Modella inglese rapita a Milano, dubbi sulla dinamica

Cronaca

Gli investigatori hanno trovato diverse prove della versione raccontata dalla ragazza, ma alcuni dettagli suscitano perplessità anche tra i media britannici. L'avvocato della ragazza a SkyTG24: "Racconto credibile"

Sono diversi i dettagli che, in Italia e in Gran Bretagna, stanno suscitando dei dubbi sulla vicenda di Chloe Ayling, la modella 20enne rapita a Milano l’11 luglio per essere venduta sul "deep web" da un’organizzazione criminale e poi liberata dal suo sequestratore sei giorni dopo. I più scettici sono i tabloid britannici, come il Sun e il Daily Mail, ma anche The Guardian sembra avere qualche perplessità. 

Le prove trovate dagli investigatori

Dai riscontri degli investigatori italiani, l’ossatura della vicenda sarebbe vera: l’indossatrice è stata sia nel negozio dove ha detto di essere stata rapita sia nella macchina dell’uomo polacco arrestato per il sequestro. Nel suo sangue sono state trovate tracce di chetamina, usata per narcotizzarla, e nella baita dove è stata segregata ci sono segni della sua presenza. Inoltre, dal computer del rapitore sono stati messi gli annunci di vendita della ragazza e sono state inviate le richieste di riscatto all’agente della 20enne.

La liberazione in consolato

Sono alcuni dettagli a spingere gli investigatori ad ulteriori accertamenti, tra cui il fatto che il sequestratore abbia accompagnato personalmente la modella al consolato, un luogo che per motivi di sicurezza pubblica è presidiato da militari. E dove, infatti, l’uomo è stato subito arrestato. Anche la motivazione della liberazione appare strana: i criminali avrebbero bloccato l'operazione dopo aver appreso che la ragazza è madre di un bimbo di due anni.

La leucemia e il racconto dei vicini

Non ci sono neanche prove che avvalorino la storia raccontata dal polacco, che ha detto di aver rapito la ragazza su ordine di un gruppo di cittadini rumeni di Birmingham perché malato di leucemia e bisognoso di soldi per le cure. Inoltre, i vicini di casa lo avrebbero descritto come un uomo strano, che una volta uscito per andare a lavorare tornava a casa ogni mezz’ora e spesso passeggiava con un topo sulla spalla: una figura che, secondo i tabloid inglesi, non sembrerebbe combaciare con quella di uno spietato criminale.

 

"E' una storia strana ma del tutto vera", ribadisce però Francesco Pesce, il legale italiano di Chloe Ayling.
 

Il giubbotto di pelle

Da chiarire anche alcuni particolari dell’aggressione. La ragazza ha raccontato di essere stata drogata con un’iniezione di chetamina mentre ancora indossava il giubbotto di pelle, forse troppo spesso perché l’ago potesse bucarlo. Inoltre, la sostanza usata è molto pericolosa e difficile da dosare nel modo giusto per evitare il rischio di uccidere la persona a cui la si sta iniettando.

Il negozio di scarpe

Da verificare anche alcune testimonianze secondo cui la modella e l’uomo sarebbero stati visti, poco prima dell’arrivo in consolato, fare acquisti in un negozio di alimentari e in uno di scarpe. Secondo l’avvocato della ragazza, in quel momento la 20enne sarebbe stata in un momento di sudditanza psicologica.

L’agente misterioso

A insospettire i media è anche la figura dell’agente della ragazza, che continua a rimanere anonimo nonostante il suo ruolo centrale: è lui che ha concordato il finto servizio fotografico a Milano dove è stata poi rapita la modella.


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