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J-Ax, Surreale è il nuovo album: "Spazio tra generi diversi per non annoiarmi"

Musica

Gabriele Lippi

Arriva il 27 agosto il nuovo progetto dell'artista milanese. Nato come repack di ReAle, è diventato un disco vero e proprio, con nove inediti e quattro featuring, che si muove tra rap, punk e pop. Il servizio di Sky Tg24

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In principio, doveva essere un semplice re-pack di ReAle, il disco pubblicato a fine gennaio del 2020, prima che la pandemia stravolgesse abitudini e vite di tutti gli italiani e di chi lavora nella musica, interrompendo tour e concerti. Così J-Ax si è ritrovato con più tempo libero di quanto avrebbe sperato e parecchie cose da dire, e Surreale si è trasformato in un nuovo disco di inediti (le tracce mai uscite prima sono 9 su 11) che può avvalersi delle collaborazioni di Jake La Furia, Ermal Meta, Federia Abbate e Francesco Sarcina e che il 27 agosto uscirà in pacchetto con ReAle e con J-Axonville – Uncool and Proud, album punk rock autoprodotto con la collaborazione del musicista Marco “The Hammer” Arata e distribuito gratuitamente a tutti gli amici.

Che cosa è Surreale?
Surreale è la situazione che stiamo vivendo, che abbiamo vissuto negli ultimi due anni, e Surreale è anche il mio nuovo disco.

Come è successo che da un re-pack si sia trasformato in un album pieno di inediti?
È diventato questa roba enorme con dentro un altro disco punk e un altro album perché ci sono stati due lockdown e quindi, al posto di andare in giro a fare il J-Ax, mi sono trovato ad avere tanto tempo per fare musica. E questo ho fatto.

La voglia di spaziare tra generi emerge anche dalle collaborazioni presenti nel disco.
Le collaborazioni che sono in questo disco e i generi che ci sono in questo disco sono molto diversi tra loro perché appunto è surreale l’insieme in un album solo di tutti questi generi. Le collaborazioni sono nate, devo dire, per caso, per occasione, mentre spaziare tra diversi generi è una cosa che faccio per non annoiarmi. E in questo disco mi sono divertito, più del solito.

 

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Cosa è rimasto oggi dello spirito delle origini?
Io spero che dello spirito delle origini sia rimasto tutto. Magari è arrivata un po’ di tecnica e la tecnica purtroppo, nella musica e nell’arte, ti toglie un po’ di urgenza. A volte dici cose senza pensare troppo alla tecnica quando sei più giovane ed è bello, è una figata. Forse ho perso un po’ di urgenza e ho guadagnato in tecnica.

Come è cambiata invece la sua concezione della musica?
Niente. La musica è un linguaggio che arriva dal mio cuore, passa attraverso la mia bocca e arriva alle tue orecchie per entrare nel tuo cuore, è una cosa che mette in comunicazione delle persone che normalmente non lo sono. Secondo me rimane il linguaggio di comunicazione più elevato che esista.

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“Tu non lo diresti ma io sono fan di Gaber / Ma pure delle storie che fa Dj Khaled”. Quali sono gli artisti che l’hanno influenzata di più nel corso della sua carriera? 
Elencarli tutti sarebbe impossibile perché si va da Gaber e Jannacci ai Rancid e i gruppi punk rock californiani e metà del rap fatto fra gli anni ’80, ’90 e 2000. Forse è l’aver accettato queste influenze ad aver reso così diversa la musica che faccio. E non rinnego che quando ero ragazzino, negli anni ’80, ascoltavo anche il pop che passavano le radio e l’ho citato dopo nella mia musica, così come ho ascoltato dopo musica più ricercata ma le ho dato lo stesso valore. Non mi sono mai nascosto dietro influenze ricercate per sembrare più figo io.

Nel disco è presente un brano dedicato a suo figlio. Come l’ha cambiata la paternità? 
Mi tiene in bilico tra terrore ed euforia. Nel disco ho descritto la situazione dovuta al Covid, passata da un genitore che aveva paura di lasciare solo suo figlio e non potergli spiegare cosa stava succedendo. È quello che ho vissuto in quel momento e non credo sia una canzone su mio figlio, credo sia una canzone su un padre.

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