MasterChef, Franco esce di scena: “Oggi perdo, ma noi vinciamo”. L'intervista

Esce colpito dal compagno e rivale Simone, il quarantatreenne Franco Della Bella. L’aspirante chef veronese si ritrova fuori dai giochi al suo primo Pressure Test e proprio a un passo da quella finale tanto ambita per la quale aveva già studiato il Menu Degustazione da presentare ai giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli. Suo malgrado, nel corso del penultimo appuntamento, capitola. E davanti al fatidico verdetto pronunciato da Barbieri: “Mi dispiace Franco, devi toglierti il grembiule e lasciare per sempre la cucina di MasterChef. Il nostro uomo a briglia sciolta…hai pianto, hai urlato, hai sudato, hai dato tutto rimanendo fedele alle tue idee e al tuo percorso”, Franco ammette i propri errori, ma sopratutto ringrazia con i modi garbati che lo hanno contraddistinto finora. “Posso soltanto veramente ringraziarvi perché mi avete fatto crescere tantissimo con i vostri consigli e avete fatto crescere anche loro e il loro talento. Il vostro talento miraccomando tenetevelo stretto perché è un dono, donatelo e renderete il mondo un posticino migliore. Oggi perdo, ma noi vinciamo, perché ci siamo accolti nelle nostre differenze e in qualsiasi società il noi è più importante dell’io, grazie ancora di tutto, MasterChef è stata un’emozione pazzesca, mi ha regalato tantissime gioie”. Ecco cosa ci ha raccontato nell'intervista qui di seguito il concorrente uscente della sua stra-ordinaria esperienza Uscendo hai sottolineato l’importanza del "noi" rispetto all’individualità. È stato il mio messaggio finale ma che personalmente ho vissuto lungo tutto il percorso, credo nel valore del team, ci si arricchisce anche grazie alle peculiarità degli altri, e non è un caso che abbia vinto tutte le esterne, insieme si vince, io facevo gioco di squadra, non tutti lo hanno fatto. E’ una mia caratteristiche anche nella quotidianità, non sono entrato a MasterChef dicendo vinco io, ero più interessato a come evolvere, abbiamo fatto tutti un percorso individuale ma l’uno grazie all’altro. Siamo persone che si sono incontrate e scontrate sempre con rispetto. Siamo riusciti a convivere pur avendo visioni di vita diverse. Di Simone per esempio ho apprezzato il suo essere costantemente focalizzato sull’obiettivo, tanto di cappello. I rapporti con i tuoi compagni di Masterclass? Per me sono stati motivo di crescita, il rapporto che ho costruito con Anna si vedeva, dal primo giorno si è sviluppo durante tutto il programma, io e lei ci siamo ritrovati. La più bella esterna è stata quello a Rovereto nella cucinata. Con lei ho instaurato un rapporto stretto, ma il bello della Masterclass sta nel valore delle differenze, entrarci è stato per me come entrare nel paese delle meraviglie, dove ognuno può essere se stesso. C’è stato un momento in cui hai mollato? Sì, ieri ho psicologicamente mollato, con le ostriche ero convinto di salire in balconata e superare la prova, quando invece i giudici non hanno colto il piatto come avrei voluto, e come speravo, ho cucinato col freno a mano, mi è mancata la fame che invece Simone non ha mai perso. Il mio piatto non era bilanciato e ho convinto i giudici solo a metà, sarebbe stato diverso se avessi messo l’ostrica nel suo guscio. Mi è mancata la costanza che porta verso il risultato. L’ultimo miglio è quello più importante, sentirmi dire “no” al Pressure e non aver raggiunto l’obiettivo mi ha fatto deragliare, quindi bravo Simone! Una parola sui giudici e con chi hai sentito maggiore affinità. Tutt’e tre hanno diverse sfaccettature, devo dire che riescono in poche parole a darti i consigli giusti per farti migliorare, dato che MasterChef non è una scuola, tutto quello che puoi imparare lo impari attraverso i loro commenti. Con Bruno Barbieri mi sono sentito molto in sintonia soprattutto all’inizio, prima di entrare temevo il suo giudizio; mi ha spesso bacchettato sul mio approccio, e in effetti quando riuscivo a concentrarmi come voleva lui, riuscivo meglio. Con Antonino Cannavacciuolo ci si guardava dritto negli occhi perché sono alto quanto lui, e forse per questo non mi incuteva paura, ma profondo rispetto. Anche lui come Barbieri mi ha aiutato ed è stata una crescita più culinaria, mirata al miglioramento del piatto. Giorgio Locatelli invece mi ha stimolato dal punto di vista dello story telling, sull’importanza del racconto e del tocco personale che va oltre l’impiattamento. Il piatto che più ti ha rappresentato in gara? Sono in realtà tanti e tanti li avrei portati in finale, però direi Chi nasce tondo può morire quadrato fatto con Anna, la vera forma è quella che si sente nel cuore, e quel piatto creato insieme è quello che mi rappresenta di più. Ognuno può essere quello che vuole essere, se lo sente. Il menu che avresti portato in finale? Un menu che voleva rispecchiare il mio percorso, Sake Boom Boom, un antipasto connubio tra due paesi diversi tra loro, questa volta Messico e Giappone: salmone marinato e tacos fatti con gel di tequila boom boom. A seguire, un raviolo carbonara giallo e nero con tuorlo fritto sopra a simboleggiare il progetto della locanda di cui parlavo prima, ma che parla anche di italianità. Per secondo, Accogliersi, il piatto a cui sono più legato, uno sgombro su purea di cannellini e cardamomo e brodo di cavolo rosso decorato con gocce di limone che avrebbe cambiato colore a sottolineare la parte femminile del piatto. Infine il dessert The glass of roof, titolo collegato al problema dell'accoglienza al lavoro, al concetto del Tetto di cristallo . Uno pensa di avanzare, ma sopra la testa ha un tetto trasparente che non si vede, e che, se sei donna, nero, gay o mussulmano, non puoi abbattere, solo chi è in una posizione di potere può romperlo. Io volevo dare ai giudici un cucchiaio con cui rompere il velo di caramello per entrare nel pre- dessert composto da gambero, melone e panna, molto interessante. A chi avresti dedicato la vittoria? A Giuseppe , lui per me è una figura fondamentale in questo percorso, siamo cresciuti tantissimo insieme, abbiamo superato momenti difficili durante il Covid quando ci siamo conosociuti. E' stata ed è tuttora per me una grande forza. Progetti futuri? A sessant’anni mi vedo in una grande tavolata con persone di diverse culture e nazionalità che arrivano da tutto il mondo, persone che vivono anche disagi personali e con storie da condividere. Mi piacerebbe poterle accogliere, oltre alla cucina vorrei avere delle camere, ieri la mia idea è stata definita una locanda, ma può avere varie forme. E’ un progetto da realizzare step by step. Oggi sono un marketing director, non ho vinto e non stravolgo la mia vita, ma sono consapevole che MasterChef è un inizio e il mio è un sogno da realizzare nel futuro. Superfluo chiedere per chi fai il tifo? Anna, lei è il mio "noi". Il nostro rapporto è veramente speciale.

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