Nell’interrogatorio con gli inquirenti, Maurizio Diotallevi ha spiegato di aver meditato per settimane l’omicidio della sorella Nicoletta. “Mi umiliava in continuazione, ho agito per un raptus”. Alla base del gesto anche motivi economici
"Erano due mesi che stavo pensando di ucciderla ma il mio è stato un raptus, mi umiliava in continuazione”. Nell'interrogatorio davanti agli inquirenti, Maurizio Diotallevi avrebbe motivato con questa spiegazione l'omicidio della sorella Nicoletta da lui strangolata, fatta a pezzi e gettata in alcuni cassonetti dell'immondizia nella zona di via Flaminia, a Roma. L’uomo resta in carcere e l'interrogatorio di convalida del fermo è stato fissato per venerdì 18 luglio.
La versione dell’omicida
Nel corso del confronto con polizia e magistrati, Diotallevi ha fornito la sua versione di quanto avvenuto nella casa di via Guido Reni lo scorso 14 agosto scorso. In base a quanto ricostruito, la vittima era tornata da poche ore a Roma dopo un viaggio in Svezia. "Appena rientrata ha ripreso a darmi ordini, a trattarmi come un bambino. Ho aspettato che uscisse dal bagno e l'ho aggredita in salotto, strozzandola con una cintura".
Movente anche economico
Dopo l’omicidio il corpo della donna sarebbe poi stato fatto a pezzi con diversi oggetti da taglio. "Non sopportavo più mia sorella, mi trattava male, in alcuni casi mi ha anche preso a schiaffi o umiliato davanti a mio figlio”, ha detto il killer aggiungendo che "parte del nostro appartamento lo affittavamo come bed and breakfast ma i soldi li voleva gestire solo mia sorella e a me toccava sempre chiederli".
Le accuse per Diotallevi
I primi risultati dell’esame autoptico hanno confermato la versione dell’uomo al quale la Procura contesta il reato di omicidio volontario aggravato dalla parentela e occultamento di cadavere. Ma il pm potrebbe anche valutare l'ipotesi della premeditazione. Intanto è stato fissato per venerdì davanti al gip l'interrogatorio di convalida del fermo per il 62enne.