25 anni fa la notte più bella di Catania: REM e Radiohead insieme al Cibali

Musica

Giuseppe Pastore

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Il 6 agosto 1995 andò in scena uno storico concerto: sullo stesso palco la band di Michael Stipe accompagnata da un gruppo britannico ancora poco conosciuto, che avrebbe fatto strada. Merito di un promoter visionario che fece diventare Catania "la Seattle d'Italia"

La locandina di quel concerto mette i brividi ancora oggi e fa strabuzzare gli occhi ai meno appassionati o ai più giovani. Nel bel mezzo degli anni Novanta, in un weekend di inizio agosto di 25 anni fa, c'è stato un tempo e uno spazio in cui in Italia – e non a Milano, a Bologna o a Roma ma nel profondo Sud, alle pendici dell'Etna – si sono esibiti sullo stesso palco nella stessa sera due colonne della storia del rock: i Radiohead e i REM insieme, 6 agosto 1995 ore 19:30 stadio Cibali di Catania.

Cosa ci facessero lì e come ci fossero arrivati merita di essere raccontato in qualche riga. Merito di Francesco “Checco” Virlinzi, deus ex machina della scena musicale catanese tra gli anni '80 e '90, prima come disc-jockey e poi come promoter: semplificando si può dire che era stato lui, praticamente da solo, a far conoscere i REM alla città, in anni in cui il successo della band di Athens, Georgia non era ancora planetario. Appassionato di Springsteen, U2, Elvis Costello, Rolling Stones e REM, Virlinzi li aveva a lungo seguiti nei vari tour internazionali ed era riuscito a entrare in contatto con molti di loro, strappando ai suoi amici REM la promessa di venire a suonare una volta a casa sua, a Catania. Il passo successivo, nel 1990, fu fondare un'etichetta discografica (la Cyclope) con cui lanciare i migliori talenti della vivacissima scena catanese dell'epoca: la cosiddetta “Seattle d'Italia” che diede lustro ad artisti come Mario Venuti, Carmen Consoli, Moltheni, Brando passando per i Flor, che ebbero l'onore di aprire quello storico concerto a cui era presente, nelle vesti di spettatore di lusso, anche il maestro Franco Battiato, presente con l'amico Enrico Ghezzi, l'autore televisivo di Blob e Fuori orario.

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6 agosto 1995, data nient'affatto banale nella storia dell'umanità, cinquantesimo anniversario dell'esplosione della bomba atomica a Hiroshima: numerosi cartelli sottolineeranno la ricorrenza, resa attuale dai test nucleari dei francesi sull'atollo di Mururoa. I REM, che due sere prima avevano suonato a Stoccolma, arrivarono in Sicilia il 5 pomeriggio e si sistemarono all'Hotel San Domenico di Taormina; poi conferenza stampa nel Palazzo degli Elefanti del Municipio, prima di un giro a piedi – la domenica – per le strade del centro e della città vecchia dove pranzarono: a questo proposito riportiamo uno strepitoso aneddoto del giornalista musicale Giuseppe Attardi, che vide con i suoi occhi Michael Stipe mettere il formaggio sugli spaghetti alle vongole, venendo aspramente rimproverato dal proprietario della trattoria. Quindi le prove allo stadio, uno stadio che ormai da oltre un decennio non riusciva più a vivere i fasti sportivi degli anni precedenti (la proverbiale espressione “clamoroso al Cibali” era nata nel giugno 1961, in seguito a una vittoria a sorpresa del Catania per 2-0 sulla Grande Inter di Helenio Herrera). Almeno ventimila spettatori e anche diversi americani, di stanza nella vicina base Nato di Sigonella. La scaletta prevedeva due band d'apertura: e qui, accanto ai locali e già affermati Flor de Mal, sfilò una seconda band inglese ancora pressoché semi-sconosciuta, che i REM si stavano portando dietro da una settimana, a cominciare dal concerto a Londra del 30 luglio per continuare con le tappe di Berlino, Oslo e appunto Stoccolma. Usciti allo scoperto nel 1993 con il successo radiofonico della loro prima hit Creep, i Radiohead stavano lanciando il loro secondo album The Bends, uscito a marzo. A Catania, mentre la luce del sole lasciava gradualmente spazio alla notte, eseguirono nove pezzi dal loro ancora limitato repertorio, da My Iron Lungs fino a Fake Plastic Trees, con le vette di High and Dry e naturalmente Creep

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Poi alle 21:40 arrivarono i REM, con una scaletta da 25 pezzi aperta da What's the Frequency, Kenneth?, tratta dal loro album Monster dell'anno prima e conclusa dall'immancabile It's The End Of The World As We Know It. Non vogliamo rovinare la magia di una notte epocale per la Sicilia e l'intero Sud Italia, fino ad allora regolarmente tagliato fuori dai grandi tour internazionali che facevano tappa in Italia; ma a dire la verità i commentatori più rigorosi notarono un Michael Stipe un po' distratto e sottotono, tanto da leggere di quando in quando i testi delle canzoni da un foglietto – anche se quando partì Losing My Religion, una specie di inno nazionale per il popolo catanese, tra le prime roccaforti italiane del gruppo georgiano fin dagli anni Ottanta, fu delirio. Notevole anche la dedica ai disoccupati catanesi di Fall on me, terzo dei cinque bis finali.

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Nell'entusiasmo generale non passò affatto inosservato il rock mediterraneo dei Flor, trio catanese composto da Marcello Cunsolo alla chitarra e voce, Enzo Ruggiero al basso e Paolo Santagati alla batteria: si esibirono quando il sole era ancora alto e qualcuno giura ancora oggi che fu la loro, la miglior esibizione della serata. Una notte magnifica, indimenticabile, irripetibile anche perché di lì a cinque anni una brutta malattia si portò via Checco Virlinzi a soli 41 anni, morto il 29 novembre 2000 al Manhattan Center Hospital di New York. E con lui tramontò anche la stella della “piccola Seattle” che aveva tenuto in piedi quasi da sola, per un decennio, l'intera scena musicale del Sud Italia.

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