L'artista emiliana torna al Festival, 55 anni dopo il debutto e a 29 anni dall'ultima volta con un brano che racconta la sua lunga, meravigliosa storia d'amore. L'INTERVISTA
TUTTO SUL FESTIVAL DI SANREMO
Il palco più importante per celebrare i 55 anni di carriera. Orietta Berti vola al Festival di Sanremo col brano Quando ti sei innamorato e lo fa come portabandiera di
tanti colleghi e colleghe. Sottolinea che Sanremo arriva al momento giusto poiché è la grande occasione di cantare dal vivo e con una grande orchestra che in questo digiuno forzato diventa ancora più importante. Per lei sarà la dodicesima volta a Sanremo e ci è stata non solo come cantante, ha anche presentato Sanremo Giovani nel 1997 e Sanremo Notte nel 1999.
Quando è nata l’idea di andare a Sanremo?
E’ stata una cosa veloce, ci ha pensato Pasquale Mammaro, mio manger e amico, in una settimana. Eravamo entrambi a casa con l’influenza e, a distanza, ragionavamo sul fatto che il cofanetto in uscita che racconta la mia carriera conteneva anche degli inediti. Dopo quattro giorni Pasquale mi chiama e mi comunica che hanno scelto questa.
Quanto è difficile raccontare oggi l’amore che tutto corre sui social? L’amore è sempre lo stesso e cambiano solo le modalità o anche l’amore è cambiato?
L’amore in sé non cambia mai, certo che incontri che generano una passione che dura tutta una vita non ne esistono più o sono dei miracoli. Ma ci vuole qualcuno che lo racconti. Quando ho ascoltato due anni fa la canzone ho detto a Francesco Boccia, uno degli autori che sembrava la mia storia e lui ha replicato che la aveva scritta per lui. Del brano mi ha subito conquistato la musica.
La preoccupa un Ariston senza pubblico? E quella scala fa paura anche dopo 11 presenze?
La scala non la farò mai, l’ultima volta ero a presentarlo con Fabio Fazio e la serata finale sono scesa senza scarpe. Abbiamo approntato due arrangiamenti per utilizzare tutti i musicisti, uno considerava il pubblico il pubblico in sala. Ma ti assicuro che con l'emozione arriveremo in tutte le case.
C’è un Festival che per lei rimane speciale?
Il primo perché è con Giorgio Faletti: ho trascorso una settimana con lui e mi sembrava di vivere in una telenovela, ovunque andassimo diventava un film grazie alle sue battute. Era un amico vero e disinteressato, con lui si era sempre adolescenti. Ci siamo visti l'ultima volta a New York, per caso nello stesso albergo. Lui era lì a studiare i verbali della polizia per il secondo libro.
Ritroverà Ornella Vanoni, con la quel debuttò nel 1966, come conduttrice per una sera: siete in contatto?
Siamo amiche, ci siamo trovate spesso a condividere serate musicali.
Parliamo del libro Tra Bandiere rosse e acquasantiere: le mancano più i comizi del PCI o i preti alla Don Camillo?
Tutti e due. Mi divertivo nelle serate con la banda e i comizi, stavo vicino alla cassa e tornavo a casa con le orecchie che scoppiavano. Una bambina non si annoiava mai ed eravamo liberi. Avevamo una compagnia mista con più maschietti. Ho trascorso una bella adolescenza, sempre al centro dell’attenzione.
Nel libro ci sono parecchie fotografie: è stato complicato scegliere quali pubblicare?
Ho tanti aneddoti ed episodi da ricordare dunque ho scelto quali con mio figlio e mio marito e con Luciano Manzotti che mi ha sempre seguito, sa tutto di me. E' stato lui a ricostruire le date perché io ho fatto tante cose e a volte mi confondo.
Viene da una terra di tolleranza, ospitalità e balere: cosa le manca di più?
Ricordo una marea di gente entusiasta, che si divertiva. Quando riavremo il via libera la gente avrà voglia di nuovo di divertirsi, è troppo tempo che siamo fermi. La cometa ci ha portato il vaccino e speriamo che sia distribuito a tutti e non ci siano corsi preferenziali.
Va ancora in bicletta?
Vado ma è pericoloso, troppi camion. Mio marito non vuole.
Come dice nella canzone…ci abbandoniamo al mondo?
Meglio vivere col compagno della vita e abbandonarsi senza più paura del domani. Quando c’è chi ti sostiene è bello abbandonarsi.