Monarchia, ci mette la faccia e le...Ossa per rifondare l'alt pop made in Italy
Musica.jpg?im=Resize,width=375)
La massiccia presenza di chitarre anni ’90 e i testi che raccontano le storie ordinarie di cui è costellata la provincia italiana confluiscono in un sound attuale e senza orpelli grazie a una melodia diretta e al canto energico e senza fioriture del frontman e cantante Giulio Barlucchi. L'INTERVISTA
E' una storia d'amore vissuta in una città intrappolata nell'indefinita via di mezzo tra la metropoli. Il paese sono le “ossa” del brano: un mood apparentemente disincantato si alterna fra strofa e ritornello fino a diventare, sul finale, un grido generazionale che si interroga sulla complessità e, a volte, la frustrazione, di avere ambizioni da spendere in un mondo stretto come certe province italiane. Mi racconta il progetto Giulio Barlucchi.
Giulio perché avete scelto Ossa come singolo?
C'è un ragionamento sullo story telling del pezzo che ci permette di fare un percorso sulle nostre origini. Racconta la nostra crescita in provincia, tra Firenze e Siena, insomma una situazione indefinita. Nel brano ci sono amore, sogni e ambizioni e la nostra geolocalizzazione.
L’ambientazione crepuscolare e il senso di fuga trasmesso dai binari sono una ulteriore sottolineatura?
Non c’è solo questo anche se i rimandi alla partenza ci sono. Per come funziona per me la partenza è sempre seguita da un ritorno. Il pezzo è nato qualche anno fa poi è rimasto fermo un po', mancava qualcosa. Nel frattempo abbiamo fatto esperienze di lavoro e in studio. Abbiamo colto nuove sfumature al ritorno…
Dite che è tempo di partire è tempo di rischiare.
Quando fai una scelta significa trovarsi di fronte a più binari ma puoi seguirne solo uno, dunque rinuncia ad altri per seguire questa scommessa. E' una tematica che torna su più livelli.
Tutto resta uguale: il cambiamento è una utopia?
Non credo, il cambiamento è necessario per stare bene, anche con se stessi bisogna cambiare altrimenti tutto diventa statico. Quando la ho scritta pensavo più in grande anche a livello di società.
La provincia di oggi non è quella di 50 anni fa: si può fuggire o renderla meno opprimente? E comunque continua a regalare storie.
Ossa è la fotografia di un momento della nostra crescita. Ci piace la dimensione un po’ errante. Questa dimensione fa prendere il meglio di tutto. Qui è un momento più giovanile quando la provincia può essere più stringente, quando hai meno possibilità di prendere le tue cose e partire. Va anche detto che i paeselli diventano piccole città e gli equilibri cambiano.
Raccontare l’amore ai tempi dei social è difficile?
Difficile è viverlo più che raccontarlo. Abbiamo tante occasioni per comunicare. Ma quanto c’è in una giornata di comunicazione vera?
E’ il primo singolo con la nuova etichetta: su quali altri progetti state ragionando? L’uso importante delle chitarre continuerà a essere la vostra cifra stilistica?
Le chitarre non sono un dogma ma fanno parte del nostro background di ascolto, tra fine anni Novanta e inizio 2000. Ci hanno formato e dunque è difficile non mettere questi elementi nella nostra musica. Ci piace riportarle al centro del discorso. E’ la prima pagina di un nuovo capitolo ma non c’è frattura col 2015, è una evoluzione. Vogliamo inserire la passione delle chitarre in una forma canzone Pop.
Che farete in estate?
Abbiamo già dei concerti fissati, suoneremo. Siamo felicissimi.
Infine perchè Monarchia?
Partiamo da De Monarchia, saggio dantesco, anche se è scollegato dal significato dell’opera. Arrivavamo da progetti inglesi con nomi lunghissimi e volevamo un nome d’impatto. Può essere pure un nome scomodo ma muove la curiosità.