Parrelle, racconta la sua strada nella poetica epoitenevai: il video

Musica

Il claim della musica di questo giovane artista è che le cose belle non vanno tenute nascoste ma condivise

L'ARTISTA PRESENTA IL VIDEO CON UN SUO TESTO ORIGINALE

Via Parrella è la strada dove abito da sempre, sin da quando facevo fatica a

mantenere la chitarra di mio padre, perché era persino più grande di me. E’ in questa strada, che ogni giorno si sveglia sotto lo sguardo severo e agrodolce del Vesuvio, che ho iniziato a scrivere, a muovere le mie piccole dita su di un manico, a realizzare che se un sogno riesce a toglierti il fiato, ti fa tremare le gambe e poi il cuore, magari è quello giusto. Volevo esserle riconoscente, e così ho deciso di portarla sempre con me nel mio nome d’arte: si, lo so, il nome della strada è al singolare, ma la meraviglia

intrinseca del dialetto napoletano, con gli anni ha trasformato il nome “Parrella” in

“Parrelle”.
Ed eccomi qua.
Ovunque sarò, e ovunque poggerò le mie suole, con questo nome non dovrò mai

dimenticare da dove sono partito.
 

Mi è sempre piaciuto paragonare la mia musica ad un’esperienza sensoriale: sono

un nostalgico di professione e malinconico d’adozione; amo i dettagli, le mille e più

sfaccettature di una storia, e amo ancora di più poterli inserire dentro una mia

canzone. La mia prima pubblicazione risale al 2019, si chiamava “Ti sei vista?”, ed è stato il mio modo per dire al mondo della musica che da lì in avanti, in un piccolo angolo, ci sarei stato anche io. La realtà è che non ho mai amato la geometria, ma ho capito molto presto che rimanere in un angolo non faceva per me, per le mie aspirazioni più grandi del cammino di Santiago. Ho conosciuto così Eros Pancrazi e tutta la Luppolo Dischi, e abbiamo iniziato a piantare girasoli lungo la strada insieme.

Si, amo le metafore, ma credo si sia capito insomma.
 

Mi definiscono “indie”, ma a me non piace stereotiparmi: quando cresci con i vinili di

Pino Daniele, di Dalle e De Gregori, ti innamori delle parole e del loro incredibile potere attrattivo. Ecco perché nelle mie canzoni cerco di averne sempre cura, di rispettarle e

annaffiarle: ascoltare “dalle22alle5” o “betadine” sino all’ultima arrivata "epoitenevai”, è come immergersi in un flusso di immagini, è sdoganare una volta per tutte quella storia che i ricordi fanno soltanto mancare l’aria. Scrivere una canzone è un profondo atto d’amore verso sé stessi: le canzoni non puoi tirarle fuori su comando o su richiesta, perché metabolizzare un’emozione è un processo che richiede tempo, pazienza e coraggio. Nel corso di questi anni ho sperimentato molto, ho cercato di navigare in sound diversi, anche grazie all’aiuto del mio fido scudiero Simone Sproccati, che ricama e rifinisce le mie produzioni: ed è stato proprio su quest’asse Napoli-Milano che sento di aver maturato una consapevolezza diversa. Mi sono messo in gioco, ho rimescolato le mie convinzioni, e ho perseverato. Sognavo un disco, arriverà presto, ed tutto questo assomiglia un po’ alla felicità. Ma soprattutto, mi sono guardato dentro, e tra tutte le cianfrusaglie di seconda mano e gli scatoloni impolverati, ho trovato la forza di accettare che la musica sarà sempre la parte migliore di me.
E le cose belle si sa, non vanno tenute nascoste, ma condivise.

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