Crêuza de mä, il significato della canzone di Fabrizio De Andrè

Musica

Fabrizio Basso

Il giorno 3 agosto verrà inaugurato il nuovo ponte di genova, quello che farà riabbracciare una città e due riviere. E' stata scelta come canzone simbolo Creuza De Ma di Fabrizio De André. Ecco cosa rappresenta

Si chiamerà Ponte San Giorgio. Si chiamava Ponte Morandi. Verrà inaugurato il 3 agosto e due giorni dopo, il 5, riannoderà la Liguria. Non solo permetterà a una città di essere davvero una ma donerà unità a una terra antica, una cimosa sul Mediterraneo, borghi di marinai e paesi di gente terragna. Dori Ghezzi, insieme a Sony Music, Nuvole Production e la Fondazione Fabrizio De André Onlus, ha ideato una versione inedita di Crêuza de mä di Fabrizio De André per dare poesia al ponte. A cantarla saranno Mina, Zucchero, Diodato, Gianna Nannini, Mauro Pagani, Giua, Vinicio Capossela, Vasco Rossi, Paolo Fresu, Vittorio De Scalzi, Jack Savoretti, Antonella Ruggiero, Francesco Guccini, Ivano Fossati, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Cristiano De André e Sananda Maitreya.

Era il 1984 quando usci un album destinato ad attraversare tutti i mari. Tutto in genovese, lingua contaminata, lingua di nobili e malnati, lingua che nel suo incedere ha il ritmo brasiliano. E anche se la Liguria è soprattutto Argentina, per vicende storiche che legarono La Superba al Portogallo, l'idioma ha risentito di quel ritmo. Greco, arabo, spagnolo, inglese, Genova come si evince dal suo etimo, Ianua...porta, lascia entrare civiltà e culture e ne assorbe le sfumature linguistiche. In Crêuza de mä si sentono tutte. E, alla fine del brano che titola il disco, al quale collaborò Mauro Pagani, si sentono le voci del popolo del Mercato del Pesce di Genova. È la canzone d'apertura e dà il titolo all'album. Crêuza de mä è una mulattiera, spesso con dei gradoni sconnessi, che sale verso la collina. È accompagnata da muri a secco, è un limite. Un confine. C'è una tradizione ligure che si chiama La Sassata: quando il contadino non riusciva a restituire al padrone il prestito ottenuto per le semenze e per gli animali perché l'annata era stata pessima, era il terreno la merce di risarcimento: un uomo del baccan, il padrone, termine che ritroveremo nella canzone, si metteva sul confine tra le due proprietà, spesso una crêuza, e lanciava un sasso di quelli lisci che si fanno rimbalzare sulle onde, e dove si fermava diventava il nuovo confine. Una volta accadde che il lanciatore scivolò...e la pietra fini appena un metro avanti, centimetro più centimetro meno.

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Il mare restituisce i marinai alla terraferma. Per loro è il momento di uscire da da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua cioè da un luogo, il mare, dove la Luna si mostra nuda perché nulla, se non le nuvole, la può nascondere, e dove la notte ha puntato il coltello alla gola. Si ritrovano ad asciugare le ossa all'osteria di Andrea, ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria, popolata da lestofanti ma anche da profumate ragazze di buona famiglia, figge de famiggia udù de bun. E a questi marinai con la pelle bruciata dal sole e dalla salsedine e dalle panse veue (pance vuote) Dria cosa offrirà? Cose da beive, cose da mangiä, cose da bere e da mangiare. La questione è che Andrea non è un marinaio propone frittûa de pigneu giancu de Purtufin çervelle de bae ‘nt’u meximu vin lasagne da fiddià ai quattru tucchi paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi: frittura di pesciolini, vino bianco di Portofino, cervello di bue cotto nel medesimo vino, lasagne in teglie da tagliare in quattro pezzi e un pacciugo agrodolce di lepre di coppi (visto che i coppi sono tegole si pensa a qualcosa di selvatico, ma c'è chi lo interpreta come gatto). A fine serata saranno tutti ebbri 'nt' a barca du vin ghe navighiemu 'nsc'i scheuggi (in una barca di vino con la quale navigheremo sugli scogli). E quando giungerà il mattino, la luce li raccoglierà tutti  e il baccan, il capo, li lega a una corda marsa d'aegua e de sä, una corda marcia d'acqua e di sale che li riporta al loro destino di marinai, ripercorrendo quella crêuza de mä che è la costante della loro vita.

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