Samuspina: "Bisogna essere se stessi e non come ti vogliono gli altri"
MusicaDopo aver esordito con il singolo "Come si Fa" e averci introdotto nel suo universo con "Cercavo Te", Samuele ci invita a prendere gli occhiali da sole e andare in riviera, ma solo "Se ti Va". L'INTERVISTA
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Beat morbidi ma frastagliati, reminiscenze wonky e un ritornello tutto da canticchiare: Se ti Va è lo splendido esercizio di sincerità emotiva di Samuspina. Un inno all’estate di un ventenne in bilico tra cielo e mare, e in cui c’è spazio per tutto: volare, cadere, rialzarsi e ripartire, tra speranze incerte e desideri certissimi. Una ragazza che si allontana come una nave all’orizzonte, la città che si fa stretta, le notti lunghissime alla ricerca di qualcosa che sembra sempre così misteriosamente inafferrabile. Se ti Va è un invito ad ascoltare il richiamo del mare e delle stelle, lasciare tutto e sfrecciare in riviera "sotto il sole senza metterci la crema".
Samuele partiamo dalla fine, da Se Ti Va: quando è nata e perché sei particolarmente legato a questa canzone?
È il terzo singolo del nuovo progetto e ci sono legato perché è molto estivo anche come immagini, a partire dal ritornello che spinge verso mondi spensierati. Dentro c’è anche la storia di due persone che si spera possano non dividersi mai. Sai l'estate porta spesso a incontri che finiscono con le vacanze e qui il sogno è che non sia così.
La sensazione è che molte tue canzoni partano da una fuga mentale per poi tornare sulla terra sotto forma di canzone: è così? I pensieri sono nell’aria e vanno catturati?
Assolutamente sì, sono uno che è molto pensoso da sempre. Cerco di racchiudere nel cellulare e sui fogli ogni sputo che poi catturo in un concept e quindi lo sviluppo per cantarlo.
Se ti va è una iniezione di spensieratezza per una generazione che soffre di FOMO: quando e come la musica può alleviare l’ansia?
In tutti i momenti della giornata. La musica è il backgroud, il contorno di tutta la nostra vita indipendentemente dal mood quotidiano. L’ansia si fa sentire anche se in maniera lieve. A me la musica aiuta da sempre e tantissimo.
“Io che vorrei essere forte, urlo per chi non ha voce”: sembra quasi un messaggio generazionale… Io ci sono e non mi nascondo, fatelo anche voi. Giusto?
Si può e si deve dare spazio a una generazione che a volte ha idee e pensieri che non riesce a espirmere. Io credo che urlare opinioni e visioni farebbe bene.
“Sono cattivo maestro ma metterò la testa a posto”: sembra soprattutto un bisogno di identità, una ricerca di se stesso a prescindere dalle opinioni altrui. È così?
Più che una frase cattiva è una riflessione su come vieni visto rispetto alle altre persone. Tendi a essere un po’ come le persone ti idealizzano, la forza della frase sta nell'invito a essere me stesso e non come voglioni gli altri.
Esiste ancora il vecchio motorino?
Sì ed è una delle immagini più interessanti della canzone. Può essere una immagine ampia, ti passo a prendere vale anche se il mezzo è un aereo, un treno o l'auto: i due caschi rappresentano i due biglietti per evadere altrove.
Il primo minuto di Come si fa è un ritratto di quello che per la maggior parte delle famiglie italiane è normalità. Eppure ti chiedi come si fa a essere normale: cosa è per te la normalità?
Secondo me è tutto ciò che non deve essere schematico. Posso andare anche fuori dagli schemi, in un mondo tutto uguale dopo un po’ non dico che mi salgono le ansie ma non ci vivo bene. Non sostengo che sia un mondo sbagliato ma mi chiedo perché talvolta non posso andare fuori dagli schemi.
Ti senti parte di una generazione che può conquistare il mondo o che rischia di vedere i suoi desideri schiacciati dalle pesanti eredità delle generazioni precedenti?
La mia generazione può avere tanto futuro, dipende dalla testa della persone. Io ho coetanei che hanno un testa che invidio e dai quali cerco di apprendere tanto, non riesco a circondarmi di persone che hanno poca voglia di fare e hanno poca fame di vita. So che siamo diversi rispetto ai ventenni del passato ma non conosco la situazione di chi ha avuto vent'anni in generazioni precedenti. Noi ci siamo e anche tanto, basti pensare all’impegno per l'ambiente. Poi, come in tutte le generazioni, c'è chi ha più maturità e chi meno.
Cosa resta di Danny Trexin? Quando pensi a lui lo guardi con nostalgia o è solo un capitolo chiuso?
Un capitolo chiuso no perché il background musicale, dall’ispirazione alla produzione fino al deejaying arriva da lì. Un po’ di nostalgia c’è ma questo è un passo in più, è un esprimersi in italiano su basi strumentali e produzioni mie.
In Come si fa canti “Io che ho scelto di saper le strade/ma sentirmi un po’ perso”: oggi possiamo dire che ti senti un po’ meno perso?
Direi di sì, soprattutto negli ultimi due anni credo di essere un po’ maturato nella vita sociale, lavorativa e musicale. Poi capire le proprie strade non è semplice, ma niente è semplice in generale nella vita. Però si può maturare.
Che accadrà in estate?
Aprirò tre date di Tananai a Collegno, Milano e Roma. Poi continuo ad animare tante feste; c'è il mio piccolo evento e Milano che sarà spensierato e felice, e va avanti la promozione. I concerti nei club sono l’obiettivo autunnale.