Anche i pappagalli arrossiscono: sarà per l'emozione?

Ambiente
Lo studio pone le basi per ulteriori approfondimenti sulle emozioni dei volatili (Getty Images)

Una ricerca francese condotta allo zoo di Beauval ha osservato per la prima volta in maniera scientifica il fenomeno, di cui però non si conoscono ancora le cause

I pappagalli arrossiscono, anche se la scienza è ancora lontana dal comprendere il perché. Per la prima volta, però, una équipe di ricercatori francesi ha osservato in maniera scientifica il fenomeno, con cinque Ara gialloblu (Ara ararauna) dello zoo di Beauval, nella regione Centro-Valle della Loira.

Gli Ara arrossiscono in momenti "positivi"

Le conclusioni sono state pubblicate il 22 agosto sulla rivista scientifica "Plos One". Una parte delle guance dei pappagalli è priva di piume, ed è questa ad assumere un colorito rosso – sostengono gli studiosi – in concomitanza con circostanze che i volatili pare considerino come positive. "Gli uccelli non hanno muscoli facciali – spiega all'Afp Aline Bertin, a capo dello studio per l'Inra, l'Istituto per la ricerca agronomica francese – e per questo non sono mai state studiate le loro espressioni". Il fenomeno dell'arrossimento è confermato anche dai proprietari di Ara, ma è ancora lungi dall'essere studiato in maniera approfondita.

Come si è svolto lo studio e gli sviluppi futuri

I ricercatori francesi hanno filmato e fotografato i cinque pappagalli in una voliera dello zoo di Beauval (quello in cui si trova il primo cucciolo di panda francese), mentre interagivano con gli addetti che abitualmente si occupano di loro. Durante queste interazioni, sono stati registrati gli arrossamenti delle guance degli animali, dove – come negli esseri umani – arrivano i vasi sanguigni. "Non possiamo dire con esattezza se gli uccelli possano sentire delle emozioni positive – sottolinea Bertin a "Le Monde" – ma questo lavoro pone le basi per futuri sviluppi di indagini sulla sensibilità degli uccelli". Indagini che, a differenza di quelle sulla loro intelligenza, ad oggi sono ancora molto limitate. "Non immaginiamo infatti – conclude la ricercatrice – che un volatile possa avere un mondo emozionale complesso quanto quello di un primate, o di un cane o un gatto".

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