Matematico, cantautore e provocatore, ha lasciato un’eredità fatta di ironia, intelligenza e canzoni che ancora pungono. Aveva 97 anni
Tom Lehrer non era solo un musicista. Era una mente brillante che sapeva ridere del mondo mentre lo analizzava con la precisione di un matematico. È morto sabato scorso, nella sua casa di Cambridge, vicino a Boston. Aveva 97 anni. La notizia è stata confermata al New York Times dall’amico David Herder. Lehrer ha attraversato il Novecento con una voce fuori dal coro, capace di trasformare il pianoforte in uno strumento di satira sociale. Negli anni ’50 e ’60, mentre l’America si prendeva molto sul serio, lui scriveva canzoni che facevano ridere — e pensare.
Un talento precoce e una lingua affilata
Nato a New York il 9 aprile 1928, da una famiglia di ebrei laici, Lehrer era un bambino prodigio. A 15 anni entrò ad Harvard, dove si laureò in matematica con lode. Insegnò in alcune delle università più prestigiose degli Stati Uniti — MIT, Harvard, Wellesley, UC Santa Cruz — ma il suo vero palco era il mondo. Le sue canzoni, spesso accompagnate da melodie ispirate ai musical di Broadway, erano piccoli capolavori di ironia. Parlava di inquinamento, armi nucleari, omicidi, piccioni e conflitti coniugali con una leggerezza che graffiava. “Poisoning Pigeons in the Park” racconta di una coppia che si diverte a spargere stricnina tra i volatili: “Ne basta un pizzico!”. In “Pollution”, Lehrer canta: “Puoi usare l’ultimo dentifricio alla moda e poi sciacquarti la bocca con i rifiuti industriali”. Il suo umorismo era caustico, ma mai gratuito.
Un’eredità che parla ancora
Lehrer aveva smesso di esibirsi da decenni, ma la sua voce non ha mai smesso di risuonare. Tra i suoi ammiratori più convinti c’è Daniel Radcliffe, l’attore di Harry Potter, che lo ha definito “l’uomo più intelligente e divertente del XX secolo” e “una specie di mio eroe”. Lehrer non ha mai cercato il successo commerciale. Ha preferito restare ai margini, libero di dire ciò che pensava, senza compromessi. E forse è proprio questa la sua lezione più grande: si può essere brillanti, divertenti e profondamente critici, senza mai perdere la grazia.