Incontro con 4.500 studenti di Puglia, Piemonte e Trentino
(ANSA) - TRENTO, 19 GEN - "Siamo gli ultimi testimoni della storia e dobbiamo ricordare. Avevo 12 anni, vedevo il fumo uscire dalle ciminiere e temevo di finire anche io lì: questo non si dimentica. Tanti mi chiedono come noi sopravvissuti abbiamo potuto mantenere la forza d'animo per non cedere: abbiamo mantenuto sempre la speranza di poter uscire dal campo".
Il 10 agosto 1944, in un vagone di un treno merci che da Varsavia va verso Auschwitz, tra i tanti prigionieri polacchi requisiti dai nazisti, c'è anche Bodgan Bartnikowsi, oggi novantenne. "In quel treno", ha detto in collegamento dal Teatro Sociale di Trento nel primo dei cinque appuntamenti di Living Memory dedicati ai sopravvissuti, "eravamo già schiavi". Il giornalista e scrittore è uno dei pochi ancora in grado di portare in viva voce al mondo la sua testimonianza sull'universo dei campi di concentramento e di sterminio. Continua a raccontarlo perché crede nel valore della testimonianza individuale e storica e l'ha fatto anche stamattina, in collegamento con una sessantina di scuole trentine, a cui se ne sono aggiunte altre da Puglia e Piemonte per un totale di circa 4.500 studenti. Sul palco del Sociale, assieme al direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino Giuseppe Ferrandi era presente il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti.
"Per me e per tutti i miei coetanei di allora non è possibile dimenticare", ha proseguito Bodgan. "Soprattutto il momento dell'imprigionamento, il fatto di essere cacciati via da casa, l'essere privati della cura dei genitori, della vita che avevamo: questo ci ha sicuramente segnato per tutta la vita. I ricordi di quei giorni sono vivi e ritornano, nei sogni, negli incubi, ma anche nella vita quotidiana, basta un'associazione di pensiero, una parola sentita per caso. Come ha detto una mia amica di prigionia, 'di Auschwitz ci libereremo solo nel momento della morte, lo porteremo con noi tutta la vita'. Questo è vero anche per me: anche io 'sono rimasto' ad Auschwitz". Bartnikowsi ha poi ricordato, come ha fatto nei suoi libri, che la speranza, la fede, il sogno di rivedere i propri cari o ritornare a casa prevaleva sempre sulla disumanità del campo di sterminio. (ANSA).