Un film d'autore su Roma e le composizioni di Respighi dedicate alla Città eterna hanno inaugurato la stagione sinfonica 2023-24 dall'Accademia nazionale di Santa Cecilia.
Un cowboy e il suo cavallo si aggirano come in un sogno in un luogo metafisico, che accosta con la fantasia del cinema luoghi monumentali di Roma antica. È un cowboy che viene da Cinecittà, dove forse è stato personaggio di un western.
Cinecittà, la fabbrica dei sogni, con le sue scene di cartapesta, le star e i figuranti, le maestranze e i registi, è al centro del film “Roma”, che Yuri Ancarani ha realizzato montando immagini storiche e girandone nuove, per il 12 ottobre, inaugurazione fuori dall’ordinario della stagione dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia al Parco della Musica Ennio Morricone.
Musica da vedere: mentre il film veniva proiettato l’orchestra eseguiva in sincronia pressoché perfetta con i cambi di inquadrature le musiche di Respighi dedicate alla Città eterna: “Pini di Roma”, “Fontane di Roma” e “Feste Romane”. Come interludi fra i tre celebri pezzi, due composizioni per coro di Franz Liszt: “O Roma nobilis” e “Dall’alma Roma”.
Tutto è stato eseguito con trasporto e colore vivissimo da orchestra e coro dell’Accademia sotto la direzione dell’ungherese Iván Fischer. Gli applausi per loro sono stati molto forti da parte del pubblico, che invece si è diviso nell’apprezzamento per la parte visiva dello spettacolo. Forse l’idea artistica del film è risultata fin troppo dominante rispetto alla libertà di immaginare che appartiene a ciascun ascoltatore. Come lo stesso programma di sala ricorda a proposito dei “Pini di Roma”, l’intento di Respighi è di “usare la natura come punto di partenza, per rievocare memorie e visioni”. La suggestione che il film di Ancarani trasmette è una chiave di interpretazione netta, appartenente allo stesso autore, che ha detto di aver voluto realizzare un lavoro insolito che richiamasse il “leggendario” di Roma.
Se uniamo questo al fatto che l’attenzione degli spettatori era istintivamente diretta verso il brillante schermo e che le luci erano necessariamente basse, mettendo in ombra il consueto e caro panorama di musicisti all’opera, è comprensibile che nel pubblico non tutti abbiano avvertito armonia tra quanto si vedeva e quanto si ascoltava.