Testi sessisti nella trap, la linguista Vera Gheno: "La censura? Non è una soluzione"

La musica può cambiare le cose? È uno strumento fondamentale per raccontare la realtà, anche quando è scomoda e brutale, o necessita di filtri per non lanciare messaggi scorretti e promuovere modelli negativi? Il dibattito è acceso, soprattutto per quanto riguarda la trap. Nei giorni scorsi la Fondazione Giulia Cecchettin ha chiamato a raccolta il mondo della musica per dire basta ai testi sessisti, misogini e violenti. Con una lettera aperta Gino Cecchettin - papà di Giulia, vittima di femminicidio - si è rivolto agli artisti e alle case discografiche proponendo due vademecum per un linguaggio più consapevole nei testi e nelle produzioni musicali. Per ribadire che la musica può anche rafforzare stereotipi di genere, normalizzare comportamenti tossici e alimentare una cultura della sopraffazione. "Le parole che scegli, e i messaggi che trasmetti arrivano a migliaia di giovani, e lasciano tracce”, è il messaggio di Cecchettin. Da uno studio di Libreriamo del 2023, realizzato attraverso l’analisi di quasi 500 testi di rapper e trapper, è emerso come i temi più presenti nelle canzoni studiate siano la violenza , la disparità di genere , e il consumo di droghe . E come, in 6 casi su 10, quegli stessi testi contengano espressioni violente nei confronti delle donne. Se questi numeri ci restituiscono un quadro reale, la domanda resta aperta: censurare quei testi o ripulirli è una via da percorrere? Non secondo Vera Gheno, sociolinguista e divulgatrice che ha collaborato per 20 anni con l'Accademia della Crusca e il valore delle parole lo conosce bene. “Penso che sia un luogo comune quello di usare la fallacia della china pericolosa”, dice a Sky TG24. “Se una persona guarda, ascolta e legge contenuti violenti, sessisti e razzisti non diventa necessariamente violento, sessista e razzista”. Lei da adolescente ascoltava testi violenti? Assolutamente sì. Parlo prima di tutto da ex adolescente che ha ascoltato il punk, il death metal e ascolta ancora musiche dai testi violenti. Il mio gruppo preferito sono i Nine Inch Nails, per farle capire. Non proprio dei testi inclusivi. Ero anche una gamer e giocavo ai giochi di ruolo: ho quindi sparato e menato – per finta - per anni. Ciò nonostante non sono una persona violenta, e non mai ho assunto comportamenti socialmente inaccettabili traendo ispirazione da questo bacino di prodotti. La trap è arte? La trap può piacere o non piacere, come a molti negli Anni ’80 e ‘90 non piacevano il punk o il metal, ma è un tipo di espressione musicale. E penso che tutta l’arte, anche quella che non capiamo come per esempio gli animali sotto spirito di Damien Hirst, sia comunque arte. E in quanto tale dovrebbe essere libera di rappresentare il sublime ma anche il peggio. Attraverso l’arte, con espressioni violente, si può voler esprimere un disagio? Certamente. L’arte è anche una forma di sfogo, magari scrivi un testo violento ma non sei violento. Hai solo espresso il tuo disagio attraverso quella canzone. E la musica ha sempre avuto questa funzione, soprattutto tra le giovani generazioni. Penso a Skin, ex leader degli Skunk Anansie: è una donna e quindi fa meno impressione ma cantava “distruggiamo tutto”. Eppure non ha mai dato fuoco alle auto. Quindi testi sessisti e violenti nel rap o nella trap non rappresentano contenuti problematici secondo lei. Questo tipo di contenuti può sicuramente diventare problematico laddove non c’è varietà. Seguire una dieta mediatica molto uniforme non fa certo bene alla psiche: è come se si mangiassero sempre patatine del fast food. Quindi più che censurare prodotti artistici che di per sé sembrano diseducativi, credo si dovrebbe lavorare sulle possibilità di chi si nutre solo di un certo tipo di musica, per allargare l’orizzonte. Promuovere quindi una cultura più varia nei contesti disagiati o fragili dal punto di vista culturale. E insegnare a filtrare: far capire che un’espressione artistica non deve essere traslata pari pari nella realtà. Ripulire i testi sessisti o suggerire di smettere di produrli non è quindi una soluzione? Secondo me no, ci sono testi che per definizione sono sporchi e disturbanti. Se togliamo delle fette di violenza alla trap, non è più trap: diventa qualcos’altro. Può esistere una trap pulita? Probabilmente sì, ma non può essere l’unico tipo di trap esistente. Una possibilità sta nella moltiplicazione delle varietà. Cosa pensa della proposta di Gino Cecchettin, i due vademecum per artisti e discografici? Vorrei che potesse essere letta come un suggerimento per variare, non come una censura. Trovo che l’appello di Gino abbia senso a condizione che voglia dire: “Ragazzi, immaginatevi anche altri orizzonti, altre forme di trap”. È possibile? Secondo me sì. Ma c'è un altro punto importante. Mi dica. A me fa più impressione quando il sessismo è mascherato, nascosto. Per esempio anche nelle canzoni pop c’è tanto sessismo - persino nella Canzone del sole di Lucio Battisti - però quello non viene mai bollato come sessismo. In realtà abbiamo un repertorio di centinaia e centinaia di canzoni nelle quali si celebra la ragazza pudica, mai troppo esplicita… L'altra faccia del sessismo? Sì, è un sessismo che potremmo chiamare “benevolo” perché è meno agito e meno esplicito. E penso che sia invece più diseducativo, perché esiste e agisce anche se non ce ne accorgiamo. Quando all’università faccio lezione su questi temi parlo della differenza tra il dare della “puttana” a una donna e assumere che sia una principessa. La principessa è un soggetto solitamente passivo, che aspetta che arrivi il principe azzurro per liberarla. E ammetto di essere quasi più infastidita da questo tipo di canzoni: quelle in cui resiste il mito della principessa da salvare. Tornando al sessismo manifesto e alla violenza che abita molti testi: che ruolo hanno i genitori in tutto questo? Io sono genitrice di una 17enne che si è nutrita del peggio dei film horror violenti poi ogni tanto si spaventa e non vuole dormire da sola. Come genitori penso che ci dobbiamo essere, molto spesso noto che i padri e le madri sono molto occupati e non hanno grande idea del mondo mentale e culturale dei propri ragazzi. Si spaventano invece solo con i grandi scandali: se scoppia la Blue Whale allora dobbiamo chiudere i social, se c’è la polemica su Tony Effe allora tutta la trap fa schifo… Come si può compiere un passo in più, da genitore? Penso che dovremmo soffermarci un po’ di più sull’ascolto dei nostri figli e figlie. Quali sono i loro riferimenti culturali? Credo che molte persone non lo sappiano, perché magari non l’hanno mai chiesto. Sarebbe importante fare loro domande come: perché ti piace questo trapper? Cosa trovi in lui? Insomma, cercare di instaurare un dialogo intergenerazionale. Anche se è la cosa più difficile del mondo.

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Giulia Mengolini