Boomdabash, con Dont'worry arriva il best of che rende possibili i sogni. L'intervista

Musica

Fabrizio Basso

La band ripercorre i primi 15 anni di carriera attraverso un’imperdibile collection di loro grandi successi e brani inediti che sarà disponibile in digitale e in fisico nei formati CD, CD limited edition autografato, LP e LP con T-SHIRT un’edizione da veri fan. L'INTERVISTA

La parola che più si addice ai Boomdabash è, a mio avviso, sparigliare. Perché senza tradire la loro anima sudista ogni volta che si presentano con qualcosa di nuovo lo fanno in modo identitario. Don’t worry (Best Of 2005-2020), non è una semplice raccolta, è la sintesi di 15 anni di carriera, di un percorso lungo e ricco di collaborazioni. Dont’ Worry la candido come canzone del Natale 2020. Questo Best of è un regalo ai fan perché avrebbero avuto tutto il tempo e il materiale per rilasciare un album di inediti. Molti glichiedevano come recuperare alcuni brani della loro storia che erano evaporati e così hanno deciso di mettere insieme tutte le richieste. Poi aggiungono, sorridendo, che di loro best of abusivi ne hanno trovato tanti nelle spiagge...alla fine i Boomdabash erano gli unici a non averlo ancora prodotto. Ed eccolo qui..

Partiamo dallo stimolo primigenio del best of.
La voglia che ci ha spinto a produrre questo best of è un regalo a chi ci ha seguito in questi 15 anni, che poi identificano la data della prima produzione, ma noi nasciamo nel 2000. E' una tracklist per regalare un viaggio musicale che tocca tutti i momenti clou della nostra storia. Vorremmo fosse di stimolo per un viaggio anche a chi ci ha incontrato da poco, quelli che ci hanno scoperto con i tormentoni: vogliamo fargli scoprire chi eravamo prima dei tormentoni.
Ci sono tre inediti, uno è Dont'Worry.
L’apripista è un pezzo diverso dalle classiche produzioni dei Boomdabash. E' un inno alla speranza, è facile associare Don’t Worry al periodo che stiamo vivendo ma a gennaio era già nel cassetto di produzione, poi tutto si è fermato. L'abbiamo scelto come singolo perché infonde speranza, invita a restare con la schiena dritta anche in questi momenti. Ci hanno sorpreso i feedback positivi avuti dagli amici che lo hanno ascoltato in anteprima perché ci amano ma sono molto più critici, a volte si allarmano se usciamo dal nostro solco. Stavolta abbianmo unito tutte le orecchie, anche le più diffidenti.
Che mi raccontate di Nun tenimme paura feat Franco Ricciardi?
E' un inedito al quale siamo particolarmente legati, scritto insieme a Franco Ricciardi, di cui siamo fan. E’ il primo pezzo davvero autobiografico. Nessuno ha mai saputo come sono cresciuti i Boomdabash, in che realtà sociale e culturale. Mette a nudo l’unico lato non ancora svelato nè dal palco né dai social. Contiene una apertura verso nuovi panorami musicali oltre alla voglia di dire chi siamo stati fuori dal palco.
Intanto pensate al tormentone dell'estate 2021 (il video di Karoke con Alessandra Amoroso è il più visto del 2020, ndr)?
Abbiamo tanti brani che sono lì a lievitare, la prossima estate puntiamo a un nuovo tormentone. Ma ora è presto per pensarci. Prima preoccupiamoci di uscire dal covid (tutto sul coronavirus) e riprogrammiamo il tour.
Quali sono le vostre paure?
L'idea di dover affrontare il momento in cui le luci del mainstream si spegneranno e la vita tornerà alla normalità. E' una visione pessimistica ma realistica. Noi stiamo portando avanti un sogno costruito da ragazzini, veniamo da situazioni umili e modeste: i Boomdabash sono stati costruiti mattone per mattone.
Il terzo inedito è Marco e Sara.
Come produzione musicale riporta ai primi Boomdabash con i suoi ritmi molto reggae, Giamaica e roots. E’ un ritorno all’attitudine degli inizi. Racconta di due ragazzi di paese che partono da un luogo di difficili prospettive ma con valori e sentimenti genuini; è una realtà che si riscontra in ogni luogo, ce ne sono ovunque di giovani con poche aspettative che cercano di andare avanti.
L'amicizia per Franco Ricciardi che radici ha?
Intanto è del Sud come i Boomdabash. Noi non ascoltiamo la musica ponendoci dei limiit, l’importante è che ci piaccia. Conosciamo Ricciardi dai suoi esordi, ne abbiamo seguito sia l’evoluzione artistica che umana. Essendo popolare come attitudine, uomo di quartiere come noi, era la voce perfetta quel brano. Che è tra i più amati da chi lo ha ascoltato in anteprima.
Restando a Napoli anche con Gigi D’Alessio siete fratelli.
E’ un amicone, ci sentiamo spesso. E’ un grandissimo musicista che sa scrivere e  suonare, abbiamo fatto insieme il suo Mon Amour e speriamo di poterlo presentare al più presto dal vivo.

Quattro canzoni del vostro repertorio cui siete particolarmente legati?
Un brano che non ha avuto rilevanza mediatica, che per ragioni tecniche e discografiche non ha i requisiti da singolo ma che necessita di attenzione per l’ascolto ed è la nostra bandiera si chiama Survivor; ma non c’è nel best of. Ci siamo legati perché ci definisce sopravvissuti, persone che meritano comunque rispetto. Nei nostri live è sempre nella parte finale e spesso ci viene richiesto. E' intenso e sfuggente. Poi c’è The Message del 2012. Testimonia la consapevolezza di fare i musicisti e arriva l’anno dopo la vittoria a MTV Generation: sintetizza la storia di quattro ragazzi del Sud che lasciavano un segno nella musica italiana. A Tre Passi da te è la prima grande collaborazione con Alessandra Amoroso e anche a livello sonoro è il primo passo verso il mainstream. Infine Un Attimo: fa capire chi siamo perché contiene un messaggio molto chiaro: il video è girato nel carcere di Lecce, una esperienza tra le più istruttive per noi: chi ci ascoltava provava qualcosa, è la dimostrazione che la musica salva.
Che Natale sarà?
Non sarà come gli altri è vero. Ma per come la stiamo vivendo non sarà brutto, avremo la possibilità di riscoprire cose cui non eravamo più abituati. Prima ti concentravi sempre sul cosa fare, ora per la prima volta certe situazioni non hanno e non devono avere importanza, conta solo passarlo con chi amiamo. Utilizziamolo per condividere più tempo con chi ci sta vicino: anche noi che eravamo sempre in giro col furgone trascurando i nostri cari abbiamo la possibilità di restituire loro un po’ di tempo.

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Che troveremo sotto albero?
La capacità e la voglia di vedere la luce in fondo al tunnel. Stiamo con schiena dritta e pensiamo positivo. Stavolta non sarà possibile ma ogni anno andiamo a trovare i piccoli fan ospedale pediatrico Perrino di Lecce e ogni volta ne usciamo più consapevoli che ci preoccupiamo di cose futili quando molti trovano il sorriso nei momenti più difficili della vita.
Vi piace la parola tormentone?
Abbiamo opinioni differenti. Da una parte è il vocabolo giusto perché le nostre canzoni tormentano anche se non abbiamo mai scritto con l’idea di creare un tormentone. La genuinità è quella che paga. Può anche essere la parola sbagliata perché se una canzone la ascolti cento volte al giorno non ti tormenta.
Quanto il Sud è importante per voi?
Tutto nasce da lì, ci consideriamo portatori di un campanilismo buono che significa difesa della nostra terra. Mostriamo i denti quando qualcuno schiaccia i piedi alle nostre tradizioni, cultura, genti. L'attitudine popolare si ripercuote nelle nostre canzoni. Nei live invitiamo i giovani a tutelare il prestigio della propria terra, nascere qui ci da valori che innestiamo nella vita di tutti i giorni e nella produzione musicale. A livello decisionale essere nati qui ci ha reso più sgamati, ci fa capire prima cosa è giusto e cosa sbagliato, a dribblare l’inganno ed evitare il passo falso. Il Sud è una mamma che ci ha tirato su.
Come promuoverete questo lavoro?
Non è facile però i social ci aiutano, lavoriamo sull’interazione telematica coi fan. Abbiamo alzato il livello di attenzione social. Speriamo comunque di rivederci su un palco e di guardarci negli occhi. Accogliamo il buono che arriva.
E' bello essere nella categoria dei non catalogabili?
Non lo siamo mai stati, siamo nati come band reggae ma molto contaminata. Abbiamo ricevuto un sacco di critiche perché chiunque crea qualcosa di nuovo produce una rottura e mette paura. Spesso veniamo visti come quelli dei tormentoni. Quando per la prima volta andammo a Sanremo molti si domandavo che c’entravamo
Che rispondete?
Che abbiamo 15 anni di carriera con 4circa 50 live e piazze piene ogni anno. Abbiamo una storia che prescinde dall’avvento nel mainstream. Vane riconoscerci per Karaoke e Mambo salentino ma la nostra storia è molto più ricca.
Ci salutiamo con un messaggio ai giovani?
Dal Sud abbiamo visto tanta gente partire che merita rispetto mentre non lo merita chi se ne con disprezzo o rinnega la sua terra come se nel Sud non ci sarà mai la possibilità di costruire qualcosa. Certo qui alcune cose sono più difficili e serve più impegno ma è l’impegno che fa la differenza. E a ogni latitudine.

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