Una canzone che nasce dal rumore di una doccia e poi viaggia in altri mondi. Il video è introdotto da un testo originale dell'artista
Avete presente la pista cifrata della settimana enigmistica? Quella che si risolve unendo i puntini? Ecco: alcune piste cifrate, nella vita, le cifre non ce le hanno. Come quella che mi ha portato a scrivere queste parole per l’anteprima del videoclip di Efelidi, la prima canzone che ho pubblicato su Spotify, da domani su YouTube.
Il regista, Stefano Bertelli, lo conoscevo di fama. Sapevo che viveva dalle mie parti e che aveva lavorato per giganti come Robbie Williams, oltre che per un mio mito, Caparezza. Mi ero innamorato della sua estetica nel 2008, quando avevo visto un video che aveva realizzato per i Marta sui Tubi assolutamente geniale. Mi ero detto: sarebbe bello se un giorno… Ma non sapevo nemmeno che faccia avesse.
Ho scritto la prima metà di Efelidi a Roma, mentre la ragazza di cui (o forse dovrei dire a cui) parla la canzone era sotto la doccia. Ricordo quel momento con grande nitidezza. Seduto sul suo letto con la chitarra e il cellulare, con lo scroscio dell’acqua in sottofondo, ho registrato la bozza. Ero molto felice e di quello stavo scrivendo. Di quando la bellezza è troppa, come dice il ragazzo di American Beauty, e non sai come gestirla. Il giorno dopo, a Rovigo, ho scritto anche la seconda metà e l’ho inviata alla ragazza in questione come messaggio vocale. Poi quel momento è passato e per produrre la canzone ho dovuto unire un bel po’ di puntini. Come arrangiatore ho scelto Graziano Beggio, producer che ha saputo cucirle addosso un vestito fuori dal tempo. Il violino evocato nel testo l’ho fatto imbracciare a Sofia Di Mambro, un’amica che suona per De Gregori. Per il mix e il mastering mi sono affidato a Pablo Rabinovich, un ingegnere del suono di Buenos Aires.
L’ultimo puntino da collegare in questa strana pista cifrata che parte dal letto di una ragazza con le lentiggini, passa per il Polesine e poi per il Sud America era quello del videoclip. E qui la storia si fa bizzarra. A Rovigo faccio parte di un gruppo di calcetto enorme in cui ci si conosce solo di vista. È un po’ come il Fight Club: ti arriva un messaggio con scritto “Domani ore 20, ok?” e tu scrivi solo “ok” e vai. Alla fine di una partita, un certo Stefano, con cui mi trovavo spesso a giocare, mi fa: “Ma tu suoni?”. E io: “Sì, perchè? Anche tu?” Mi dice che no, non suona, però fa videoclip. Quando ho capito che era Bertelli, gli ho detto: “Conoscevo Superman ma non sapervo di giocare a calcetto con Clark Kent”. Mi ha chiesto di mandargli qualcosa e così gli ho inviato Efelidi. La maestria di Stefano è tale che il video potrebbe sembrare realizzato in computer grafica: non è così. Tutto quello che vedete è fatto di carta e animato in stop motion.
Non potrei essere più felice per questo videoclip. E ora l’immaginazione fa brutti scherzi: rivedendomi in quella stanza di carta, assediato dai carri armati, mi sembra di sentire ancora, ovattato, lo scroscio della doccia.