E’ uno degli interpreti più apprezzati e richiesti degli ultimi dieci anni, e non è la sua prima volta su Sky: dopo In Treatment, 1992 e 1993, Guido Caprino torna tra noi nei panni di Fabrizio Pietromarchi, uno dei protagonisti de Il Miracolo, la serie evento di Niccolò Ammaniti che debutterà su Sky Atlantic martedì 8 maggio alle 21.15. L’abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto qualche domanda nel tentativo di scoprire qualcosa di più: leggi l’intervista - IL MIRACOLO, SCOPRI LO SPECIALE SULLA SERIE TV DI AMMANITI
Dopo In Treatment, 1992 e 1993, Guido Caprino torna su Sky. L’attore di origini siciliane, infatti, è il Primo Ministro Fabrizio Pietromarchi ne Il Miracolo, la serie evento di Niccolò Ammaniti che debutterà su Sky Atlantic martedì 8 maggio alle 21.15. L’abbiamo incontrato per intervistarlo prima della messa in onda, nel tentativo di scoprire qualcosa di più, ma in realtà la prima domanda la fa lui a me.
Mi chiede cosa penso della serie in base a quel poco che ho potuto vedere, cioè il primo episodio. Molto onestamente rispondo che ho apprezzato, che si tratta di un tipo di racconto in linea con i miei gusti. Ma che, e non è una nota di demerito, tutt’altro, siamo di fronte a qualcosa che richiede un certo grado di attenzione, di coinvolgimento attivo, sia per il modo in cui viene raccontata la storia, sia per la natura stessa della storia.
Sorride, poi annuisce, ma non proferisce parola. Promossa o bocciata? A questo punto, però, è il momento di rimettere ordine nei ruoli, così inizio con le mie domande. Anche se, mi informa, sarà difficile rispondere in modo soddisfacente senza poter fare spoiler. Ci proviamo lo stesso.
Qual è stata la sua reazione quando ha letto la sceneggiatura per la prima volta?
Anzitutto ricordo che volevo andare avanti e capire dove andava la storia, e questo è quello che penso dovrebbe succedere quando si legge un copione e quando si guarda un film o una serie. Lì capisci se sono veramente interessanti, se ti creano dentro il desiderio di andare avanti. Quando leggi una storia in genere tendi sempre a fare qualche paragone o un parallelo con qualcosa che hai già visto o letto, è automatico, e questa volta non mi è venuto in mente niente. L’ho trovato veramente originale. In quella sceneggiatura c’era una freschezza, un linguaggio diverso, anche nella struttura drammaturgica. Per esempio, il mio personaggio inizia già in un modo, con una crisi, parte già così, anche se magari non sembra. Rispetto alla struttura aristotelica classica è stata una sfida, fare vedere più conflitti senza calcare troppo la mano è difficile. E poiché a me piacciono molto le sfide ho pensato di essere nel posto giusto al momento giusto.
Sicuramente si tratta di una serie molto particolare, specialmente all’interno del panorama italiano.
Sì, ma non solo nel panorama italiano, anche in quello mondiale. Ti ripeto, se ci penso non mi vengono in mente paragoni con altre serie. Si tratta di un contenuto non nuovo di per sé ma assolutamente originale.
Le Madonne che piangono sembrano essere qualcosa di fortemente connotato con l’Italia, qualcosa di radicato nella nostra cultura.
Certo, e questa secondo me è una delle cose che rende Il Miracolo “esportabile”, proprio perché è interessante vedere qualcosa di particolare, di fuori dal comune. Le serie che funzionano sono quelle che raccontano, ognuna a modo loro, qualcosa di unico, e credo che ci troviamo di fronte a questo. Anche se, in realtà, andando a scavare si tratta di una crisi esistenziale trasversale e universale.
Di sicuro con Ammaniti avrete discusso parecchio sulla serie e sul suo personaggio: cosa vi siete detti, come vi siete approcciati al lavoro che stavate per realizzare?
Credo che in generale per un attore la cosa migliore sia far vedere, mostrare il proprio personaggio più che parlarne. Anche perché poi noi attori non siamo bravissimi a parlare, infatti facciamo gli attori per questo (ndr, sorride). Leggere la sceneggiatura è il novanta per cento del lavoro. Da dire, da dirsi, c’è poco in realtà, spesso è più una questione di gusti, di stile. Si tratta di piccole cose, di dettagli, si va a lavorare su quelli. Ho fatto alcune proposte, e poi, man mano che si andava avanti, abbiamo aggiustato il tiro dove c’era da farlo. Comunque, permettimi di dirlo, Fabrizio è stato un personaggio veramente difficile.
Lei crede nei miracoli? Intesi non necessariamente in senso religioso, ma come qualcosa di inspiegabile a livello scientifico e razionale.
Quando interpreti un personaggio, se ti proponi con un animo “infantile”, che è quello che dovrebbe spingere l’attore sempre, semplicemente fare questo ti porta già a metterti nei panni. “Come mi sarei posto di fronte a un fenomeno del genere?” mi sono chiesto, e la risposta che mi sono dato è stata: chiunque avrebbe una crisi profondissima. Poi a dire il vero per esperienza personale di miracoli non ne ho ancora visti, per cui non saprei dirti se ci credo o meno. La suggestione comunque c’è, alla fine si basa tutto anche su una suggestione di massa.
Fabrizio Pietromarchi, il suo personaggio, all’inizio cerca di mantenere un certo distacco…ma poi?
Sì, è un uomo razionale, quando lo vediamo per la prima volta è assolutamente così. Poi non mi ricordo bene cosa succede… (ndr, ride).
Come si è preparato a questo ruolo? Ha letto qualcosa di particolare, ha parlato con qualcuno esperto del tema, o altro?
Una volta quand’ero piccolo in Sicilia mi è capitato di assistere a una presunta apparizione della Madonna di Belpasso. C’era questo ragazzino che sosteneva di sentire la voce della Madonna e di vederla. C’era una massa enorme di persone, e devo dire che quando vedi quelli che ci credono è dura rimanere completamente scettico. Però quando sei piccolo sei anche più suggestionabile. Comunque negli occhi delle persone che ci credevano succedeva qualcosa, stava succedendo qualcosa. C’era un’energia enorme. L’essere umano ha la capacità di credere, e credere veramente in qualcosa è un potere enorme. Per esempio, le stigmate come si spiegano? C’è una spiegazione scientifica, o è solo suggestione? Comunque, tornando alla domanda, non mi sono documentato più di tanto, volevo sperimentare quasi in tempo reale, da zero, come il mio personaggio. Volevo essere lì, aperto a tutto.
Ci dica qualcosa di quello che vedremo, ma senza dircelo apertamente. Ci dia un indizio criptico.
Oddio…qualunque cosa rivelerebbe troppo in realtà… Mi viene da dire “Non si può credere a qualcosa di innaturale, ma inconsciamente crediamo a tutto perché tutto ci impressiona”. E questa comunque dice già troppo, quindi io non l’ho mai detta! (ndr, ride)
Progetti per l’immediato futuro?
Beh, c’è 1994, dunque tornerò nei panni di Pietro Bosco. E’ stato bellissimo interpretarlo, devo ammettere che Sky mi ha messo sempre di fronte a personaggi interessanti, conflittuali. Bosco è un personaggio che ho amato tantissimo, entrambi ci dobbiamo qualcosa. Ho dato tanto di me, e tanto era richiesto, cosa che per un attore credo sia il massimo. La possibilità di poterti trasformare in qualcuno di anche molto lontano da te, è una bellissima sfida. E comunque, Pietro Bosco lo rivedremo. Poi c’è anche un western ambientato in Italia, un film Sto per iniziare a girare, le riprese saranno tra maggio e giugno, veramente dietro l’angolo, però non posso dire nient’altro. Posso però dirvi che non vedo l’ora di cominciare, perché anche questa volta si tratta di un personaggio particolare, che spero vi sorprenderà.
Beh, lei non si annoia mai con tutti questi personaggi particolari in situazioni particolari!
No, e per fortuna!