Libri:studenti leggono I Guerra mondiale da taccuini soldati

Friuli Venezia Giulia

'Tre diari della Grande Guerra', progetto di Radici

(di Francesco De Filippo) (ANSA) - TRIESTE, 10 MAG - LAURA CAPUZZO e EVELINA BATAGELJ (a cura di), TRE DIARI DELLA GRANDE GUERRA (Gaspari, pp.172; euro 15,00) La storia la scrivono i vincitori. La troviamo sinteticamente riportata in volumi che in poche pagine compendiano secoli di eventi in Occidente. Poi c'è un livello più dettagliato, è il certosino lavoro degli storiografi, ricerca tra migliaia di documenti, talvolta in disaccordo con le teorie comunemente accettate. Infine, c'è la testimonianza dei presenti: individuale, parziale ma cristallina, inconfutabilmente vera.


    "Tre diari della Grande Guerra" non è un libro che insegue la verità, né si limita a sottoscrivere quanto annotato dal singolo: è un tentativo di raccordare diacronicamente il passato dei testimoni e il presente dei giovani. L'obiettivo è superiore alle beghe delle diplomazie e alle efferatezze degli eserciti: evitare che si dimentichi per e avvalorare la pace, status mai scontato ma da stabilizzare con continuo lavoro. Umberto Ademollo, Giorgio Nicolich e Andrea Vesnaver non si sono mai conosciuti, in comune hanno l'aver combattuto la Grande Guerra (su fronti diversi) e aver fissato su taccuini personali, con la calligrafia inclinata e ordinata dell'epoca, le esperienze. I diari non sono esposti al giudizio, a meno che non siano opera di Giani Stuparich, il cui livello narrativo anticipa e governa stile e contenuti, o di Ungaretti; entrambi in guerra in quest'area in quel periodo.

"Ci fu tirata una fucilata. Vidi Loredani che mi precedeva di mezzo passo piombare a terra … Lo intesi dire: Sono ferito, non posso più muovere le gambe, mi hanno ammazzato", scrive il giovanissimo triestino irredentista Nicolich. Le sue descrizioni, il distacco (apparente) dalla devastazione, a tratti fa pensare all'audacia raccontata da Ernst Junger. Ben diverso Vesnaver, istriano, di 33 anni, inquadrato in un reggimento austro-ungarico e in continuo spostamento: Serbia, Russia, Ucraina, Ungheria: "Dela sono andai diversi in ospital cui piedi iazadi e poi se avemo scompartido un pochi decua e un pochi de la…".


    Taccuini destinati a restare seppelliti nei cassetti che invece per caso, e per i progetti di recupero storico dell'associazione triestina Radici&Futuro, sono stati ritrovati dagli eredi e digitalizzati e analizzati da studenti e ricomposti in questo libro curato da Laura Capuzzo e Evelina Batagelj. Non sono state soltanto risuscitate quelle esperienze: sono state consegnate alla sensibilità dei giovani. Ama Liliane Apetogbo, studentessa pordenonese di origini africane, scrive una verità semplice ma lapidaria dopo aver curato il diario del giovane tenente piemontese Ademollo: "Il dramma della guerra è un dramma universale". Le pallottole e la sofferenza non hanno colore né appartenenza etnica.

Un passaggio di quel taccuino sembra tratto da 'Orizzonti di gloria' di Kubrick: "là vi era una compagnia di alpini … io ordinai subito fosse cessato il fuoco e feci presente al capitano che là vi erano i nostri, ne ebbi per risposta 'Lei pensi a fare il comandante di plotone e non il comandante di Battaglione chi comanda il Battaglione qui sono io'". A ciascuno dei tre diari è dedicato un capitolo che si conclude con una lettera che i nipoti dedicano ai rispettivi nonni, ormai scomparsi, autori dei taccuini, per creare un ideale rapporto intergenerazione. Scrive Claudio Vesnaver al nonno Andrea: "Guardo la foto e vedo che ti assomiglio, ho gli stessi tuoi occhi. Forse ho preso tante cose da te. E sono fiero di questo". (ANSA).
   

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