Ineos Grenadier, l'evoluzione del fuoristrada "come una volta". LA PROVA

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Nicola  Paolella

Nicola Paolella

Avete presente i moderni suv tecnologici e confortevoli? Beh, dimenticate tutto. Abbiamo provato sulla sabbia della costa di Viareggio questo fuoristrada nudo e crudo, tutta sostanza

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Per capire l’Ineos Grenadier bisogna fare alcuni passi indietro nel tempo, quando Sir Jim Ratcliffe, uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra e del mondo, proprietario di Ineos group, un gigante della chimica, tra una birra e l’altra in un pub londinese in compagnia degli amici di una vita, cominciò a pensare ad un mezzo dalle caratteristiche spiccatamente adventure.

Fu così che, acquisita dalla Mercedes la fabbrica francese delle Smart, nacque INEOS automotive e la prima bozza del Grenadier, che deve il suo nome proprio al pub in cui Ratcliffe e compagnia buttarono giù l’idea di questa emozionante quattro ruote. Poche volte, in effetti, ci è capitato di guidare qualcosa di così difficile da catalogare. 

Il Grenadier è un fuoristrada vero: alto, senza fronzoli ci si trova quello che serve a trarsi d’impaccio nelle situazioni più estreme e poco altro. Le concessioni al confort, infatti, sono limitate al display da 12,3 pollici, agli adas come da obblighi di legge, all’aria condizionata e all’elettronica che aiuta nei passaggi più impegnativi in fuoristrada. Concessioni alle quali nessuno ormai rinuncerebbe ma che a bordo del Grenadier appaiono quasi futili. Meglio concentrarsi quindi sui 3 differenziali bloccabili, sui 264 millimetri di altezza da terra, su una capacità di guado di 80 centimetri e su una serie di accessori per ogni esigenza compreso un verricello che può tirare fino a 5 tonnellate di guai. Il Grenadier è inarrestabile con i suoi 6 cilindri in linea di origine BMW di 3 litri sia benzina che diesel biturbo che regalano cavalli a volontà e una coppia mostruosa.

La prova su strada, anzi su spiaggia

Il percorso su cui lo abbiamo torturato sembrava un campo di battaglia: buche, dossi, avvallamenti in contropendenza, in certi momenti abbiamo faticato a credere di riuscire a venirne fuori. E invece, senza nemmeno smanettare troppo con gli aiuti elettronici la nostra escursione in fuoristrada si è trasformata in una gran bella esperienza. Le finiture sono di ottimo livello per essere un mezzo adventure, non ci sono scricchiolii nemmeno nei passaggi più impegnativi. La plancia poi è disseminata di tasti fisici anche in alto, sembra quasi di essere in una cabina di un elicottero o di un aereo con la chicca del tastino rosso al volante. E’ il clacson soft per i ciclisti.

Le differenze con le auto parcheggiate sotto casa sono sostanziali: telaio a longheroni e traverse e sospensioni a ponte rigido, elementi tipici dei fuoristrada di una volta e di quelli che non li vogliono far rimpiangere. Evidente che un mezzo di queste dimensioni, quasi 5 metri di lunghezza, 3 di passo e 2,7 tonnellate di peso, non sia molto in sintonia con il traffico urbano anche perché lo sterzo certo non aiuta. Troppo demoltiplicato, ma in fuoristrada lo stratagemma funziona, nessun contraccolpo sul piantone, nemmeno nei passaggi meno semplici. Insomma, evoluzione di un’emozione senza rimpianti.

Per gli incontentabili, poi, alla versione in prova del Grenadier, Ineos ha affiancato da poco un compagno di avventura, la versione doppia cabina con cassone al seguito: il Quartermaster. Perché la passione è come una birra, è più buona se si gusta in compagnia.

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