Fred De Palma eleva il reggaeton a cultura: è un progetto Unico

Musica

Fabrizio Basso

Un titolo che racconta già tutto. Perché non ne esiste un altro, di album, uguale. Un disco così di ispirazione latina con un sound che non è mai stato fatto in Italia. L'INTERVISTA

Il reggaeton esce dall'estate e diventa cultura. Fred De Palma con Unico ha posto le fondamenta per trasformare dei momenti in un movimento. L'album 

è nato a Miami e cresciuto in Colombia per arrivare in Italia. La direzione artistica di Takagi e Ketra. Un cambio di regole del gioco, senza provocazione, una rivoluzione. Fred De Palma racconta la sua storia, l’impegno e la tenacia, oltre che il coraggio nel portare mainstream un genere nel nostro paese e di farlo in italiano per la prima volta. Non è una copia italiana del reggaeton ma è qualcosa che mantiene salde le sue radici e tutto ciò che da esse ne deriva.

 
Come sei arrivato a questo sound, ti senti finalmente nel tuo mondo?
E’ il disco più coerente della mia carriera, racconta cosa voglio essere e comunicare. E' il punto di partenza del mio nuovo viaggio e spero sia condiviso da altri artisti. Voglio mettere le basi per una scena reggaeton in Italia con la missione di farla crescere.
La scrittura è ricercata, precisa.
E’ volutamente scritto bene perché il reaggaeton ha bisogno di sostanza. Lo ho scritto pensando di fare qualcosa di nuovo, di arrivare alla gente raccontando le mie esperienze.
Oggi cosa si intende per cultura?
La cultura è curiosità; di solito ascolti quello che ascoltano gli altri ed è comunque figa anche se non la capisci. Io cerco il gusto personale a prescindere da quello che pensano gli altri. E' strutturato per essere sempreverde mentre in Italia il reggaeton è solo estivo. E’ il motivo per cui attraverso vari stati d‘animo e di sound, non voglio diventare una "hit mania dance". Succede anche sui singoli perché quelli che hanno successo durano nel tempo. Ha una base di partenza e potenzialità incredibili, non è da one shot, non è ancora stato del tutto stuprato. Ha il potere di trasformare in una festa qualunque luogo, cambia subito le vibes, ha sound che fa riflettere in base alle argomentazioni nel pezzo. Maluma fa Hawaii dove racconta di essere stato lasciato e di lei tutto quello che pensa. E’ una ballad ma è reggaeton. E trasmette positività qualunque argomento tratti.
Dei tuoi record in Spagna non si parla abbastanza: come vivi il successo nei mercati esteri?
L'Italia è un paese gossipparo, le notizie che viralizzano sono sui fatti degli altri, su litigi, amori e tradimenti. I media dovrebbero celebrare una cosa così importante per la musica italiana. Il mio successo all’estero lo ho vissuto bene seppur in fase pandemica. In futuro mi voglio concentrare per un periodo solo sull’estero. Non per trascurare l’Italia perché, come ti ho detto, voglio creare una scena in Italia che faccia ascoltare reggaeton in italiano. In questo 2021 andrò di più all’estero perché quei posti mi hanno dato la credibilità per il disco.
Ti riferisci all'esperienza in Colombia?
Era la mia prima volta, come anche a Miami. Sono partito per imparare. Ho lavorato con chi ha riportato la wave del reggaeton a livello mondiale. Ho appreso tutto quello che potevo per poi renderlo personale. Là credono nell’energia che proviene dalla terra, nell’ispirazione della natura. Sono spirituali.
Niente di te e Te lo immagini sono momenti intimi: difficile scrivere d’amore al tempi dei social? E ci si può davvero innamorare per caso?
Se Spotify facesse un suo social terrei solo quello e cancellerei tutti gli altri perché la musica sarebbe centrale. C'è troppo egoriferimento, certo fa parte del meccanismo, ne sono parte anche io. Le canzoni che hai citato possono influenzare in maniera positiva chi li ascolta. Sono punti di vista. Ti puoi innamorare per caso anche nel mondo dei social.
Quando il reggaeton ti ha salvato la vita?
Il momento più intenso riguarda il peggiore periodo della mia vita, quando non sentivo più lo stimolo di fare rap, mi sembrava di sprecare il mio talento per una cosa che avevo già fatto, e sperimentavo cose che non catturavano la mia attenzione. Mi dicevano che il reggaeton mi avrebbe rovinato, che avrei perso tutto quello che avevo costruito. Ho cambiato team di lavoro e ora mi sento unico.
A proposito di team: il tuo ha un equlibrio pazzesco.
Ha la mia stessa visione. Takagi e Ketra hanno seguito direzione artistica, mi hanno introdotto in Colombia e a Miami. Ci siamo detti andiamo dove la fanno prima di farla noi: non puoi parlare di qualcosa che non conosci. Io il reggaeton voglio farlo ascoltare in italiano, anche Anitta canta in italiano, è fan dell’Italia, abbiamo fatto vacanze insieme. Lei è infinita.
Hai un feat dei sogni?
Non ne ho uno in particolare. Conta il feeling in studio, l’alchimia che si crea.
Non conta quello che fai ma dove vai: stavolta hai trovato la quadra?
Quando sono partito con questo progetto ero talmente spaventato in maniera positiva che non mi rendo ancora conto dell’impatto. Non ho l’hype iniziale. Sto creando un pubblico e devo fargli cambiare mentalità. Ho la paura di fare canzoni per me belle ma che la gente non ascolta. Ma ora me ne frego, faccio il mio: un disco a prescindere da quanto vende resta nella storia e deve essere quello che io volevo che fosse e non quello che voleva che fosse la gente.
Una adolescenza Senza Dio, ora lo hai trovato?
Sono ancora lontano dal dire questo ma ci sono più vicino di tanto tempo fa. La mia indole è fare sempre di più ma non come sfida con me stesso, cerco stimoli nuovi, quello che è una sfida diventa la mia missione come portare il reggaeton in Italia.
Che estate attraverserai?
Una settimana di vacanza e poi via col tour. Per arrivare alla gente bisogna cantare insieme.

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