Yossarian tenta di sopravvivere al sempre più alto numero di missioni, ma fingersi malato servirà solo a fargli guardagnare qualche ora, niente di più. Maggiore Maggiore viene promosso al grado di Maggiore da Catchcart, che si ritrova anche in combutta col furbo Milo. L'aereo di Clevinger non fa ritorno da una missione: leggi la recensione del secondo episodio di Catch-22.
Catch-22, episodio 2: la trama
Il secondo episodio di Catch-22 si apre con l'assurda promozione di Maggiore Maggiore, che, per l'appunto, viene promosso da Catchcart a...Maggiore! In realtà la promozione non è frutto di qualche particolare merito del soldato, bensì di un fraintendimento. Ad ogni modo, in vista di un incontro tra alti ufficiali, incontro in cui si discuterà delle prossime mosse strategiche e dei prossimi obiettivi, il colonnello, su suggerimento di Korn, decide di promuovere il ragazzo, anzitutto per non fare la figura del cretino davanti ai suoi pari, e poi perché un giovane Maggiore riconoscente è pur sempre utile.
Peccato che il povero neo comandante di squadrone non abbia la più pallida idea di cosa debba fare: nessuno gli ha spiegato niente! Il Maggiore Maggiore Maggiore dice chiaramente al suo assistente di non avere nessuna intenzione di vedere nessuno: il suo unico desiderio è quello di restare chiuso, da solo, nel suo nuovo ufficio.
Anche Milo Minderbinder è stato promosso: la nomina a nuovo responsabile del rancio sarà sicuramente un'occasione per allargare la sua rete e i suoi commerci. Si inizia con un camion pieno di angurie, ma chissà dove si arriverà?
Nuovo giorno, nuova missione: prima della partenza, il Cappellano Tappman fa un discorso che parla del non avere paura della morte, ma Catchcart lo riprende e gli "suggerisce" di parlare di cose meno angoscianti. Non sia mai che a qualche aviatore passi la voglia di rischiare la pelle! Mentre sentiamo le parole del sacerdote, vediamo Yossarian e compagni in volo sopra Roma. Tornati alla base, devono subirsi una decisamente poco piacevole lavata di capo del colonnello, insoddisfatto perché non ci sono stati abbastanza bum bum bum! Bambini cattivi! Peccato che stia guardando una foto dall'alto del Vaticano, territorio neutro. Allora bravi bambini! Come riconoscimento, più missioni per tutti!
Disperato, Yossarian arriva a rivolgersi a Maggiore: forse lui potrà aiutarlo in qualche modo. In qualsiasi modo, basta che non debba più salire su un maledetto bombardiere! Una lettura veloce al "manuale dell'ufficiale di alto livello", e poi tutto dovrebbe essere più chiaro. Intanto, è meglio farsi ricoverare qualche giorno, per guadagnare tempo. L'infermiera Duckett alla fine cede, ma per YoYo non c'è pace: nella stanza c'è un commilitone texano che non sta zitto un secondo!
Mentre a Roma il Maggiore de Coverley requisisce un palazzo per farne la base d'appoggio dei suoi soldati, al campo base Catchcart blocca un camion carico di...pomodori? Ovviamente si tratta di Milo, che, con la sua parlantina, riesce a farsi amico anche il burbero colonnello. I suoi commerci sono salvi.
Esasperato dal parlatore, Yossarian finisce per fare a pugni con lui. Poiché è miracolosamente guarito, viene immediatamente spedito a Roma. Successivamente siamo nella casa chiusa gestita dal vecchio volpone Marcello. Nately, che dentro è un romanticono, confessa a YoYo il suo amore per la bellissima e dolcissima prostituta Clara, amore che, a quanto pare è ricambiato.
Marcello è convinto che l'America perderà la guerra e che a vincere sarà l'Italia, ma Clevinger gli ricorda che l'America è il paese più forte e prosperoso al mondo e che i suoi combattenti non sono secondi a nessuno, prova ne è il fatto che i tedeschi se la stanno dando a gambe levate. L'italiano ribatte che, al contrario, l'Italia è il paese meno forte e prosperoso al mondo e che i suoi combattenti sono secondi a chiunque, ed è per questo motivo che i concetti di perdita e vittoria sono paradossalmente ribaltati in questa situazione.
Mentre a Nately, rimasto senza soldi, vengono regalate da Marcello due ore con Clara, Yossarian, fuori dal palazzo, si lascia convincere dalla giovanissima Ines a comprare una lente d'ingrandimento alla modica cifra di cinque dollari. La bambina è chiaramente orfana, e per sopravvivere si è messa a vendere oggetti e sigarette in strada.
Tornato alla base, YoYo scopre da Milo che Catchcart ha nuovamente aumentato il numero delle missioni: ora sono 40! Yossarian e Clevinger hanno un acceso scambio di opinioni in merito: il primo è furioso - non è possibile continuare a rischiare la vita per eseguire gli ordini di quei folli dei comandanti! -, mentre il secondo si fida ciecamente dei suoi superiori, ed è convinto le loro missioni siano importantissime, perché col loro coraggio stanno aiutando i colleghi che invece combattono a terra, i "ragazzi che stanno laggiù." Ma Yossarian resta della sua idea, anche perché "per chi è morto non ha nessun importanza chi ha vinto la guerra."
In spiaggia, prima di tuffarsi in acqua YoYo ripensa alla bella Marion. Poi si torna a volare. Sganciate le consuete bombe, è tempo di tornare al sicuro, ma c'è qualcosa di strano: l'aereo su cui vola Clevinger non risponde. Non c'è più nessun contatto radio. L'episodio si chiude sul volto di Yossarian che corre e con in voice over la voce di Catchcart che ricorda che "alcuni di voi non torneranno, è un dato statistico, ma se qualcuno di voi dovesse effettivamente trovarsi dal lato sbagliato delle statistiche, sappiate che il vostro sacrificio non sarà vano." Incoraggiante...più o meno! Ad ogni modo, è tempo di spostarsi a nord, verso Bologna...e lì il nemico è ancora ben presente sul territorio!
Catch-22, episodio 2: la recensione
Dopo un primo episodio chiaramente introduttivo, Catch-22 entra nel vivo. Yossarian, il protagonista, il sano di mente che sarebbe disposto a farsi passare per pazzo pur di non tornare a combattere, è ovviamente il punto di vista dello spettatore ideale, e in questo caso parliamo chiaramente di qualcuno che, dentro di sé, è un antimilitarista convinto: non importa per quale motivo si vada in guerra, perché la guerra non ha mai senso.
Detto ciò, vedere la serie solo attraverso gli occhi di YoYo sarebbe riduttivo, anche perché, altrimenti, non si riuscirebbe a cogliere e a godere del tutto dell'assurdità generale della situazione e di certi personaggi che visti così possono sembrare esagerati, ma che poi, alla fine, sono incredibilmente precisi nel restituire una realtà che ultimamente è riuscita ad andare ben al di là della fantasia di scrittori e sceneggiatori. Purtroppo.
Come non rimanere colpiti dal colonnello Catchcart e dal Maggiore de Coverley? Tutti noi, prima o poi, ci siamo trovati di fronte a due individui del genere, individui che veramente non possono non far pensare all'idiozia del genere umano e alla completa mancanza di logica in certe situazioni e in certi contesti.
I personaggi di Catch-22, dal primo all'ultimo, non sono altro che incarnazioni di tipologie umane: il capo incapace sempre arrabbiato e vittima di un evidente complesso di inferiorità che, nel tentativo di fare bella figura con i suoi pari e con i suoi superiori, carica di lavoro i propri sottoposti e non dà mai loro un momento di tregua; il cretino di turno che, per un puro caso del destino, riceve una promozione, ovviamente non meritata; il patriottico (l'aziendalista) duro e puro che non mette mai in discussione le assurde scelte dei capi; il "trafficone", quello che, grazie alla sua parlantina, riesce sempre a cavarsela, e a cavarsela sempre meglio degli altri; il sempliciotto che non si rende conto di cosa succede intorno a lui perché pensa solo all'amore e alle gioie della vita; il cinico e disilluso, che vede perfettamente gli ingranaggi stritolanti della macchina per cui lavora e che, nonostante i suoi sforzi, non riesce a evitare di finire stritolato, peraltro per colpa degli ordini dei suddetti capi incapaci.
Giannini è Marcello, il proprietario del bordello dove sono soliti andare i soldati, e, anche lui, incarna una tipologia umana, quella dell'italiano furbo che, in un modo o nell'altro, se la cava sempre. Molto illuminante la scena in cui spiega a Clevinger e agli altri perché, alla fine, l'Italia e gli italiani in un qualche modo ne usciranno in piedi. Un ragionamento che, nei suoi nodi chiave, è assolutamente applicabile anche oggi, dopo svariati decenni...