Pluribus, il ritorno alle origini di Vince Gilligan

Da alcuni giorni, su Apple tv, sono disponibili i primi episodi di “Pluribus”, la nuova serie creata da Vince Gilligan . La protagonista, Carol, è interpretata da Rhea Seehorn, che ha lavorato precedentemente con Gilligan in “Better Call Saul”. Carol è una scrittrice. La conosciamo durante la presentazione del suo ultimo romanzo, un romance pieno di azione e pirati. Il suo pubblico è quasi esclusivamente femminile. Dopo la fine del firmacopie, Carol e la sua agente, che è anche la sua compagna, si rimettono in viaggio per tornare a casa. All’improvviso, però, succede qualcosa. Il mondo – preso nella sua totalità – si ferma. E l’unica che non sembra essere minimamente coinvolta è proprio Carol. In realtà, scopriamo abbastanza rapidamente, ci sono altre spiegazioni. La trama di "Pluribus" Con “Pluribus” Gilligan ha deciso di scrivere una storia profondamente fantascientifica, in cui l’umanità riesce a decifrare una formula che le è stata inviata da un punto imprecisato dello spazio e finisce per condividere un’unica coscienza. Questo, ovviamente, ha diversi effetti. Il primo e più immediato è la fine di ogni conflitto. Ma anche il totale annullamento delle personalità dei singoli individui. Carol, che di colpo si ritrova da sola, cerca in ogni modo di contrastare questa nuova realtà. Si rifugia nella sua casa, chiede di essere lasciata in pace e studia un piano per provare a salvare, così dice lei, la razza umana. Il ritorno alla fantascienza di Gilligan Con “Pluribus”, Gilligan ritorna alle origini. In passato, prima ancora di “Breaking Bad”, aveva lavorato come sceneggiatore a “X-Files” . E in questa serie c’è chiaramente quell’idea sottile, mai troppo palese, mai troppo insistente, di fantascienza. Il mondo di “Pluribus” è un mondo credibile, del tutto simile al nostro. Senza eccessi, senza tecnologie particolari. I peggiori nemici degli esseri umani si rivelano essere, ancora una volta, gli esseri umani stessi. Ma questo apre a una serie di riflessioni fondamentali. Meglio essere liberi o al sicuro? Meglio conservare la propria coscienza oppure garantire la sopravvivenza della specie? Ma poi, dati determinati presupposti, che cosa significa “sopravvivenza della specie”? Una produzione enorme Nonostante le premesse relativamente semplici della trama, “Pluribus” è una produzione enorme, piena di comparse, di location, di trovate narrativamente impegnative . La storia si svolge prevalentemente ad Albuquerque, la stessa città di “Breaking Bad” e di “Better Call Saul”. Rhea Seehorn è il centro del racconto. Il suo personaggio, Carol, è l’unico che ha reazioni genuine. E quindi si crea una sorta di contrapposizione costante tra lei, presa come singolo, e il resto degli attori che si muovono, e parlano e agiscono, come un unico personaggio. Il che richiede una cura nella gestione delle comparse e del cast davvero incredibile. Rhea Seehorn protagonista assoluta Ci sono alcune sequenze costruite intorno a delle vere e proprie coreografie, con passi, gesti e movimenti coordinati al millimetro. L’effetto finale è veramente incredibile. E non è un caso se diverse scene sono ambientate in casa, con la sola Carol o al massimo in compagnia di un altro personaggio: in questo modo è più facile gestire i costi e non sovraccaricare inutilmente il racconto. Seehorn, e lo dicevamo prima, è l’assoluta protagonista di “Pluribus”. Anche quando non parla e non fa niente di particolare, riesce a catturare su di sé l’attenzione dello spettatore e ad avvolgere il suo personaggio – questa donna insoddisfatta della vita, caustica, a tratti addirittura fastidiosa – con un ulteriore strato di significati e spunti. Una riflessione sulla società “Pluribus” è una riflessione sulla nostra società, sulla violenza, sulla libertà. Soprattutto è una riflessione sul nostro rapporto con il potere e con l’altro, su ciò che siamo disposti a fare per conservare noi stessi e la nostra quotidianità. Volendo azzardare, “Pluribus” offre anche una riflessione sullo scontro sempre più imminente tra artisti e intelligenza artificiale: da una parte l’importanza dell’esperienza della creazione; dall’altra, invece, una semplice elaborazione di dati raccolti da altri e poi messi insieme in un risultato completamente nuovo . Come in “Breaking Bad” e “Better Call Saul”, anche qui tornano i lunghi prologhi immersi nel silenzio, che non si limitano a fare da apertura ai singoli episodi ma che servono addirittura a impostare quello che sarà il tono del racconto. È un’opera incredibilmente ambiziosa, “Pluribus”. Su questo non ci sono dubbi. Apple tv l’ha già rinnovata per una seconda stagione, e nelle intenzioni di Gilligan c’è quella di andare avanti almeno per quattro stagioni. Proprio perché, nonostante le premesse apparentemente semplici, “Pluribus” rimane complesso e ricco di spunti narrativi e critici. Sia per riflettere su di noi, come società, sia poi per riflettere su quello che stiamo diventando come individui.

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Pluribus, il ritorno alle origini di Vince Gilligan

Gianmaria Tammaro