Collettivo Migrado, uno spettacolo che è la storia di un viaggio, quello dell'umanità

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

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A debuttato a Reggio Emilia il progetto Io non c'ero ma ero lì. Sedici canzoni, una graphic novel e immagini sullo sfondo del palco per ricordare che per ogni persona che si salva ce ne sono molte che si sono perse in fondo al mare. LA RECENSIONE

Umanità e umanesimo. Rabbia e speranza. Ha debuttato sul palco del Teatro dell'Orologio di Reggio Emilia il progetto Io non c’ero ma ero lì costruito dal Collettivo Migrado, costola dei Modena City Ramblers con Davide “Dudu” Morandi e Massimo “Ice” Ghiacci e dei calabresi Nuju con Fabrizio Cariati e Marco V. Ambrosi. Sedici canzoni che narrano del viaggio che, da che l’uomo è sulla terra, lo identifica nella sua ricerca di salvezza e prosperità. Perché ogni storia possa continuare a essere narrata, per non dimenticare le tragedie delle migrazioni. La musica è accompagnata da video, tanto didascalici quanto chirurgici nel toccare le coscienze, e da una graphic novel del fumettista Lorenzo Menini (Compagnia Editoriale Aliberti). Completa la formazione il fonico e produttore Gabriele Riccioni.

Il racconto per immagini, suoni e parole che avvolge il bacino del Mediterraneo è ritmato da quattro venti, Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco e soffiano con la consapevolezza che per ogni migrante che ce l'ha fatta e si salva ha dietro di sé i fantasmi di chi non ce l'ha fatta. Gli uomini inventano storie dall'epoca di Noè e dei Sumeri che si sono travasate in Io Non c'ero ma Ero lì dove il diavolo combatte con Dio e il campo di battaglia è il cuore dell’uomo. Canzone dopo canzone il viaggio dei migranti procede accompagnato da una inquietante domanda: la strada è sconfinata ma dove è il mare? Il video mostra figure umane miniscole come formiche "anime morte ma corpi ancora vivi". Non si cita l'Olocausto ma si sottolinea che chi insegue la speranza trova in Libia aree come campi concentramento: la gente vuole partire e i trafficanti di uomini, una volta che hanno ricevuto i soldi, se ne fregano della gente che viene abbandonata nelle mani di Dio e dello scafista per intraprendere un viaggio "uniti in fondo alla nave tra odore di gasolio e di paura". Si evocano tanti naufragi senza più un nome né un volto: "si è aperta la bocca del Leviatano" che inghiotte i nostri fratelli e sorelle che si perdono nel mare e lasciamo che tutto ciò accada. Chi c’è l’ha fatta porta il peso del viaggio sotto le suole e tra centinaia di anni sul fondo del mare qualcuno troverà centinaia di navi e migliaia di corpi. L’umanità va salvata perché possa affidare alla memoria "tutte le storie dei migranti che sono scappati dalla storia per incontrare la vita! Per salvare l’umanità bisogna farsi viaggiatori sedersi intorno a un fuoco e ascoltare storie". Spero che sia la prima di infinite repliche. Perché il progetto del Collettivo Migrado può mutare, e in meglio, l'esistenza di tutti.

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