Francesco Gabbani racconta quella felicità da vivere qui e ora e non da attendere

Musica

Fabrizio Basso

Credit Chiara Mirelli

A distanza di due anni da Viceversa, Francesco Gabbani torna con un nuovo album, il quinto lavoro in studio, dal titolo Volevamo Solo Essere Felici che verrà pubblicato il 22 aprile da BMG. Il cantautore ricorda la sua partecipazione a Eurovision in Ucraina. L'INTERVISTA

Francesco Gabbani cambia la prospettiva ma non la profondità. Volevamo solo Essere Felici è un disco di analisi personale e soggettiva che non interrompe la continuità col suo percorso artistico e professionale del cantautore. Rispetto al precedente lavoro Viceversa, che era un confronto con la percezione altrui, questa raccolta di canzoni può essere accolta come un’introspezione psicologica, andando a usare il  microscopio verso se stessi e verso le vibrazioni del proprio io più intimo e profondo. A brani energici si alternano pezzi più riflessivi, dove la ricerca del testo si sposa con melodie ricercate. La declinazione dell’armonia dei suoni, raggiunta nelle incisioni attraverso l’impiego di sezioni d’archi e strumenti autentici, crea un nuovo colore musicale, con cui il cantautore sceglie di presentare le sue nuove composizioni. Ne scaturisce una rinnovata sete di risposte accompagnata dall’accettazione e dalla presa d’atto di determinate circostanze. Perché anche le domande irrisolte, a volte, offrono punti fermi, su cui poggiare i binari del proprio itinerario.

Francesco, questa volta il tuo sguardo è più rivolto all’introspezione: come nasce?

Una raccolta di canzoni che rappresenta chi sono in questo momento ma che racconta anche quello che è accaduto negli ultimi due anni. L’approccio a una analisi interiore: Viceversa con le canzoni era capirsi mettendosi in relazione con gli altri, questo invece è un guardarsi più dentro. Avverto molto di più la componente intimista, La Mira, Tossico Indipendente e L’amor Leggero.
Come hai scelto il titolo?
Partendo dal fatto che non è un concept album, aggiungo che non c’è la presunzione di definire la felicità in quanto tale, essendo soggettiva e personale. Però tutti abbiamo l’attitudine a cercarla, dietro ogni azione c’è la sua ricerca.
Sono brani che non hanno una età di riferimento, portano tutti a riflettere.
Io esprimo quello che penso lasciando spazio per l’interpretazione personale. Mi piace proporre domande e non risposte. Non sono un professore presuntuoso, mi limito a porre domande che poi ognuno può fare sue. Da questo deriva la fruizione eterogenea dei miei brani. Mi piace però pensare che possa anche in temi specifici cercare valori universali.
Spesso usi concetti opposti per declinare una posizione.
Mi piace la ricerca della verità nella mediazione. Tutta la nostra vita è in equilibrio tra il piccolo e il grande. Ciò che appare molto lontano è interconnesso, si può parlare di fisica quantistica mangiando aragoste fritte. Unire gli opposti che portano a una domanda è anche una piccola provocazione per innescare meccanismi di pensiero.
Cosa significa essere felici?
Sconfessa ogni regola logica. E’ così personale che non ha regole. La mia oggi la ricerco, perché è in divenire non è costante, la ricerco nell’attimo, nel momento. Ho una visione orientaleggiante. Sono per il qui e ora e lo faccio davvero. Ho scelto non di aspettarla ma di viverla.
Sangue darwiniano è attualissima. E’ spirituale?
Racconta che potenzialmente possiamo essere tutto. Pensa al web dove si possono creare vite parallele che ci fanno perdere il filo di quello che siamo realmente. Non c’è spiritualità in questo brano ma ne sono attratto: quale è il senso della nostra esistenza è una domanda che mi pongo spesso. Si cercano spiegazioni al di là della materialità. Guardo verso l’alto perché ho un approccio fatalista, mi piace pensare di affidarmi a un flusso che sta sopra di noi ma del quale facciamo parte.
Peace & Love ha la collaborazione di Riccardo Zanotti. Poi torni a lavorare con Fabio Ilacqua.
Tutte le collaborazioni sono studiate. Con Fabio abbiamo fatto il brano che poi è il titolo dell’album. Spero capiti di nuovo in futuro. Con Riccardo abbiam dei punti di scrittura comuni, proponiamo figure provocatorie con richiami melanconico emozionali.
Più gratificante scrivere per sé o per altri?
Mi piace sia scrivere per me che accompagnare altri artisti. Non ho una preferenza. Sono due sensazioni diverse egualmente belle e intense. Ricevere un brano che sento mio trasmette coesione e complicità. Dare qualcosa a qualcuno, tipo Ornella Vanoni, provo a entrare nei suoi panni, nel suo mood emozionale. Non so dire se ne preferisco una, ci ragionerò.
Tu hai partecipato all’Eurovision in Ucraina.
Ho vissuto la città di Kiev come un luogo che non conoscevo. C’era una positività oltre il concetto gioioso dell’Eurovision. Era tenuta bene, ci sarei tornato volentieri. Vedere oggi le immagini mi tocca. Sono contro la guerra, pacifismo convinto: incredibile che nel 2022 ci siano guerre e muoiano innocenti. Mi sento disarmato di fronte a questi scenari, mi fa un grande male. Spero che chi sta dietro a queste cose possa rinsavire.
E’ vero che la scimmia è rimasta là?
A Kiev ho lasciato la mia scimmia. E’ stata una gioia ma anche un connotato, era the dark side of the Occidentali’s Kharma. Però non voglio dimenticarla, fa parte della mia storia. Oggi lo farei in modo diverso ma non la rinnego.
Quando annunci i live?
Sono tutte canzoni che sarà bello portare sul palco. Annunceremo le date a breve per l’estate. Saranno concerti ben distribuiti su tutto il territorio nazionale.
La tua ricerca interiore come va?
E’ in divenire. La Mira racconta che non si finisce mai di capirsi. Il bersaglio si sposta sempre ecco perché si parla di addrizzare la mira. Non finirà mai la ricerca, siamo sempre in evoluzione. Ma so che voglio capirmi.
Apri il disco con Tossico Indipendente che invita alla ricerca personale. Ma spesso non ci si fa da soli.
La dipendenza può essere di qualsiasi tipo, compresa quella dei like dei social. E’ la prima non a caso: se il disco è una sorta di percorso, avviare un viaggio interiore significa essere liberi dalla dipendenza perché se no è lei che decide per te. A volte il supporto è di aiuto ma la vera leva parte da se stessi. E’ un atto di coraggio e forza liberarsi da una dipendenza e dal mio punto di vista non può che partire da se stessi. Chi ci riesce passa da una consapevolezza personale.
Una dipendenza dalla quale ti sei liberato?
Non percepirmi attraverso il giudizio degli altri. Con me mi sentivo molto vincolato al giudizio degli altri e spesso mi concentravo sui due negativi e meno sugli otto positivi. Il mio umore e la mia vita passavano molto dal giudizio del pubblico. Oggi vivo come un dono esprimermi con la musica e la vivo in modo incondizionato. Oggi la percezione di chi sono e il senso di appagamento passano dal godere di quello che faccio. Una canzone mi fa stare bene? Allora vado avanti. Il successo cambia la vita, chi sostiene il contrario non dice il vero: il successo porta inquietudine. Tornare al senso vero delle cose che faccio è stato il mio successo.
Torneresti in gara a Sanremo?
Ci tornerei sempre, mi ha sempre regalato grandi emozioni. E’ stato la svolta della mia vita. Dovrei però avere una canzone regista per quel contesto.

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