Marco Vezzoso e Alessandro Collina, viaggiano con la musica in Travel
MusicaDopo il successo dell’album Italia Spirit, il duo jazz incontra per la prima volta i musicisti di fama internazionale Trilok Gurtu e Dominique Di Piazza. L'INTERVISTA
Il trombettista Marco Vezzoso e il pianista Alessandro Collina hanno creato una commistione di tradizioni, generi ed esperienze musicali e artistiche che ha dato vita a un nuovo e unico progetto discografico di musica strumentale: Travel (Incipit/ Egea Music). L'album raccoglie brani originali scritti a quattro mani dalla coppia. Le composizioni sono state poi eseguite dal duo insieme al celebre percussionista Trilok Gurtu, padre della world music, e Dominique Di Piazza, uno dei migliori bassisti al mondo, che si sono ritrovati in studio di registrazione a distanza di 30 anni dalla loro storica tournée mondiale con il chitarrista John McLaughlin. Di questa avventura ho parlato con Marco Vezzoso.
Partiamo dalla storia dell’album: quando avete cominciato a pensarci e quando lo avete lavorato?
L’idea nasce molto tempo fa, durante i nostri viaggi: torvavamo spesso sul pensiero di fare qualcosa insieme, a quattro mani. Tutto iniziò nel 2014 quando ero più io a scrivere musiche originali e nacque un disco che ci porto in Giappone. Nel primo lockdown abbiamo avuto quello che ci mancava, il tempo, la possibilità di pensare a quello che volevamo fare e scrivere a quattro mani. Abbiamo ragionato su un disco che fosse la sola cosa non fattibile nel lockdwn, cioè viaggiare. Quindi abbiamo riportato in musica le atmosfere e i profumi dei nostri viaggi. Pensavamo al viaggio che potevamo condividere.
L’umanità sogna il futuro, si va su Marte e voi avete scelto invece di viaggiare nel tempo. Eppure non è un album nostalgico, ma contemporaneo e vissuto: mentalmente come vi ci siete approcciati?
E' verissimo, non è nostalgico anche se è stato concepito in un momento in cui si voleva viaggiare e la scrittura ci ha portato a rivivere certe sperienze. L'approccio è basato sul ricreare le atmosfere. Prendiamo Jakarta: si pensa a una città indonesiana con palazzi bassi e tanta gente e ha invece uno skyline invidiabile a New York.
Il senso di confine tra due mondi che si respira a Istanbul è unico: come lo avete tradotto in musica?
Li si scontrano anche Nord e Sud oltre a Oriente e Occidente. L'ispirazione è sempre qualcosa legata a immagini, metterle insieme è già due modi diversi di pensare per uno stesso obiettivo. A Jakarta si incontrato tutte le religioni, ognuna con una frangia estremista ma tutti convivono, quindi si può convivere nelle diversità.
Le città d’Oriente sono predominanti…cosa hanno di speciale?
Lì è iniziato il nostro viaggio artistico. C’è anche una ragione di cuore perché lì hanno una visione dell’arte occidentale che è più gratificante, in occidente si è persa, forse anche per la troppa scelta. Il mondo occidentale è meno curioso di quello orientale.
Ci sono molte suggestioni notturne: la poca luce di Oslo, il chiaro di luna di Praga, la sveglia a Manila: è nel buio la vostra ispirazione?
Da buoni jazzisti si vive di più il crepuscolo che la giornata. Si ha più tempo per guardare i dettagli, con la luce si fa meno attenzione. In Wake up in Manila c'è un risveglio perturbante con percussioni che danno un senso di giramento di testa.
A proposito di Praga: città mistica, il vicolo d’oro, il cimitero ebraico, non c’è la paura di essere sopraffatti da tanta forza?
Abbiamo anche riprodotto il suono delle campane della Cattedrale di San Vito con un andamento in sei ottavi; in ogni brano c’è un forte elemento identitario.
Quale è la città che, come accoglienza, più vi ha sorpreso?
Sono molte, potessi ora andrei in Giappone. Ha un modo di vita affascinante, ha una cultura così diversa e forte dalla quale non puoi fuggire.
A Foggy in Tokio è la vostra composizione, a mio avviso, più estrema e contaminata: è la vostra direzione?
La musica è una sola lingua e i sottogeneri sono dialetti. Noi ci muoviamo a 360 gradi, deve essere contaminata ed è l’essenza del jazz. Noi siamo contaminati già negli ascolti.
Facciamo un passo indietro e parliamo dell’Italia Spirit Live in Japan.
L’album ha avuto successo, all’estero. A marzo dovevamo andare a Tokyo ma causa pandemia abbiamo fatto live streaming e abbiamo aggiunto Andrea Marchesini alle percussioni. E' piaciuto a un editore americano che ha voluto pubblicarlo, l'etichetta è la ITI Records di Tampa; attualmente è in rotazione su oltre 50 radio statunitensi. L’album è stato recensito dalla prestigiosa rivista jazz DownBeat, aggiudicandosi 3 stelle e mezzo su 5, ed è entrato a far parte delle Charts Americane. Una sorpresa per noi, non dico che là sia più facile, ma di certo sono affascinati da noi.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Stiamo registrando un nuovo disco, siamo alla fase finale. Abbiamo alcuni live poi a gennaio parte il tour di Italian Spirit da Parigi. Siamo felici ne avevamo bisogno.