Fuori da Scampia, fuori dall'Italia, fino in Bulgaria, in Honduras, ovunque: non c'è infatti posto in cui il male non possa insidiarsi, e non c'è consolazione possibile. Ma, come già sostenuto in passato, Roberto Saviano continua a essere convinto della necessità di raccontare il male. In attesa del 17 novembre, data del debutto di Gomorra 3, ecco le note che lo scrittore ha scritto per il pressbook ufficiale della serie: continua a leggere e scopri di più
Note di Roberto Saviano dal pressbook ufficiale della terza stagione di Gomorra - La serie
Quando ho iniziato a lavorare a Gomorra - La serie l’idea, che mai mi ha abbandonato, era di contribuire a rendere una visione fedele della realtà. Ogni personaggio in sé racchiude molti percorsi, molte storie; ogni personaggio è funzionale e serve a spiegare dinamiche. Nulla di ciò che accade in Gomorra - La serie accade per caso, tutto ha una diretta corrispondenza con la realtà e ha lo scopo preciso di descrivere un mondo che spesso viene raccontato solo incidentalmente, in maniera laterale, come turbamento dell’ordine.
La nostra idea, invece, era un capovolgimento di prospettiva, l’evocazione del perturbante, di ciò che hai sempre avuto davanti agli occhi, ma che non avevi mai davvero osservato da quella prospettiva, da quella vicinanza. L’ombra su cui finalmente si fa luce, una luce a giorno. Questo è stato il mio apporto costante a Gomorra - La serie: offrire agli spettatori un gancio continuo con la realtà, con la criminalità organizzata della terra in cui sono nato e cresciuto, ma anche con quelle di periferie e centri lontani, di cui ci arrivano echi, di cui si sa poco ma che condizionano le nostre vite.
La terza stagione di Gomorra è uscita da Scampia, è uscita anche da Napoli, ha lasciato l’Italia di nuovo (dopo l’Honduras e la Germania della strage di Duisburg) per approdare in Bulgaria, nella periferia occidentale di Sofia, a Lyulin: la Scampia di Sofia. Lyulin è un quartiere costruito a partire dagli anni Settanta, un quartiere ghetto che ospita più di 100mila persone. Quello che volevamo mostrare è come le periferie del mondo si somiglino tutte, come le periferie del mondo abbiano un muscolo comune che pompa sangue e denaro, un cuore che batte all’unisono, e quel cuore è un cuore criminale, è un cuore immortale. E in questo racconto non c’è spazio per il bene, per la la dicotomia classica tra bene e male. Le forze dell’ordine, la società civile non sono altro che interferenze nel complesso di azioni militari e imprenditoriali del Risiko criminale che abbiamo messo in scena. Non c’è possibilità di ricomporre il caos, si può solo raggiungere un caos ancora maggiore.
E non c’è consolazione possibile. Non troverete in Gomorra-La serie il poliziotto ossessionato dal boss latitante e che ha giurato di trovarlo, fosse l’ultima cosa che fa nella vita. Non troverete l’assistente sociale che sacrifica tutto per interrompere percorsi criminali. E non li troverete non perché non esistano, ma perché lo spettatore finirebbe per immedesimarsi in loro, per provare empatia solo per loro, dimenticando il resto. Basterebbe un attimo. E invece Gomorra-La serie dà a chi la guarda uno specchio e pone domande. Cosa vedete in quello specchio? Vi riconoscete? Anche voi desiderate potere, denaro, donne, uomini? E cosa fare per ottenere ciò che volete? Quali regole infrangete? E se la realtà che racconta Gomorra - La serie è vera, cosa puoi fare tu per cambiarla? Proprio tu e non il poliziotto ossessionato dal boss latitante o l’assistente sociale che interrompe percorsi criminali.
Roberto Saviano
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