Un progetto dove alla musica tambureggiante si accompagnano parole che portano a riflettere e invitano a uscire da certi schemi sociali. L'INTERVISTA
Brani veloci, corti, potenti, socialmente forti. L'album si intitola Bikini Grill e uscirà il 18 maggio. Loro si chiamano The Cleopatras e sono Vanessa (voce), Camilla (batteria), Alice (basso), Marla (chitarra). Una sorta di Ramones al femminile di orgine toscana. Ho ascoltato l'album in anteprima e ne ho parlato con Marla.
Marla cominciamo con la storia dell’album e come ci avete lavorato.
Abbiamo iniziato nel 2019, poi si sono aggiunte altre canzoni e altre idee. Causa Covid erano difficili gli spostamenti nonostante, tranne me, le altre vivano tutte in Toscana. Sono 15 tracce con uno stile diverso.
Perché The Cleopatras? In cosa vi sentite vicine a lei? In realtà comandò sempre senza mai regnare realmente: prima il padre, poi il fratello e il figlio infine.
Faceva paura ai potenti. Ammaliava ma incuteva rispetto e non facile per l’epoca. Era una donna cosmopolita che parlava le lingue.
Brani brevi, approccio punk, lingua inglese: l’origine di queste scelte? E non temete che la forza sociale di canzoni come We Strike possa arrivare affievolita alla gente? L’italiano vi fa venire il… mal di testa?
L’italiano non è facile soprattutto per il punk e la lingua del rock'n'roll in generale. Ci limitiamo a giocarci un po’ con qualche testo ma l’inglese resta la lingua principale perché vogliamo andare all’estero.
We Strike riporta alle manifestazioni femministe degli anni Settanta: siamo ancora lì?
Qui siamo in una fase avanzata ma il dibattito resta aperto. Il pezzo parla del potere della femminilità. Siamo conscie della nostra potenza che può sovvertire certi meccanismi. Prendiamo coscienza della forza e del potere che abbiamo.
In Feel The Heat state vivendo il sogno: quale è quello del momento?
La vita in tour. La abbiamo tentata prima del lockdown. Oltre a suonare contempla il divertimento dello stare insieme. Ci è mancata quella vita lì, un mix di celebrazione e nostalgia. Ci piace stare insieme, viviamo una socialità tutta nostra.
Chi è oggi l’Unicorno?
Chiunque non trova il proprio posto nel mondo e cerca una comunità più piccola in cui riconoscersi. Chi non si incastra nella norma.
Kiss Kiss Kiss è una canzone provocatoria, piena di baci e domande esistenziali. Eppure suona la campanella dell’infanzia: è un testo su più livelli come molti dei vostri. Dove è la difficoltà di questa scrittura?
Per noi non c’è la difficoltà, abbiamo temi importanti sempre, ne parliamo. Lo spirito punk ci appartiene, trattiamo temi importanti in modo leggero. Ma non politicizziamo, nessun grido di battaglia.
Il maschilismo nel mondo della musica è aggressivo come quello di We don’t play like a man?
Sta cambiando, sta migliorando palesemente ma resta un po’ di ipocrisia. Siamo tutti rock ma nei fatti? Quando guardi le line up dei festival è diversa la prospettiva e racconta di più la situazione reale.
Life 2020: cosa dobbiamo fare per mantenere la speranza?
La canzone era nata nel lockdown, Vanessa ha voluto trasmettere il messaggio positivo. Io mi lascio più abbattere, ma tra tutte siamo equilibrate. Non mi sento rassicurante, c’è oscurità e dunque mi circondo di persone positive.
Fare sesso con la tv non è quello che avviene troppo spesso da qualche anno in qua?
Per noi è una condizione aliena e provvisoria ma mette tristezza pensare che per alcuni era la quotidianità anche da prima del lockdown. Ecco perché c’è poi più paura della vita reale.
Quale è la vostra Cabot Cove? C’è in questo brano un senso di spaesamento come per altro in China City: where am I, I don’t now. Vi sentite sempre fuori posto?
Entrambe sono celebrazione di luoghi. Cabot è un posto fantastico, ero fissata da piccola con La Signora in Giallo e mi facevano ridere quei paesini belli dove però tutti si odiano e muoiono. China City racconta i centri commerciali con le luci e il rumore della folla: troppo scintillamento spaesa ma poi entri nel mood ti ci perdi. È nata a Tokyo tanti anni fa: sei spaesato ma dopo un po' ti piace perdere il senso del tempo. No, non ci sentiamo fuori posto.
Mick Jagger è la consapevolezza dello stare bene con se stessi?
È una presa in giro, siamo anti-forma fisica. Lo guardiamo quando si allena suo social.
Quando andate in tour fate la mappatura dei drugstore?
Sì. Se sappiamo dove alloggiamo, avere una farmacia vicina ci tranquillizza. Ognuna ha le sue medicine… altro che rockstar andiamo a letto presto, possibilmente con vicino una farmacia.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Abbiamo date a maggio e giugno. Ma diciamolo piano… col disco che esce.