Francesco Anselmo racconta in Pluriball paure e curiosità di una generazione mutevole

Musica

Fabrizio Basso

Credit Matteo Casilli
Francesco Anselmo_ph

Con una scrittura fresca, consapevole e attuale, questo artista siciliano si muove agilmente tra le influenze cantautoriali e le sonorità elettroniche del momento. L'INTERVISTA

Una sguardo su una generazione con qualche incursione in quelle limitrofe. Questo è Pluriball, l'album di Francesco Anselmo che racconta i luoghi della quotidianità, le emozioni contrastanti dei giovani e di chi si ritrova a dover affrontare le nuove sfide della vita. Nel disco si avverte l’urgenza di ricercare novità sonore e la maturità dei testi lascia intuire tutti gli obiettivi futuri dell’artista.

Francesco partiamo della storia dell’album e dal titolo.
La storia è bizzarra: ho saputo tardi il vero nome delle palline che scoppiano. Ed è una parola italiana. La usiamo così tanto, serve nei traslochi ma serve anche a imballare i ricordi. Ci ho scritto il brano e dopo ho pensato che partendo da lì c'era altro da raccontare: è stato il capofila.
Parli di una generazione che vive in un ambiente mutevole: ma la tua non è quella generazione che si lamenta che nulla cambia?
Sono figlio degli anni Novanta. Anche le generazioni limitrofe vivono nell’incertezza. Nulla cambia se non non vogliamo che cambi. Parlando tra amici nessuno sa che farà tra due anni. L’assenza di un luogo fisico mi ha fatto pensare, però noi abbiamo la duttilità e se il cambiamento avviene siamo resilienti, ci adattiamo subito, anche al piccolo cambiamento.
Ti consideri parte di una generazione anaffettiva che non si lega a niente? E non lo fa per paura di perdere quello che ha o di fallire negli obiettivi?
Penso che lo fa per paura di fallire negli obiettivi poiché non sono molto chiari. Dipende dall’estremo dinamismo sociale. Se faccio sta cosa poi fra due anni non serve più e dunque non la faccio. Il dinamismo sociale è il volano di tutto.
A proposito di fuorisede: è vero che il siciliano che resta vicino a casa va Roma e quello che osa va a Milano?
Il siciliano ovunque va non riesce a non parlare della sua terra. In ogni conversazione viene fuori. Sarà anche un’isola ma abbiamo una radice lunghissima che seguirà per sempre quella persona.
Il vento, anche se forte, ti chiude sempre tra divano e tavolino?
E’ un amico, ne basta poco per farci andare avanti. E’ una metafora per dire che il mondo è dinamico e c’è incertezza ma con un po’ di vento si esce dalla stanza e si va oltre.
Chi è la ragazza del centro Europa? E’ il sogno o è la realtà?
E’ la realtà che si rende conto di quanto le piccole cose sono quelle che mancano di più.
La parola mare compare più volte: è un elemento fondamentale per la tua creatività…unico compagno del tuo sogno.
Me lo porto dentro e dietro. Vengo da un paese sulle Madonie a mille metri ma il mare lo vedo comunque. La vastità del mare ti fa sentire piccolo ma anche parte di una terra. E’ una immagine poetica che caratterizza noi come nazione, come stato.
Di cosa non è convinta la Giulia alle soglie dei 30 anni?
Di quello che sta facendo: a 30 anni ti chiedi se sei felice di quello che stai facendo, mio padre non se lo sarebbe mai chiesto alla stessa età. Ma è anche un'arma in più, è la capacità di adattamento che fa la differenza.
A stendere le voglie…quali?
Una è la paura, dobbiamo tutelarla come sentimento perché ci fa sentire vivi. Insieme alla curiosità sono i due elementi agli antipodi che ci permettono di stare in equilibrio.
Come si diminuisce la distanza tra parole e rime?
Con la musica. E’ una piccola critica al sistema letterario-musicale dove bisogna fare sempre rime quando le parole custodiscono già un significante che va oltre il significato.
La hai persa l’innocenza dei vent’anni?
Ora sì. Non è un brano autobiografico, racconta di Savastin, che poi è il titolo del brano, una ragazza greca che fu l’amore di mio nonno nel 1942 a Rodi. Ai tempi l'amore era diverso, fino a 95 anni me la raccontava con tenerezza questa storia. Sguardi e carezze erano il massimo contatti fisico. L’8 settembre del 1943 tutti gli italiani furono deportati e non ha potuto salutarla. Tornato in Italia non aveva i soldi per raggiungerla.
I pensieri appesi al soffitto stagionano e diventano più forti oppure lentamente evaporano?
Si fanno più forti ed evaporano in un secondo tempo.
Possiamo dire che le penne in scatola le hai consumate?
Con questo disco assolutamente sì.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Il 18 febbraio terrò la prima data a Roma all’Asino che Vola. Poi il 19 sarò a Velletri e in primavera si va in giro per l'Italia sperando che sia possibile. Ora faccio promozione a Pluriball e sono concentrato sulla preparazione dello spettacolo ma, anche se non ho un momento preciso per scrivere, mi appunto le idee per il futuro.

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