al prodotto attraverso valori di nuova generazione che non arrivano dal mercato, inteso come trade, ma dal consumatore. L’ultima dimensione è quella della comunicazione: se io so di che cosa sto parlando, se so che ho una strategia e posso misurare quello che dico, ho in mano veramente delle cose di grande valore. Non parliamo più di prodotti ma andiamo a misurare i valori che possiamo dare al consumatore, anche se sono intangibili sono però molto forti perché sappiamo dalle ricerche di mercato che trovare qualcosa di etico, trovare qualcosa di tracciabile, di trasparente, di bello, innovativo e responsabile è qualcosa che fa piacere a tutti; per cui crediamo che la moda abbia un grande potere in questo senso”.
Diamo un consiglio per un consumo sostenibile della moda:
“Prima di tutto fare domande prima di comprare qualcosa, chiedere chi ha fatto quei prodotti. Sapere da dove vengono i prodotti, come sono stati fatti, chi li ha fatti sono tutte informazioni normalmente accessibili soprattutto dai brand e dai retailer che questi discorsi li stanno facendo in maniera molto seria, per cui andare oltre quello che c’è. So che ogni tanto è frustrante perché non tutti lo fanno però penso che il nostro potere di scelta debba andare in questa direzione”.