Studio su ascolto e comprensione di una conversazione
(ANSA) - TRENTO, 11 MAR - Un gruppo di ricerca dell'Università di Trento ha dedicato uno studio sperimentale all'effetto delle mascherine sull'ascolto e sulla comprensione di una conversazione.
Attraverso una ricerca condotta online durante il primo lockdown, il gruppo di ricerca del laboratorio Cognition Across the Senses (CAtS) del Centro interdipartimentale Mente/Cervello CIMeC, coordinato da Francesco Pavani, ha dimostrato come l'impossibilità di vedere la parte inferiore del volto coperto da una mascherina renda più faticoso l'ascolto e più incerta la comprensione del messaggio anche a parità di informazione acustica ricevuta.
"Abbiamo ricreato una situazione simile a una video-chiamata con tre diversi scenari d'ascolto", afferma Elena Giovanelli, prima autrice dello studio. "Nel primo si vedono le persone in volto, nel secondo le persone con la mascherina, nel terzo solo i loro nomi. In tutti i casi, però, l'informazione uditiva proposta era costante: si trattava sempre dell'audio registrato senza mascherina. In questo modo abbiamo voluto separare gli effetti acustici legati all'uso della mascherina da quelli audio-visivi legati alla visione delle labbra del parlante".
"Abbiamo mostrato - prosegue Giovanelli - che vedere una persona che parla con la mascherina può essere equivalente a non vederla affatto. Rispetto alla condizione del volto pienamente visibile, i partecipanti hanno più difficoltà nel comprendere il messaggio e devono sostenere un maggiore sforzo di ascolto". "Questa ricerca dimostra il contributo cruciale dell'esperienza audio-visiva nella comprensione del parlato anche per le persone udenti. Inoltre, aiuta a comprendere per quale ragione le mascherine possano trasformarsi in un ostacolo invalidante alla comunicazione per tutti coloro nei quali l'ascolto può essere più difficoltoso: persone con problemi di udito, persone che stanno ancora imparando la lingua - bambini o adulti -, persone che lavorano quotidianamente in contesti rumorosi", concludono Giovanelli e Pavani.
La ricerca è pubblicata sul sito della rivista i-Perception.
(ANSA).