Dopo il lockdown, Parigi
La capitale francese torna a essere zona a rischio e rende obbligatorie le mascherine nelle aree più affollate.
Intanto protegge i settori chiave dell'arte e della moda puntando sul digitale.
Ecco la terza tappa del nostro reportage europeo
Non si respira la paura come a Barcellona, lungo le strade della capitale francese. Ma apprensione, sotto un cielo grigio di pioggia e incertezza. Parigi è bellissima, forse anche di più così svuotata. Le mascherine sono tornate obbligatorie anche all'aperto dopo l'aumento dei contagi di Coronavirus di inizio agosto.
Solo pochi passanti le indossano, però: principalmente i turisti che arrivano da zone come l'Italia e la Spagna, dove si sono abituati a indossarle preventivamente. L'obbligo è entrato a far parte della vita della capitale in maniera disomogenea e graduale: sono incluse solo le aree tendenzialmente più affollate, come il lungo Senna o i mercati.
Per capire esattamente dove le mascherine sono obbligatorie all'aperto bisogna consultare una mappa sul sito del comune. Ma la lettura non è facile, né per i turisti né per gli stessi locali.
Mancano i cartelli a ricordare e segnalare la norma, poi. Senza, si rischia quasi di dimenticarlo. Perché i bar sono aperti, i dehors dei ristoranti pieni, i negozi accolgono i clienti. Certo, i turisti sono pochi. Ancora meno perché molti britannici sono tornati di corsa a casa dopo che la Gran Bretagna ha resa obbligatoria all'improvviso la quarantena per chi rientra dalla Francia.
La capitale quindi riposa, sonnecchia. Tiene le frequenze basse, conserva le energie per l'autunno.
Il turismo è un settore chiave per il Paese e per la città, ma non è tutto: bisogna pensare a riaprire le università, a riportare gli studenti internazionali nella capitale, ad avviare le stagioni teatrali e musicali. Bisogna salvare la moda, puntare sulle nuove tecnologie, capire come sono cambiate le abitudini.
Nel Quartiere Latino Beate Perrey ci apre le porte di casa sua. Pianista e musicologa franco-tedesca, a inizio lockdown si è vista costretta a cancellare tutte le date dei suoi concerti dal vivo. Airbnb l'ha contattata dopo qualche settimana per "traslare" i suoi concerti online, come parte del piano di esperienze virtuali introdotto durante l'emergenza.
"Mi ha stupita vedere come i concerti online possano creare una forte sintonia con il pubblico. Negli eventi dal vivo il musicista è distante, gli spettatori arrivano stanchi e stressati in sala. Su Zoom invece sono nelle loro case, vulnerabili. Possono lasciarsi andare, piangere".
Ed è per questo che, ci racconta, continuerà a portare avanti i concerti online anche dopo la fine dell'emergenza Coronavirus. Dalla crisi è nata una nuova opportunità.
Va sottolineato che sul fronte degli aiuti dati al settore della cultura, il governo francese è stato tra i più generosi d'Europa. Finanziamenti e altre forme di supporto per artisti e performer sono state introdotte fin da marzo, con specifiche dettagliate per ciascuna categoria.
I giardini di Lussemburgo durante il lockdown e oggi
Creatività e digitale sono le parole chiave per la ripresa dei settori culturali. Settori in cui la Francia si distingue e investe.
La moda ha certamente risentito delle chiusure dei negozi, dello stop alle sfilate fisiche, delle collezioni in eccesso da smaltire. Hanno sofferto i marchi, hanno sofferto i designer, hanno sofferto i grandi magazzini. Basti pensare che Tati, un'istituzione del cheap fashion in Francia, ha annunciato la chiusura anche dell'ultimo negozio rimasto dopo anni di difficoltà finanziarie.
In questo momento a Parigi centinaia di migliaia di abiti di pregio e haute couture sono stipati in scatoloni in magazzini, perché gli affitti degli atelier sono diventati troppo cari in un periodo di ricavi quasi azzerati.
I numeri delle vendite online però sono incoraggianti, in forte crescita. Le persone, non potendo uscire, hanno preso confidenza con lo shopping virtuale durante il lockdown e ora sembrano essersi abituate.
"Un'altra tendenza che ho notato è quella a puntare sulle attività e sui brand locali", dice Barbara Versluis, fondatrice di From, una app per la moda sostenibile ora in fase di sviluppo e che vedrà la luce a fine anno.
"La mia piattaforma renderà più semplice individuare i marchi e i negozi sostenibili in Francia e nel resto del mondo. In questa fase la provenienza di ciò che compriamo guadagna importanza, così come la possibilità di affidarsi a business a noi vicini", spiega. Ha grinta e convinzione, tanta da non farsi spaventare dall'emergenza che rende le valutazioni economiche così incerte: "No, credo nella mia idea. Credo sia il momento giusto per svilupparla". E lo dice con un sorriso a 32 denti.
Altro tema caro alla Francia è quello degli studenti e dei ricercatori internazionali che ogni anno raggiungono Parigi per un periodo dai tre ai dodici mesi. Questione di prestigio, di centralità per il ministero dell'Educazione.
A parlarcene è Laura Giboin, dipendente di Campus France, agenzia che si occupa di attirare e agevolare gli scambi con gli studenti stranieri nella capitale.
"Per l'anno 2020-2021 nel mio ufficio che lavora con l'America Latina stiamo gestendo 500 dossier al momento. Nulla. D'altra parte al momento molte ambasciate non rilasciano i visti. E gli studenti non sono convinti di voler fare un'esperienza a metà: la prima parte dell'anno a casa loro, la seconda forse - se sarà possibile - in Francia".
Chi viene a Parigi per un periodo, dall'estero, lo fa anche per vivere a pieno l'atmosfera della città e preferisce aspettare tempi migliori. Perché certo, riflette Laura, quella di oggi non è la Parigi di cui parlano libri e film. La cartolina ha le sfumature del color seppia. Ma tornerà presto a colori.